giovedì 31 gennaio 2008

Chiamerò il gabibbo

Il servizio al telegiornale sui mali di stagione riprende uno zelante medico che afferma: "Mi sono dotato di motorino per spostarmi rapidamente tra una visita a domicilio e l'altra. Si sa, in questa stagione..."
Si sa.
Ma sono solo io la sfigata che si è sentita rispondere dalla propria dottoressa: "Non faccio visite a domicilio. Le faccio solo a chi ha più di 80 anni. Lei non ha 80 anni. Dunque..."
Dunque ti fotti.

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mercoledì 30 gennaio 2008

Come appena nata

La nomination da Z-w4n agli Z-Blog Awards nella categoria Z-Blogger dell'anno mi fa sentire giovane e fresca, come appena nata.
Se vi va, sappiate che quest'anno votare sarà molto più semplice dell'anno scorso: grazie a dio hanno pensato anche a noi vecchietti.
[Amor di patria mi obbliga a segnalare anche VeronaBlog, attivissima community dei blog di Verona e provincia, presente nella categoria Z-Blog di gruppo.]

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martedì 29 gennaio 2008

Le precisìadi ®

Antefatto

Il Malcollega:
"Vai dal Cliente, dì che t'ho mandato io. Questione di pochi minuti, lui sa già tutto di noi. Roba tranquilla, niente presentazioni. Quattro chiacchere informali, ascolta quel che ti dice."

Protagonisti: La tengi, Il Cliente indeciso
Scena I:
Tengi: "Buongiorno. Biglietto da visita." [Sguiss]
Cliente Indeciso: "Non so nulla di voi, che cosa fate esattamente? Mi spieghi ogni cosa con dovizia e precisione. Mi dimostri, mi convinca, che ho già i miei problemi.
Ha a disposizione un'ora, ascolto quel che ha da dirmi.
Proprio come le avrà spiegato il suo gentile MalCollega"
Tengi: Precisamente.

Sipario

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lunedì 28 gennaio 2008

Into the Wild

Orgogliosa del successo che la rubrica "Visto da lei, visto da lui" ha ottenuto alla sua prima uscita la scorsa settimana, ringrazio sentitamente tutti voi per la partecipazione e vi invito a leggere qui (e se vi va, votare: sostenere la causa aiuta) la diatriba di questa settimana su "Into the Wild" di Sean Penn.
(A dire il vero, di diatriba proprio non si tratta: parlar male di questo film sarebbe immorale.)
C'è poi anche chi si commuove a scriverne, ma si tratta di una donnicciuola stupidina che talora sente la necessità di dare libero sfogo alla propria indole. Del resto, oggi è pur sempre lunedì.

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Live now

Proprio in questo momento, in cui più che mai mi sembra di essere chiusa in una stìa a lavorare a cottimo, alzo la testa dal mio computer perché sento l'insopprimibile esigenza di ricordare come cavolo faceva quel pezzo dell'Enrico IV di Pirandello sulla pazzia.

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sabato 26 gennaio 2008

Viaggio nella disco

Ovvero, del perché erano anni che non andavo in una discoteca e del perché altrettanti ne passeranno prima che vi metta ancora piede.

La maschia discoteca vive di musica antica come mia nonna e di perversioni post-moderne. Prendiamo ad esempio il privée ad accesso limitato. Ingresso consentito solo a coppie uomo donna, per evitare lo sbilanciamento numerico-genitale a favore dei testicoli, che viaggiano a coppie, peraltro. Una volta entrati, il privée offre una visione che giustifica il suo carattere esclusivo: quattro modelle segalitiche dall'aria annoiata danno lustro al cantuccio dove ricchi rampolli si esibiscono a colpi di secchielli di spumante e spiedini di uva. Tutto il resto, è una piccola pista con musichetta latino americana in stille raggaeton, a favore delle brame di accoppiamento con le acciughine lì presenti.
Tutt'intorno, donne che si vede ci hanno messo un pomeriggio a prepararsi, povere criste, risultandone comunque delle copie della Madonna che fu, in improbabili fuseaux abbinati alle scarpette della cresima.

La fascinazione prosegue con cocktail annacquati come non mai ed evoluti passi di ballo: come dieci anni fa, è ancora in voga la mossa del "dio pantocratore", con due dita della mano destra a benedire la folla. Non tira più invece la mossa della lucidatrice, praticata da conturbanti giovani ad allisciare il pavimento, per ovvie ragioni di spazio.
Il volgo si scatena e il giovane manzo discotecaro che vien dalla campagna pensa di rifarsi sul buttafuori che gli ha detto qualche parola di troppo, e seguendo il suo codice d'onore da paese, finge di gettarsi contro chi l'ha offeso per far salvo il suo onore di uomo, incurante degli amici che lo tengono per le ascelle. Si cheta, si riaccende d'ira, lo trattengono, si richeta, si ringalluzza, si fa tirare per la cintola, si dimentica, va a bere, si getta a ballare da solo, perso nei suoi pensieri, come un neo romantico.

Questa discoteca mi riporta alla memoria gli antichi ricordi di quando, fragile e imperfetta, calcavo le piste e rasentavo le pareti, facendomi scudo dell'invisibilità dei miei vent'anni.

Ora, a molti anni di distanza, dopo aver dedicato non più di dieci minuti alla preparazione, tanto che sudare anche solo un goccino non sarebbe consigliabile, mi ritrovo qui, in questo luogo dove le donne approdano apparecchiate di tutto punto, vestita in Jeans e maglietta, incurante di questa T-shirt con l'alone, per la prima volta a mio agio.

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mercoledì 23 gennaio 2008

Sole

L'impiegato esce in pausa pranzo.
E si sorprende nel vedere il cielo terso e sentire i raggi del sole che gli scaldano la schiena, sotto il piumino. La pelle delle mani non è secca, i piedi sono tiepidi, le membra piacevolmente intorpidite.
Cammina verso la trattoria, seguendo il ciglio del fossato pieno di melma. Intorno a sé, i capannoni di questa banlieu industrializzata: cumuli di sabbia, pallet, muletti. L'impiegato pestacchia nelle piccole chiazze d'acqua a lato delle strada, respirando a pieni polmoni, incurante degli schizzetti di fango. Ogni tanto, uno sbuffo di gasolio gli irrita le narici, e gli ricorda dove si trova. Alza lo sguardo. Un incessante andirivieni di veicoli da trasporto.
L'impiegato tossisce. No, non è ancora tempo di allergie. Gli è solo finito qualcosa in gola. L'impiegato è infastidito: la tosse continua. Ecco, è passata. No, non gli piace per nulla questo anticipo di primavera. Capisce che è passato un altro anno e che la vita ben presto ricomincerà. La vita si ripeterà con una nuovo raffreddore da fieno e nuove camicie fresche e abiti leggeri e nuove vacanze da programmare e aria condizionata da accendere. Tra le pozzanghere e la melma, attento a non finire nel fosso, egli si specchia nelle vetrine delle concessionarie dimenticate da dio e dagli uomini, e vede se stesso col piumino dell'anno prima. Pensa che tra poco sarà ora di tirar fuori i maglioni leggeri. Colorate piantine da mettere sul balcone. Copriletti leggeri dai colori freschi. La fiera del bianco, la festa dei fiori, le domeniche in bici. Il sole. E questa sarà la vita.
Sa che questo anticipo di primavera non durerà, e tutto sommato ne è felice. La fiera del bianco può attendere. Non si vuole svegliare. E' ancora intorpidito. Troppo presto per darsi da fare, per sbattere i tappeti, per tagliarsi i capelli. Troppo presto per la vita. Troppo presto per guardare in faccia il sole e decidere di ricominciare.
Il sole di gennaio ha troppa forza per lui.

Mamma lasciami dormire ancora un po'.
Voglio stare ancora sotto le coperte.
Pensare a quanto sto bene con i piedi caldi.
Sognare il futuro come lo vorrei.
Non aprire la finestra, mamma.
Lasciami al buio.
Se apri la finestra potrei piangere.
Il mondo là fuori è troppo bello.
Non lo voglio vedere.
Ci sarà un giorno in cui avrò il coraggio.
Lasciami qui, mamma, sotto le coperte.
Ci sarà un giorno anche per me.
Ci penserò domani.

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lunedì 21 gennaio 2008

Nodo al fazzoletto

Buon lunedì a chi lavora.

Volevo avvisarvi che la vostra affezionatissima (cioè io) inizia oggi la collaborazione con Mentelocale.it, quotidiano on line di cultura e tempo libero, all'interno della rubrica "Visto da lui/visto da lei" a cura di Giorgio Viaro.

Ogni lunedì potrete leggere un breve articolo su uno dei film appena usciti al cinema, che esprime due pareri (tendenzialmente differenti). Nulla di troppo tecnico o di pretenzioso: sarò sempre io, in una nuova veste e in un nuovo "ufficio".
Oggi tocca ad American Gangster di Ridley Scott: l'articolo lo potete trovare qui. Se vi piace, avete facoltà di votarlo cliccando sull'apposito bottoncino a destra, al che la vostra affezionatissima ne ricaverebbe notevole conforto e si sentirebbe meno spaesata nell'uscire per la prima volta dal soffice nido del blog.
Inoltre in fondo all'articolo potete votare l'opinione che più vi aggrada, o anche mandarci a quel paese. Mi raccomando, dimostrate la vostra proverbiale simpatia e mandateci tutti a quel paese.

Fatemi sapere.

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venerdì 18 gennaio 2008

Tecnicismi spinti

(Solo per utenti esperti)

Mi domando: qual 'è il senso dei mini-blog come Tumblr, se poi la maggiorparte delle persone li usa come mero elenco di link di interi post di altri blogger, aggiornando bovinamente l'elenco ogni qual volta viene scritto un nuovo post?

Il Tumblr in questo modo si riduce ad una specie di Feed Reader condiviso: un feed reader linkazzuto però, che per questo vale tanto oro quanto linka, perché i link da Tumblr sono preziosi appigli per scalare la Torre di Babele.

Per smascherare il sommerso ed eliminare i segreti accordi tra Tumblratori e Tumblrati - "ti prego, (ec)citami col tuo Tumblr" - suggerisco di togliere dalle metriche Blogbabel anche i link da Tumblr, e, dato quel che ne rimane, lasciare spazio ad una onesta e consapevole classifica basata solo sulla taglia di reggiseno.

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giovedì 17 gennaio 2008

Le stimolìadi ®

Dominatore indiscusso delle Stimolìadi® di quest'anno è il soggetto d'ufficio che di lunedì mattina quatto quatto si avvicina e ti fa una domandina.

- Sai che io ieri ho rifutato una proposta di assunzione? A proposito, ciao.
- (stai calma) Avrai avuto i tuoi buoni motivi.
- Avrei preso un pacco di soldi.
- (buttala in vacca) E allora mi sa che sei pirla.
- Io accetto di lavorare in trasferta solo a determinate condizioni.
- (è ragionevole) E' ragionevole.
- E avrei dovuto spostarmi in tutta Italia.
- (d'istinto) Se non sbaglio ora come ora ti fai tre ore di viaggio al giorno.
- Sarebbe stata più o meno la stessa cosa.
- (?) Quindi, potevi accettare.
- ...
- ...
- Se vuoi ti do' il contatto.
- (mi pareva avesse le pupille dilatate, in effetti) Ti pare che io e te facciamo lo stesso lavoro?
- No certo che no, però se vuoi te lo do.
- (Ha deciso di farti incazzare, forse?) Hai deciso di farmi incazzare, forse?

In ufficio come all'asilo, non far mai lo Stimolìno®.

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mercoledì 16 gennaio 2008

Tolleranza zero

L'uomo muffa ha deciso che martedì sarò sua.
L'uomo muffa ha un viso lunare e la bocca a culo di babbuino, un'espressione beota e tenui solchi di meraviglia ai lati degli occhi.
Mi ha chiamato stamattina, domandandomi dapprima quale fosse la mia disponibilità. Ma lo ha fatto solo per cortesia: sa che non posso dirgli di no.
Ha fatto in modo che io pensassi di avere la possibilità di scegliere, e io gli ho fatto credere di essergli molto grata per questo. E' importante essere cordiali e mantenere buoni rapporti, anche al di là del tempo che si passa insieme.
Ha detto che ci metterà un paio di ore. E' pure troppo, secondo me, per quello che dobbiamo fare. Credo che vorrà prendersela comoda. Non c'è motivo di avere fretta, perché certe cose vanno fatte con calma e tranquillità: così ha detto.
So già cosa mi aspetta. Prima di cominciare pretenderà di parlare un po' del più e del meno. I suoi viaggi, una nuova scoperta gastronomica, l'ultimo film che ha visto. E io sarò carina e accondiscendente e fingerò di mostrare interesse per quello che mi dice, per le sue trovate comiche. Lui è uno di quei tipi che la battuta la prepara un bel po' prima, non so se mi spiego. Il che da un lato rende facile stargli dietro e prendere bene i tempi della risata. Dall'altro, rende il tutto molto più triste.
Poi vorrà sapere di me. Di sicuro farà riferimento a qualche cosa che gli ho raccontato nel nostro ultimo incontro, e partirà da lì, tanto per rompere il ghiaccio. Spero solo di ricordarmi che cosa gli ho detto l'ultima volta. Non è semplice: devo ricordarmi tutto sia di lui che di tutti gli altri, perchè con ciascuno si parla di cose differenti e devo fare attenzione a non confondermi. Chi parla della moglie che ha l'influenza, chi della macchina nuova, chi dei soldi persi al casinò, chi dell'insonnia. E tu sei lì che gli suggerisci la propoli per il mal di gola, gli elenchi gli optional indispensabili in un'auto, consoli le pene d'amore e quelle pecuniarie, ti inventi la ricetta di una tisana rilassante che faceva tua nonna. E vai poi a ricordarti ogni cosa, se sei brava.
Un giorno, mesi fa, l'uomo-muffa aprì la mia porta all'improvviso, senza aver preso appuntamento, e mi disse: "Allora! Come va la tua gastrite? Mi colse di sorpresa. Era chiaramente una mia invenzione. Risposi come potevo: bene, è passata, ma ormai ci sono abituata". Beh, da allora, mi capita che una volta ogni venti giorni ho la gastrite.
Dicevo, inizieremo parlando un po'. Dopo qualche minuto, osservando come sta seduto, se muove le gambe o meno, cercherò di capire quando le chiacchiere possono bastare. A volte, capita che ci provo gusto a raccontargli delle cose e mi perdo in ciance. Ma subito dopo mi accorgo che lui è impaziente e mi sento un po' cretina per avergli dato così importanza da raccontargli qualcosa di mio, taglio corto e gli faccio capire che sono pronta.
E poi ci sarà un breve momento di imbarazzo. Non so mai se vuole essere lui a iniziare per primo, o se devo essere io a dire, un po' bruscamente: "bene, cominciamo". Non me lo ricordo mai. Una dovrebbe avere la delicatezza di annotarsi a mente le piccole esigenze, dovrebbe avere questo tipo di attenzione. Son cose che fanno la differenza. Eppure, non me lo ricordo mai, so solo che a un certo punto si comincia.
E poi nulla, faremo quello che dobbiamo fare. Lui, tutto impegnato. Io, la testa persa dietro qualche pensiero, concentrata quel poco che basta, un occhio all'orologio.
Però, se capiterà che entriamo un po' in confidenza, una cosa gliela devo dire. Per favore, che cambi deodorante, almeno quando viene da me. Le altre ragazze non ci fanno caso al fatto che odora di chiuso, di muffa, si vede che hanno lo stomaco forte. Ma io no. Il suo odore è la cosa che più mi schifa di questo lavoro.
Che poi ogni volta, dopo che se ne è andato, devo alzarmi a spalancare la finestra dell'ufficio.

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lunedì 14 gennaio 2008

Les invisibles

Leggevo avidamente da Squonk una interessante riflessione in merito al reportage di Ezio Mauro (leggetelo se potete), riflessione che focalizza l'attenzione sul moderno concetto di "invisibilità": invisibilità sul lavoro, invisibilità nella società.
Siamo in fondo tutti degli invisibili? Pensiamoci un momento.
"Di quante persone, voi inclusi, potreste definire con una qualche precisione non dico il ruolo sociale, ma il lavoro?".
Dopo questa domanda penso che potrei serenamente chiudere il blog e tornarmene da dove sono venuta.
Questa domanda - che prima o poi doveva arrivare, e grazie e dio è arrivata, il che significa che non sono pazza - mi riporta direttamente all'inizio di questa avventura e chiude il cerchio, alimentando la convinzione che ha impregnato queste pagine per oltre un anno.
Sono davvero questi i lavori moderni? Le mansioni sepolte in mezzo agli interminabili strati delle rigide gerarchie aziendali, o ingabbiate nel bel mezzo della matrice aziendale, se di matrice si tratta - non cambia poi molto, in fondo - ? Le professionalità del tutto invisibili al mondo esterno, e percepibili solo da chi viene subito prima o subito dopo di noi nella struttura piramidale, o di fronte alla scrivania, o seduto accanto in mensa?
Sono questi i mestieri di oggi?
I mestieri che non arrivano alla gente comune, all'uomo della strada. Lavori non dico intangibili, (che io al limite potrei pure fabbricare idee), ma che per spiegarli non basta mai e dico mai una frase sola. Ci vuole sempre una perifrasi: io sono quello che va dal cliente e/io sono quello che prende i dati e/io sono quello che quando c'è un problema/io sono quello che quando chiamano io estraggo un report fatto così e cosà.
Mai, non basta mai una frase. E allora si taglia corto, tra l'imbarazzato e l'orgoglioso: io controllo, io gestisco, me consulente. Figura tecnico-commerciale. Service Support. Customer Satisfaction.
Ognuno con la sua sigletta in inglese, il suo acronimo-pecetta, ognuno con la sua bella coccardina da ricamarsi sulla camicia.
Noi, che non siamo né "arte", né "mestiere".
Noi e i nostri lavori senza corporazione.
Siamo indescrivibili. Siamo inafferrabili.
Eppure, si lavora. Giorno dopo giorno. Si riempiono file excel, si fanno conti, si scrivono documenti, si mandano mail. Strano ma vero: le giornate scorrono lavorando: a volte volano, addirittura.
L'idea del blog mi è venuta un giorno quando, in vena di cazzate, e stremata dal fatto che io stessa non capivo che diavolo di lavoro facessi, scrissi ad una amica: "L'uomo è nato o per dipingere quadri o per zappare la terra, con uguale dignità e rispetto, secondo la propria inclinazione, poetica o prosaica. Tutto il resto, è contronatura."
E oggi con quella domanda sono tornata al punto di partenza.
Io sono questo, io faccio questo.
Chi ormai può concedersi il lusso di un complemento oggetto senza fronzoli e farne il proprio stendardo di corporazione?
Sarà che noialtri "siamo nel bel mezzo di un cambiamento, e non lo comprendiamo", fatto sta che, ragazzi miei, da queste parti è una continua sorpresa.
La sorpresa di non trovar le parole di fronte alla domanda più banale. La sorpresa di non poter spiegare sé stessi agli altri - in fondo è di questo che si tratta - in una frase.
E allora siamo intangibili, siamo invisibili.
E, con nostra buona pace, siamo intercambiabili come lo sono le calotte di capelli sugli omini Playmobil.

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domenica 13 gennaio 2008

Tengi style

Tengispilla

Prestigiosa spilla in pelle colorata con logo Tengi.

Giro per casa tronfia come un tacchino da quando ho lei. Un regalo azzeccatissimo frutto della creatività dell'amica Idakia.
Le mando un bacio e un grazie e un doveroso link alle sue creazioni.
Immagino sia disponibile a realizzare anche per voi altri indispensabili accessori per giovani blogger che si affacciano alla vita sociale.
... per non essere più costretti a rispondere alla domanda: "Benvenuto al Bar Camp, come ti chiami?"

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venerdì 11 gennaio 2008

Una proposta che non si può rifiutare

Estratto da chat.

"Nel week end ho un po' da fare.
Sabato vado in disco, se riesco ad organizzare
Credo andrò con gli amici sfigati:
Teante il corridore spasimante
Carlo formaggino il carrozziere d'amianto
Pierluigi il commercialista tetro
poi viene Cristina la depressa for ever
poi viene Flavio vita trafitta
poi forse Simona lecca-tutto e Wanda incubus.
...
Vuoi venire?"

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Ne ho a basta

E' di oggi la notizia dell'ennesima ricerca scientifica che si propone di fornire suggerimenti per migliorare la vita in ufficio. Il modello che noi tutti dovremo avere come riferimento, per sopravvivere al lavoro, sono scimmie e scimpanzè.
Ci sono cinque semplici regole: leggetele pure. Io francamente sono un po' stanca di questi prontuari fatti e finiti. Mi sembra dicano tutti la stessa cosa: sii buono, non ti incazzare, arruffianati il capo, fai gioco di squadra (e porta i pasticcini in ufficio, ma pensa te).
Poche regole ma dai contorni labili, a mio parere.
Perchè si basano su criteri e metodi di applicabilità assolutamente soggettivi.
Altro discorso è "Il metodo Antistronzi", che sto leggendo e di cui vi darò presto notizie.
Ma si sapeva che per queste cose gli americani sono avanti anni luce.
Perchè hanno il coraggio di affermare che la stronzaggine sul lavoro non è un'opinione.

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mercoledì 9 gennaio 2008

La mattinata di un giorno da cani

Oggi in ufficio è una giornata di merda.
Sto in ambasce, davvero.
Ma per fortuna oggi è anche il Delurking Day, il giorno in cui i lettori segreti del blog si palesano senza indugio e lasciano un commentino.
Qundi, siccome oggi è un giorno di cacchissima, prego chi di solito non lo fa di sostenermi con parole di affetto e rispetto e stima e devozione. Non saranno accettati insulti, solo deliri isterici da adorazione mistica.
Fatemi sapere che ci siete, che cavolo.
E per una volta tanto buttate il cuore al di là dell'ostacolo, proprio come cerco di fare io ogni giorno, piccole sanguisughe ciuccia-post che non siete altro.

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martedì 8 gennaio 2008

Cu minchia era che faceva o' tacchino?

Ehi, wow, che elettrizzante novità.
Finalmente si può telefonare in metropolitana.
Il progetto per ora prevede solo cinque fermate, ma tra poco sarà cablata l'intera rete.
La metropolitana di Parigi è già cellularizzata. Ma nessuno telefona.
La metropolitana di Milano sarà cellularizzata. E tutti si sentiranno in diritto di urlare i cazzi loro alle otto del mattino. Siamo italiani, siamo spontanei, siamo un popolo di simpatici chiacchieroni.
Stamane in metropolitana una zelante studentessa del San Raffaele leggeva ai suoi amichetti accondiscendenti un intero capitolo del suo libercolo sulla sintomatologia della sclerosi laterale ameotrofica. Ho dedotto che fosse una praticante del San Raffaele dal fatto che lo strazio che ha propinato a tutta la metropolitana con la sua vocetta stridula di gallina è andato avanti sino alla fermata di Cascina Gobba.
Immagino che nei prossimi tempi chiunque si sentirà in diritto di propinare i propri impagabili tesori di saggezza a tutto il vagone. Immagino che chi non è riuscito a terminare il proprio lavoro nelle otto ore a sua disposizione, perché troppo occupato a farsi i fatti suoi su Internet, si sentirà in diritto di telefonare le proprie ridicole faccende anche nei tunnel finora silenziosi. Immagino anche un tesoro butta la pasta o stasera cosa ti metti o altre necessarie amenità.
E c'è chi scambia tutto questo per tecnologia.
Le tecnologia che si avvicina all'uomo, la tecnologia che si fa uomo.
Tutto intorno a te, i tuoi pensieri liberi di volare, le tue cazzate inutili che svaporano nell'aria già stantìa della metropolitana milanese.
Tu e gli altri viaggiatori liberi di esprimervi. I vostri aliti e le vostre ascelle puzzone e d'ora in poi i vostri sorprendenti parti cerebrali vi renderanno un'unica massa informe (ma tecnologicamente consapevole) viaggiante a ritmo di sta-ta-ttà-tà sta-ta-ttà-tà.
Un carro bestiame che d'ora in poi avrà finalmente voce.
Grazie alla tecnologia.
Tu avrai voce.
Grazie alla tecnologia.
Tu puoi scegliere.
Preferisci fare l'oca o il tacchino?

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lunedì 7 gennaio 2008

Le pirlìadi ®

E' tempo di bilanci, di valutazioni e di premi. E' tempo di decretare i vincitori delle discipline sportive d'ufficio (ricordiamo in passato il Sollevamento del Collega® ).
In collegamento dalle Pirlìadi 2007 tenutesi a Milano.
Dominatore assoluto della categoria "idea più pirla del 2007", è colui che ha pensato il regalo di Natale per i dipendenti.
Trattasi di accessorio talmente tecnologico che alcuni di noi non possono nemmeno usarlo, a meno di non spendere altri 200 Euro per comprarsi un qualcosa che supporti il prezioso amenicolo.
Ho notizia di molteplici regali che giacciono ancora nelle loro scatole.
E l'anno nuovo parte con la vendita di paccottiglia su E-bay.
Ah per la cronaca, il biglietto augurale riportava: "Con i complimenti del Clown Baraldi".

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Eroi del quotidiano

Oggi rientro in ufficio.
E il saggio direbbe: "non lamentarti perché ritorni alla scrivania, piuttosto sii felice del fatto che finora sei stato in vacanza".
Sarà, ma io stavo meglio prima.
L'occhio fatica a mettere a fuoco il monitor.
La mano fatica a rattrappirsi nuovamente sul mouse.
Le gambe scalpitano.
Se non è contronatura tutto ciò.

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sabato 5 gennaio 2008

La torre di Babele

E' la fine.
Sono ufficialmente parte del circolo vizioso dei blogger.
Sono una blogger, sì.
Fino ad oggi mi limitavo a tenere sott'occhio il numero di visite, i link, a rosicare talora per i pochi commenti, domandandomi se il motivo fosse un pezzo scritto male o troppo lungo, e a dedicare un po' del mio tempo a pensare ad argomenti nuovi.
Fino ad oggi mi facevo prendere per il culo dagli amici per il fatto che ho un blog e che ci perdo le ore dietro, e pensavo che ciò costituisse il dazio da pagare per essersi appassionati ad un mondo fittizio e un po' stupidognolo, talvolta. Talvolta no, ma insomma, gli amici mi pigliano per il culo lo stesso.
Ero sostanzialmente d'accordo con chi mi diceva: "Per carità non dire Blogger come se dicessi Ricercatore alla NASA, santiddio, sono persone normali con una vita normale e con un hobby che è quello di scrivere dei cazzi loro in rete, sai che novità."
Tutto questo sino ad oggi.
Oggi ho realizzato che ci sono dentro fino al collo.
Perché oggi ho letto quanto scritto qui e provato il bisogno di scrivere qualcosa a mia volta.
E questo significa che sono blogger, che sono social, che ho il desiderio di entrare in discussioni a tema blogosfera pensando di avere il diritto di dire la mia e, peggio ancora, pensando che la mia possa fregare a qualcuno, che senta il bisogno di partecipare ad una discussione per la quale futile non è l'aggettivo più interessante.

Gli editor di Blogbabel affermano che i bambini imbroglioni d'ora in poi non avranno più modo di scalare la Torre. Basta catene, basta bicchieri di spumante marca ASCII, basta post unti di link, basta! Il problema sarà risolto mediante implementazione di un sistema di controllo che scarta la malafede. Automatico, eh.
Ci ho pensato e vorrei averlo io. Un algoritmo che filtra la cattiveria e la piaggeria. Ne esiste una versione spendibile al mercato? Perché gli strilloni mi attirano sempre col prezzo più basso e poi mi rifilano i pomodori marci.
Quindi no alle catene, lacci e lacciuoli. O meglio, no alle catene "cattive", sì a quelle che hanno un senso. E' ammessa ad esempio la
catena sui blog che fanno pensare: "Indicate i cinque blog che secondo voi fanno pensare."
A me fa pensare che qualcuno proponga una catena sui blog che fanno pensare.
E per finire l'esimio
Beggi, leggo qui, afferma che "la classifica è una buffonata perché fotografa buffoni.". E meno male che ce lo diciamo da soli.

Insomma siamo sinceri. A me capita che se mi dimentico del PC per qualche giorno e me ne vado in vacanza riesco anche a fregarmene delle classifiche. Poi è chiaro, torno al mio lavoro di emme, mi accartoccio sulla scrivania e su me stessa, e durante le pause caffè sento il bisogno irrefrenabile di fare lurking selvaggio e insultare un po' di gente così, tanto per sfogare l'odio represso. E' normale.
Un amico che lavora in un giornale riporta che all'interno delle redazioni giornalistiche i blogger sono considerati come la peggior feccia in circolazione, come un popolo di vicendevoli leccaculi, come una cricca di inutili tacchini, come una marmaglia di sfigati. L'ha detto lui.
Immagino però che ci sia una categoria di lavoratori che a sua volta considera i giornalisti della carta stampata come un popolo di pigliànculi, e in tal caso giustizia bloggara è fatta.
Certo mi sento un pelino piccata da queste affermazioni perché io sono blogger e anche noi blogger abbiamo il nostro perché. Ognuno di noi ha un suo perché. Sul perché collettivo, beh, io ci spenderei qualche ricerca in più.
Infine, facciamo una prova: infiliamoci le scarpe, usciamo, e andiamo a spiegare il senso del dibattito sulle classifiche di Blogbabel all'uomo della strada, che può essere un amico che di mestiere fa il restauratore di mobili, oppure nostra madre, o ancora il tizio che ci vende i giornali la mattina.
Proviamo a far capire loro che cosa è Blogbabel, che cosa ci si guadagna a essere in cima alla classifica, e perché mai ci sono persone che perdono il sonno a studiare metodi che filtrino i link buoni da quelli cattivi. Chi ci riesce zompa di diritto al primo posto della classifica.

Poi ecco, proprio ieri sera sentivo al telegiornale che il numero di incontri su Internet a scopo sesso/amicizia/amore ha di questi tempi superato il numero di incontri nei luoghi sociali "standard", e qualche domanda me la faccio. Perché se stare in cima alla Torre di Babele significa avere maggiore visibilità, e quindi maggiori possibilità di riprodursi, beh, se ne va della conservazione della specie allora ecco che tutto ciò ha un senso.

Per quanto mi riguarda, guardo alle classifiche quando purtroppo non ho di meglio da fare, e per capire dove sto e per capire come sono fatte le graduatorie. Ora che ho capito che sono fatte a culo fa poi lo stesso. E ce n'è più di una, e ognuna ha i suoi criteri, e vai a stabilire qual è quella più attendibile.

Per il resto, vorrei che la classifica mi aiutasse a realizzare i miei desideri: cambiare lavoro, comprarmi una casa, ma so che non lo farà. E allora che si fotta. Personalmente prendo la blogosfera come un luogo come tanti. Carino a volte, a volte no. E ognuno ci bazzica spinto da motivazioni sue, da un suo perché.

Il mio perché è che mi piace scrivere, come piace a tante altre persone con o senza la pecetta del blog.
Il mio perché è che si incontra gente simpatica, tra cui qualche beone con cui far baracca, che è poi la cosa che conta, una volta accantonata la possibilità di riuscire a comprarci una casa.

Insomma la blogosfera è una delle forme possibili di aggregazione, simile a tante altre che imperversavano una volta, quando non c'era il PC.
Avevo un'amica che si era fissata con le Tane di Lupo Alberto, ritrovi periodici dei fan di Lupo Alberto, il fumetto di Silver. E partecipava a cene, feste, ritrovi agresti organizzati in tanta malora solo per dire io c'ero. E avere l'occasione di conoscere persone, stare allegri, pomiciare, fare a gara sul chi ce l'ha più lungo o grosso o lento o svelto o intelligente, secondo le graduatorie di quei tempi e di quei luoghi: chi conosceva meglio le strisce del beniamino, chi sapeva disegnare meglio, chi era più figa. Ci si conosceva, si stava insieme, si parlava, ci si scriveva una volta tornati a casa. Odi, amicizie, limonate fugaci.

Vedo i Bar Camp di oggi come le tane di Lupo Alberto della mia amica. Ci si conosce, si sta insieme, si discute, ci si scrive una volta tornati a casa. Non ho mai avuto modo di andarci, ma un giorno magari...spero solo che non mi succeda quello chè successo a lei.

Lei che andava sempre alle Tane di Lupo Alberto, lei che non se ne perdeva una.

E' tornata incinta.

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giovedì 3 gennaio 2008

Qu'est-ce que c'est le boudin?

Tramite Google, ho appena scoperto che quel gustoso piatto speziato che mi sono mangiata in Svizzera, e che il cameriere mi aveva spiegato essere "comme une saucisse", ma che in realtà della salsiccia non aveva nulla, bensì era assimilabile ad uno spezzatino morbido e caldo, e comunque leggero e saporito, leggermente dolciastro perchè profumato alla cannella, era in realtà una nota specialità elvetica a base di sangue di maiale.
Cerco un catino per vomitare.
 

Attacco la Kamchatka con tre

Nei primi giorni del nuovo anno, per sciogliere le frustrazioni accumulate in un anno di fatiche e liberare gli odi repressi, non c'è niente di meglio che:
riunire gli amici attorno a un tavolo
distribuire gli obiettivi
disporre le armate e...
Risiko.
 
mercoledì 2 gennaio 2008

Non l'ho capita

Vorrei ringraziare chi si è sbattuto per farmi gli auguri di Buon Anno, e lo ha fatto nel modo strano in cui i blogger usano fare gli auguri, ovvero con cascate di link in composizione futurista.
Solo che, ecco, temo di aver ancora davanti agli occhi tutt'altro tipo di paesaggio perché, o si tratta di una di quelle illusioni tridimensionali, e in tal caso devo applicarmi di più per coglierne il senso, oppure, se devo dirlo, il quadretto augurale mi pare proprio che raffiguri un paio di tette cadenti.
Grazie comunque, e scusate.
Ricambio.

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