martedì 27 dicembre 2011

Da oggi sono qui

Chissà se c'è ancora qualcuno che segue questo blog.
Avrei molti aggiornamenti da fornire ma per un motivo o per l'altro ho abbandonato questo piccolo spazio personale.
Pensavo avrei abbandonato per sempre il mestiere del blog, pensavo.
Questo fino a quando non ho ricevuto la ferale notizia.

Che mi ha portato a trasferirmi qui:

letestimonidellasposa.wordpress.com

Addio, è stato bello
 
mercoledì 25 giugno 2008

E chi mi ama mi segua

Ed è con l'ultimo, indegno post sulla ricerca del metodo migliore per smacchiare la patacche d'olio dalle brache che dò addio al caro vecchio Blogspot.
Urge un testamento spirituale, un'ultima, significativa impronta su questa piattaforma, la zampata del leone prima di dare l'addio a queste scene.
Beh, non mi viene nulla.
Dite voi, se volete.
E chi mi ama mi segua.
Addio Blogspot.
Addio pazze formattazioni.
Addio template di cartone.
Tutti di là, ragazzi, che d'ora in poi sarà solo e per sempre (ovvero finché non mi stufo):
(i feed lasciateli stare: non ho capito come e perché, ma dovrebbero puntare automaticamente al nuovo blog)

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lunedì 23 giugno 2008

Una volta tanto

Mi sono ritrovata una patacca d'olio sui pantaloni: come si smacchia?

[scusate se uso il blog per questi miseri fini, è che son disperata]
[pantaloni di cotone color kaki, stupendi, mi fanno un bel culo]
[li ho già lavati in lavatrice]
[vi prego]

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9songs

Ok ragazzi, stavolta ci siamo. Questo è un porno vero. Qui si vede tutto. Ma proprio tutto. Dunque, preparatevi: sceglietevi il giusto compagno per la serata. Niente genitori o parenti, per amor del cielo, a nulla servirà la scusa della "pellicola intellettuale". Qualche amico caciarone, sì, può essere una buona idea, per stemperare l’imbarazzo fingendo sbadigli. O il vostro compagno, per liberarvi finalmente dagli ultimi pudori e, chissà, dare una svolta alla serata.

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mercoledì 18 giugno 2008

Motorbike for Dummies

E' primavera.
E' tempo di motomondiale.
Donna.
Sappi che il tuo fidanzato, quello che passa la domenica a pulire la sua moto, a consultare siti on line per la compravendita di pezzi, a incollare sulla carrozzeria stupide decalcomanie che simulano profili in fibra di carbonio, a lavare e lucidare, mettere e togliere specchietti, maniglie, codoni e frecce, e che dopo essere rientrato dal box pretende di stamparti sulle tette le dita unte di grasso, è un povero sfigato.

I motociclisti veri sono altri, e di solito non si limitano a fare gli spari sulla tangenziale est. Hanno la residenza a Montecarlo, una ragazza discinta e tettona che gli regge l'ombrellino prima della gara, un'altra che gli porge la cannuccia del bibitone dopo la gara, e molte altre che esercitano nei loro confronti pratiche sessuali cui tu acconsenti solo un compleanno su due (quelli dispari).
Ecco, tu al massimo ti siedi su una panchina del lago di Como con un muso lungo fino ai piedi mentre lui, rivolto verso la moto parcheggiata a pochi metri da voi, mormora confuso: "non capisco, saranno le candele, eppure le ho appena cambiate."
La gare di moto coi piloti veri le puoi vedere in TV. Le moto gareggiano in diverse categorie: 125, 250, GP. C'entrano qualcosa con la cilidrata, ma comunque. Quel che importa è che lui le segue tutte, dalle 11 alle 14.40 della domenica pomeriggio. Non ti aiuta a preparare la tavola, divora la pasta come un cavallo la biada appesa al collo, imprecando quando ti frapponi tra lui e la TV e mentre beve il caffè a fine pasto, ti chiede di sederti accanto a lui che a sparecchiare ci penserete dopo - così la pianti di fare casino con le stoviglie.

Ci sono poi altre categorie di perversione come i supermotard. Sono moto enduro con le gomme da pista (enduro è quella moto con le gomme gibbose, quella da fango, quella più brutta che esista, quella che se il tuo moroso è appassionato di enduro, poveretta te). Le supermotard si guidano in controsterzo mettendo il piede fuori quando si fa la curva. Ti chiedi perché? boh. Ricorda: le motard ti consumano le scarpe.
(cito da wikipedia: "quel tipo di motociclista che non disdegna il bricolage sulla moto". Ho detto tutto.)

Le moto da gara sono (non esattamente, ma quasi) esteticamente simili a quelle che vendono dal concessionario (similitudine che non si ravvisa nelle auto da corsa, ad esempio). Ecco perchè il tuo uomo si esalta. Immagina tu di veder sfilare Naomi Campbell con il tuo vestito del mercato. Ti sentiresti inadeguata ma speranzosa.
Le gare di moto sono facili da capire. Vince chi arriva primo. Il bello è che durano poco. Il brutto e patetico è invece riscontrabile nelle seguenti pillole lessicali in auge tra i telecronisti:
"Sverniciare": atto di massimo sfregio praticato da chi supera a breve distanza l'avversario, quasi tanto da togliergli la vernice dalla carrozzeria, appunto

"Stare francobollati alla ruota": attaccati, vabè

"Staccate da paura": l'atto dello staccare il gas poco prima della curva e repentinamente; quando la fa il tuo moroso di solito segue ginocchiata nei coglioni;

"Rossi c'è" = Rossi ha vinto la competizione

"Piega" = fiducia cieca nel bilancio tra forza centripeta e centrifuga

"Tutti in piedi sul divano" = esortazione a stringersi insieme prima di abbandonarsi a gioia furibonda per la vittoria del beniamino.

[Questa voce di motociclismo è solo un abbozzo: contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Tengipedia, qui sotto, grazie.]

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martedì 17 giugno 2008

Un amore di bietolone

Ah! Questi uomini alti belli puliti depilati coll'occhio azzurro.
Ah! Queste storie d'amore assurde e pazze e commoventi.
Ah! La finzione del cinema.
Se non avete due ore da buttare ma solo cinque minuti, ecco quanto ho scritto su Mentelocale in merito a Un amore di testimone.

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Teniamo duro

Finisci tu di sparecchiare, tra dieci minuti inizia la partita.
Te la puoi scordare, voglio vedere "Ricordati di me".
Stai scherzando, vero.
No, non scherzo affatto.
C'è la partita.
Il calcio non ti è mai interessato.
E' la nazionale.
Ogni due anni 'sta storia.
Non ne voglio neanche parlare.
Neanche io.
Per una volta che sono a casa.
Per una volta che c'è un film decente.
E' un film di merda.
La partita mi annoia.
E fammi contento.
E fammi contenta tu!
Mi è venuta un'idea.
...?
... sì, quello.
Mi sta bene.
Però sul divano e con la partita in sottofondo.
No, a letto e con la musica che piace a me.
Guarda che al buio con la luce della televisione è arrapante.
Guarda che a letto con la musica giusta è sensuale.
Facciamo divano con la partita a basso volume.
Va bene per il divano ma con la musica di sottofondo e televisore col mute.
Non transigo sul volume, devo sentire.
Va bene il volume basso, ma niente richieste strane.
Andata.
E se segnano non esultare.
Non esulto ma ogni tanto cambio canale sull'Olanda.
Sei pazzo?
Devo avere un occhio per l'Olanda, sennò è inutile che abbia un orecchio per l'Italia.
Un orecchio all'Italia, un occhio all'Olanda... e a me cosa rimane?
Ti rimane abbastanza.
Mi sembra squallido.
Buffon dice che dobbiamo tenere duro.
Non sarà facile.

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lunedì 16 giugno 2008

Verso il grande passo

- ... un po' più a destra, un più in alto, ecco va bene. No aspetta, pizzico a sinistra... un po' di più... di più ancora... perfetto grazie.

- E voglio verde, tanto verde, capito? Un verde fresco come il verde erba, ma con un punto di scuro. Un verde particolare, un verde intelligente, ecco, non so se mi capisci.

- Ehi! Ma qui si muove tutto! Che figata! Il testo si comprime e si espande, và che roba!... Zzzic, zzzzac! Zzzic, zzzzac!... ehi. Ehi, aiuto! Mi si è incasinato! Aiuto, come si rimette a posto!!!

- Sì, la biografia, certo, la biografia ci vuole, come no. La data di nascita però non la voglio dire, dove lavoro non lo voglio dire, dove abito non lo voglio dire. E neanche il nome voglio dire, il cognome men che meno, cosa ho fatto prima d'ora a chi vuoi che gliene importi. Suggerimenti?

- Ma perché il corsivo viene fuori grassetto e viceversa? Ah, il foglio di stile, capisco... E chi glielo ha detto, al foglio di stile, di incasinarmi la vita???

- Scusa nini caro, mi puoi mettere quella cosa che quando uno refrescia la pagina cambia la frasetta di fianco al titolo? Eh? Cos'è che dovresti ciclare? Beh, se non è un problema facciamolo! ... solo che al momento ho solo due frasette in mente, saranno poche?

- Posso telefonarti una di queste sere così mi fai un mini corso?

- Sono proprio contenta, tu che ne dici? Certo, i suggerimenti sono ben accetti... come? L'immagine non c'entra, il rosa non ti piace, e la caricatura messa lì non ti dice nulla? Scusa sai, ma a te, chi cazzo ti ha chiesto niente???

- Questo scemo di editor allinea a sinistra, ma non giustifica. Non giustifica, capito? E' inammissibile che non giustifichi! Se non giustifica non ha senso. Io devo giustificare. Non si può fare, mi spiace.
Chiudi tutto e andiamo a casa.

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venerdì 13 giugno 2008

L'alba di fuoco dei portinai

Nel momento esatto in cui usciamo di casa per recarci al lavoro, il portinaio milanese è lì che ci aspetta al varco, nel pieno esercizio di quella mansione che, più di qualunque altra, egli svolge con incomparabile zelo: il lavaggio del marciapiede.
Dotato di canna di gomma verde pressurizzata a sette atmosfere, di cui tappa parzialmente l’imboccatura col pollice, egli è lì, ben piantato sulle gambe, che innaffia la zona antistante il proprio palazzo. Piglio deciso e sguardo sicuro, egli non nasconde la soddisfazione che gli dà il poter dettare le sorti dei nostri pantaloni eleganti, delle nostre scarpe col tacco, o dei nostri piedi nudi calzati da esili sandali.
Lo adocchiamo da lontano. Lui finge di non vederci. Noi avanziamo imperterriti. Lui non si sposta di un millimetro. Capiamo che dobbiamo scegliere in fretta. Senza rallentare, valutiamo la situazione. Se decidiamo di restare sul marciapiede, lui sposterà la canna all’ultimo secondo, non risparmiandoci qualche schizzo e costringendoci all’umiliazione di guadare il pantano creatosi dall’inondazione di ettolitri di acqua. Se invece decidiamo di scendere dal marciapiede, avremo perso la sfida ma almeno porteremo in ufficio i pantaloni asciutti. Andata. Ci spostiamo verso la strada, fingendo che ciò non costituisca un problema, e gli lanciamo uno sguardo di superiorità (la nostra magnanimità contro la sua inutile pervicacia). Inaspettatamente, lui risponde con un ghigno sardonico. Ed è proprio in quel momento che ci distraiamo e atterriamo con la nostra polacchina scamosciata su una cacca di cane. Scappiamo via a testa bassa, la sua risata alle spalle. E domattina cambieremo strada.
E’ l’alba di fuoco milanese. E il portinaio vince sempre.

 
martedì 10 giugno 2008

Giuste parole

Se esistano parole giuste e parole sbagliate in senso assoluto, ecco, io questo non lo so. Mi sembra che attribuire il senso di giusto o sbagliato alle parole (se si escludono le correzioni grammaticali) sia comunque presuntuoso.
Vero è che in questo ambiente esiste una cosa che si chiama "autorevolezza" che viene attribuita a persone ragionevoli che si sa che quando parlano non lo fanno per dar aria ai denti, per cui se un tipo "autorevole" dice che una cosa è sbagliata gli altri lo stanno a sentire e se dissentono al massimo gli scrivono Non sono d'accordo, ma rispetto la tua idea, di certo non gli dicono Che grossa cazzata che hai scritto, sei un pirla.
Ed io, che non sono per nulla autorevole, mi aspetto sempre che mi si mandi a cagare, e così mantengo il basso profilo e cerco di non dire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Anche perché quando penso a cosa è giusto e cosa è sbagliato non riesco a relativizzare come giustamente fanno gli altri, ma ho la pretesa di pensare che la mia idea possa essere condivisa da tutti, e questo è sbagliato (e questa frase era in orgine scritta col "noi" al posto dell'"io", ma mi sono resa conto che era sbagliato, perché magari voi siete bravi a relativizzare, e beati voi, e allora ho modificato il soggetto).
Io ogni caso, il tutto è per dire che avrei tanta voglia di fregarmene e sparare qualche assoluta cazzata anche io, anche se non sono autorevole. O provarci, almeno. Un po' come quei timidi dei film, che quando arriva il cugino fico che li esorta a mollarsi fuori loro fanno un urletto soffocato mentre fingono penosamente di sbattere un pugno sul tavolo.

In fin dei conti, l'autorevolezza è una stronzata.
E il vento di ponente che si libra ogni tanto dai paraggi blogosferici è l'aria che ciascuno dà alla propria bocca.
Giusto o non giusto, scusate ma ora devo chiudere. Devo vedere una persona, un tipo a detta di tutti esuberante, anche se la parola giusta è arrogante. E il verbo giusto per questo lavoro è che Sfracella (le palle). E le parole giuste per farmi incazzare sono Fai come vuoi. E l'aggettivo giusto per certa gente è Sola. E il timore più giusto che si possa avere è quello che il proprio cervello vada in Atrofia. E il contesto giusto nel quale inserire questo monito è la Blogosfera. E la cosa giusta da fare è Ricordarselo ogni tanto e Farci i conti e Cagarsi addosso al pensiero che ciò accada.

E la parola giusta per quella tipa che venerdì mi ha fottuto le scarpe in palestra è Troia.

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domenica 8 giugno 2008

Let's rock

Arriva la tua amica che ti preleva e ti porta a questo concerto. E' il festival del rock indie, e tu pensi che forse sei un po' vecchia per queste cose. In fondo queste band di ragazzini che rockano ti hanno sempre messo un po' a disagio: è musica che non sai come ballare, se si esclude il movimento su e giù di capoccia. E poi è musica che funziona male se non hai una birra in mano e una sigaretta nell'altra, e per te è sempre stato così. E allora forse non è che sei troppo vecchia per queste cose: lo sei sempre stata, e anche se oggi hai la birra in mano lo stesso ti senti fuori luogo. Che poi a dire il vero ti sarebbe piaciuto ascoltare Meg, artista compagnia di serate di uggia dell'animo, ma cantava la sera prima, e stasera ci sono gruppi sconosciuti, ma alla fine prendi e vai lo stesso. E' ancora tutto bagnato di pioggia, ma la musica morde, le chitarre stridono, e la birra scorre a fiumi. Ti gira la testa, ma c'è gente simpatica.
C'è insomma questo festival, particolare nel suo genere, organizzato da amici che hanno qualcosa da dire e il rock nel cuore. Un festival che richiama migliaia di persone, ma che ancora non ha i cessi chimici, però il biglietto costa poco e la birra è a soli 3 Euro, e la gente si dà da fare a limonare ad ogni cantone. Dato che ci sei, ti fai quattro risate, anzi quattordici, ti ascolti la musica e ti diverti. E ci voleva tanto, cazzo.
Immancabile, ti sale un po' di tristezza, mentre ti avvii verso la macchina con una pipì da urlo, guardando il telefonino. Ancora dieci minuti, poi altri quindici, e sarai finalmente a nanna.
Dopo un sonno ristoratore di undici ore, ti alzi e ti fai un caffè meditabondo mentre guardi "Senti chi parla 2" sognando un marito come John Travolta e ti ritrovi a pensare quanto poco rock'n roll sia tutto questo.

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martedì 3 giugno 2008

Di mamma e di papà

Di fratelli e di sorelle. Di una foto sbiadita che sopravvive grazie allo scanner. Di una immagine sul computer, che oggi ritrovi intatta, assieme ai tuoi ricordi. Di bambini appoggiati ad una staccionata, di sguardi insicuri, di speranze riposte. Di manine strette nel buio della notte, di lettini rossi e blu. Di litigate furiose, di poster appesi, di giochi insieme. E poi, di segreti nel cassetto, di diari malriposti, di piccole bugie. E ancora, di quel momento che non sai bene quando, eppure c'è stato, in cui tutto è cambiato. O ancora meglio, di quel momento in cui ti risvegli, come colpito da uno schiaffo, e scopri che nulla è cambiato. E allora, di nuovo: di sughi fatti in casa, di quel caffè che è sempre il più buono, di avanzi surgelati. Di addi e di partenze. Di grandi sorprese da chi non te lo aspettavi. Di richieste di aiuto da chi ti sembrava invincibile. Di te, che non sai essere di conforto. Di te, che non sai dire la parola giusta, di te che alla fine non ne hai voglia. Di quegli ostacoli insormontabili che costruiscono tutti gli anni passati insieme. Delle consuetudini cui non sai rinunciare e che non vuoi stravolgere. Di chi ti chiede Tutto bene e di te che rispondi sempre . Di quando ti sembra che di non sapere nulla mentre forse hai già capito tutto. Di quando ti sembrava di sapere tutto e in realtà non avevi capito un cazzo. Di fratelli e di sorelle, del divario che ti pare incolmabile. Di capelli bianchi che ieri non c'erano e che ora ti fanno un po' paura, a vederli. Di te, che ti chiedi E ora cosa di aspettano che io faccia. Di responsabilità pesanti come macigni, di libertà cercate con un senso di colpa che porti dentro, sotto pelle, nei vestiti. Di gonne a fiori e fianchi larghi, delle braccia che ti ricordi un giorno ti sorressero. Di parole che sai non avrai mai il coraggio di dire. Dell' essere pavido, dell'essere figlio. Di pelle contro pelle, di abbracci mai cercati, di parole imperdonabili. Dell'odore di casa, delle tue cose che stanno là, sempre uguali. Del capire che nessuno ti dà colpa di nulla. Del capire che qualcuno cerca ora di capirti, tra le righe delle poche frasi abbozzate. Della triste sensazione che forse è troppo tardi. E che sarà sempre così, sino alla fine, domenica dopo domenica, treno dopo treno, sguardo dopo sguardo. Di quegli occhi sempre un po' abbassati. Di te che butti fuori tutto, un giorno qualunque, lontano da loro. Di te che non sai capire perché sia così eppure è così. Di questo gran casino che siamo diventati, e che siamo sempre stati, noi cinque.
E di nuovo, di una porta che si chiude. Dell'orgoglio che non chiede nulla a nessuno, della paura che non vuole ascoltare, e di quell'amore che si perde stupidamente, così, nel vento, senza un motivo.
E della mamma ansiosa, eternamente, su quella soglia.