lunedì 31 marzo 2008

Bignolini

Dita impiastricciate.
Di fronte a noi, sul tavolo scuro, un vassoio mezzo vuoto. Bignè, frolle, italiane.
Siamo in pochi e disposti a cerchio intorno al tavolo. In mano non abbiamo nessun bicchiere.
Guardiamo il festeggiato. E' un ragazzo. E se ne va. Oggi ultimo giorno. Piccolo party.
Siamo qui da cinque minuti. Lui sta raccontando degli aneddoti. Noi non raccontiamo nulla, ci limitiamo a sottilineare i punti salienti della sua narrazione aggiungendo qualcosina ogni tanto. Non vogliamo rubargli la scena proprio oggi.
La scena si compone di assi flottanti, tavoli e sedie, come nella migliore tradizione checkoviana. Al posto dei latifondisti, ci sono gli impiegati che si guardano la punta delle scarpe. Al posto dei libri contabili, i computer. Al posto del pianoforte, una fotocopiatrice.
Irina fa un commento sul tempo. Il ragazzo racconta di quella volta che gli hanno aperto la macchina, nei minimi dettagli.
"Mi riprendo il mio termometro" dice, mentre si alza e sfila dal chiodo un piccolo termometro di legno tutto rovinato. "E' mio, me lo porto a casa". Lo infila in tasca.
"Quando inizi la tua nuova avventura?"
"Domani"
Ci chiediamo quanto è il caso di rimanere, ancora.
"Bene!", esclama uno di noi, dando la sveglia a tutti quanti. Commiato. Bacio bacio.

* "Vedrai, Mascia, andremo tutti a Mosca. Si, ci andremo, e il giorno prima di partire anche noi daremo un piccolo party, e offriremo a tutti leggeri bignolini, tartufini di cioccolato e piccoli marzapane colorati. I bignolini, Mascia, vedrai.
A Mosca, a Mosca." [op.parod.]

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mercoledì 26 marzo 2008

Royal With Cheese

T: Voi uomini quando parlate tra di voi siete triviali, ammettilo.
K: Beh, io lo sono meno degli altri.
T: Ah si? E come ti posizioni rispetto agli altri del tuo gruppo?
T: Vediamo, in ordine decrescente:

1. Franco - Gino
2. Io
3. Il Grigio
4. Lo storto
5. Il Bepi


T: Sei al secondo posto, non male.
K: No, sono terzo.
T: Se al primo posto ci sono due a pari merito tu sei comunque secondo, non terzo.
K: Come faccio a essere secondo se ho due davanti a me, dove l'hai imparata la matematica?
T: Ma tu come conti le classifiche? Nelle nelle gare è così! Che numero hai vicino al nome? Il due, non il tre!
K: Ho sbagliato
T: Eh no, mio caro
K: Rifaccio la classifica:

1. Franco - Gino
[...]
3. Io
4. Il Grigio
5. Lo storto
6. Il Bepi


T: Seh! Non puoi saltare il secondo posto!
K: Ma se ce ne sono due al primo, è ovvio che si salta il secondo!
T: E il secondo posto resta vacante? La medaglia d'argento, a chi va? Se la porta a casa l'assessore?
K: Ci sei arrivata finalmente.
T: No. Tu ti cucchi la medaglia d'argento anche se al primo posto sono in due.
K: Ma che cazz...
T: E la medaglia d'oro... se la smezzano i due al primo posto.
K: Nooooooooo
T: Massì!
K: NONONONONONONONONONONO
T: Si, si, tutta la vita. Sennò dimmi: a chi va l'argento?
K: Non va.
T: Eh, seh. E lo sponsor?
K: ?
T: ?
K: Due ori e un bronzo!
T: Questa è la cazzata più grande che abbia mai sentito. Due ori e un bronzo. Quando nella gare c'è il pari merito, sul gradino più alto ci salgono in due, e sugli altri gradini c'è sempre qualcuno. Non ci sono gradini vuoti.
K: Noi non abbiamo il podio.
T: Era per dire. Era per fare un esempio di chi le cose le fa come Cristo comanda.
K: Questa è una classifica come quella che pubblicano sul Corriere della Sera.
T: Il corriere della sera? Quelle non sono classifiche serie.
K: ...
T: Chiedi in giro. Chiedi, chiedi. Vedrai.
K: Chiedo un Moment.
T: Chiedi, chiedi.
K: Vado in riunione (Mai riunione fu più salutare).


[Big Mac is Big Mac but they call "Le big Mac".]

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lunedì 24 marzo 2008

Le Pasque Veronesi

Per chi fosse interessato agli usi e costumi della Pasqua che si svolge qua. Anzi, .

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giovedì 20 marzo 2008

Tonti per caso

Peggio degli stronzi, ci sono solo i finti tonti.
Se avete difficoltà a identificare con precisione uno stronzo, è sufficiente che prendiate una lente di ingrandimento e con essa andiate alla ricerca reggendo con la mano libera la vostra copia de "Il metodo antistronzi". Tempo cinque minuti e ne avrete incontrato uno.
Riconoscere un finto tonto invece è faccenda leggermente più complicata. Ciò che vi serve è:
- un lanternino
- una discreta memoria
Prendete il lanternino e posatelo in vista sulla scrivania. Quindi, prendete la vostra memoria ed esercitatela con la Settimana Enigmistica. Dopo un paio di settimane di Bersagli e Trova le Differenze sarete pronti.
Scendete in campo.
I finti tonti tendono a dare versioni differenti dei medesimi fatti a mesi di distanza, secondo le necessità del momento e tendenzialmente allo scopo di pararsi il culo. Non esiste finto tonto che non finga - il che è lapalissiano - ; ergo, il finto tonto ha la coda di paglia.
A voi basterà ricordare le comunicazioni scambiate col finto tonto e tenerle a mente. Il finto tonto non lascia mai tracce scritte.
Quando fa una cazzata, il finto tonto si presenta da voi con gli occhi di bambino triste.
Le frasi più ricorrenti del finto tonto sono:
maddai?
sicura?
non sapevo
non avevo capito che
ma pensa te
... e adesso?
Il finto tonto fa quasi più incazzare dello stronzo.
Perché oltre a fare il tonto, si aspetta che voi ci caschiate. E trattiate la farsa della sua dabbenaggine con maggiore accondiscendenza che se si trattasse di pura stronzaggine , di impenitente menefreghismo, di disperante incompetenza. Egli si aspetta che il frutto delle sue fatiche, la messinscena della sua dimenticanza/ignoranza/incompetenza generi negli altri frasi di comprensione, di sim-patia, addirittura di consolazione. Del tipo:
non potevi saperlo
povero
capita
non fare così
Smascherare il finto tonto è pura soddisfazione personale: non pensate di ricavarne altro beneficio. La scoperta non può essere resa pubblica, non ci sono prove.
Dopo aver realizzato che quello è un finto tonto e che con quell'aria da chierichetto cerca di prendervi per il culo, ritenetevi fortunati e statene alla larga. Non cercatelo, non parlategli. Fuggite. Il motivo per cui si è finto tonto è che ha cercato di fare qualcosa di controproducente per gli altri ma ottimo per sé stesso. Non pensate di indurlo a confessare. Non aspettevi che ritratti o che vi stringa la mano per la scoperta.
Guardatelo biecamente. Lui saprà che voi sapete. E' il codice cifrato dei finti tonti.
Se proprio insiste che gli diciate qualcosa, ecco le risposte di emergenza:
maddai?
sicuro?
ma pensa te
... e adesso?
Dopodiché correte a predere il lanternino e bruciategli il sedere.

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martedì 18 marzo 2008

Io n'esco - II scena

Interno d'ufficio. Tardo pomeriggio d'ufficio. Noia crepuscolare d'ufficio.
Le due signorine d'Ufficio Franca e Berta siedono meste alle loro postazioni d'ufficio. Scambiano quattro parole in Arial corpo 8 sul tempo. Contando gli spazi, non arrivano a 37 battute.
In quel momento giunge un urlo dalla stanza a fianco.
"Aaaaaaaaaah"
Ridacchiano sommesse per un po'.

Berta: Se fossi più vicina ti darei di gomito.
Franca: Non serve. Ho già capito.
Berta. Ancora un po' e veniva giù il palazzo. (pausa) Ah, ah, ah!
Franca: Poveraccio.
Berta: Beh, c'era da aspettarselo. Prima o poi lo avrebbe saputo.
Franca: Ma perché, lo sai anche tu?
Berta: Certo. Lo sanno tutti.
Franca: "Sanno", cosa?
Berta: Quello che sai tu, quello che so io, quello che sa anche lui.
Franca: Che ne sai che gridava per quello?
Berta: Se avesse gridato per un altro motivo gli sarebbe uscito roco, cavernoso.
Franca: Mi è sembrato che fosse così, infatti.
Berta: No. Questo era un urlo isterico, penetrante. Armonici alti. Mi ha persino incrinato il monitor: guarda.
Franca: Massì.
Berta: Guarda, guarda!
Franca: (Guarda, annoiata, alzandosi un pelo dalla sedia. Si risiede) Era destino che lo sapesse.
Berta: Cosa.
Franca: Lo hai detto prima: quello che sai tu, quello che so io, quello che sanno tutti.
Berta: Ah, già. (pausa) Ah, ah, ah!
Franca: Poveraccio.
Berta. Me ne impippo. Tu come lo hai saputo?
Franca: Cosa.
Berta. Quello che so io, quello che sai tu, quello che sanno tutti.
Franca: Come lo hanno saputo tutti.
Berta: Tutti lo sanno, ma ciascuno lo ha saputo in un modo diverso. E' questo il bello.
Franca: Vediamo. La Tolda ha beccato lei e quell'altro al cinema, lo ha detto alla Corta che lo ha detto a Elziario che prima di andare in bagno è andato da lei in persona a chiederle se era vero e dopo essere uscito dal bagno è venuto da me a dirmelo.
Berta: Stupefacente.
Franca: Tu come lo sai?
Berta: Li ho visti al cinema.
Franca: La Tolda li ha visti. Tu non sei la Tolda.
Berta: Eppure li ho visti al cinema.
Franca: In quanti eravate al cinema quella sera?
Berta: Che ne so. Io ero da sola. Era martedì. Era la sera in cui vado da sola al cineforum.
Franca: Chiederò alla Tolda se anche lei era al cineforum dove eri tu. O se li ha beccati in un altro cinema. (Perbacco, due cinema in un mese. Che esagerazione)
Berta: Non puoi chiederlo alla Tolda. Lei non lo ha detto a te, lo ha detto alla Corta che lo ha detto a Elziario che lo ha detto a te. Se chiedi alla Tolda lei saprà che la Corta ha tradito il segreto con Elziario che lo ha tradito con te. E non si fiderà più della Corta che darà del bastardo a Elziario che si incazzerà con te per essere stata così pettegola.
Franca: Posso dire che quella sera al cinema c'ero anche io.
Berta: Hai la tessera del cineforum?
Franca: Eccola.
Berta: Questa è quella di Trecate, serve quella di Poggibonsi.
Franca: Mi presti la tua tessera?
Berta: Non so.
Franca: ... (fa gli occhi da bertuccia)
Berta: Eccola.
Franca: Copro il nome col dito, così sembra mia. Berta: Non abusare della mia tessera. Sono conosciuta, in quel cineforum.
Franca: Fidati. Devo solo venire a capo della faccenda. Tutti lo sanno, ma ognuno lo sa per conto suo. E la cosa mi fa innervosire.

In quel momento, un altro urlo.

Franca: Questo è cavernoso. Budget insufficiente.
Berta: No, è stridulo. Gelosia d'amore.

Qui la prima scena della pièce.

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Pitura Freska

Alla fine ho ceduto e come potete vedere dalla sezione alla vostra destra ho inserito il widget di MyBlogLog. Leggasi: ennesimo servizio a iscrizione rapida e indolore, ed ennesimo patacchino da copia incollare nel codice html (istruzioni a prova di scemo).

Sopporto l'inevitabile inestetismo che imbratta ora il mio template, solo per il gusto sottile che mi dà lo smascherare i visitatori. E anche per spirito di rivalsa.
Troppe volte il mio desiderio di lurkare un po' sui blog altrui è stato stroncato sul nascere da questi strumenti, che mi hanno smascherato e schiaffato in prima pagina con tanto di avatar segnaletico.
Al che, mi sono ritirata mogia mogia contemplando quella specie di zampata che avevo lasciato sulla vernice fresca.

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lunedì 17 marzo 2008

Onora il padre e la madre

Come ogni lunedì, la rubrica di cinema "Visto da Lei, visto da Lui" su Mentelocale.
Protagonista della puntata di oggi, assieme a me, è Coniglione, poliedrico blogger veronese nonché personalità mediatica tra le più sfuggenti e controverse.
Sappiate solo che la redazione di Mentelocale è disponibile a raccolgiere eventuali lamentele e proteste.
No digo altro.

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venerdì 14 marzo 2008

Venerdì

Il venerdì è giornata di bilanci. Cala la tensione, ci si rilassa, si chiacchera più del necessario, talora si ride. Battute idiote. E’ qui la festa? Piccolo party di addio. Sorpresa! Dessert! Allegria!
Le postazioni dei lavoratori a cottimo restano vuote per venti minuti abbondanti. Fuori, l’odore persistente della prima erba tagliata della stagione offende le narici delle solite vittime delle allergie stagionali. Ho collezionato più storie di mali in questo posto da una anno a questa parte che negli ultimi venti messi insieme. Quelli che non ci sento bene da un timpano, quelli che respiro con affanno, quelli che ho il ginocchio che fa contatto col gomito, quelli che ho l’anca sifola, quelli che non sento gli odori tranne quello della merda, quelli che ho il mal di testa a grappolo, quelli che ho la forfora a coriandolo, quelli che ho la tarantola, quelli che digerisco gli stronzi ma non l’insalata… siete tutti dei rottami.

La torta spicca in mezzo alla tavola. Tutti in piedi e imbarazzati. Auguri! Grazie! Prego!
Il venerdì è giornata di bilanci. Su un piatto ci metti la torta, sull’altro piatto la ciccia accumulata e le ore di palestra necessarie a smaltirla e che non riuscirai a fare a causa del lavoro, lo stesso che ti oggi ti offre la torta e che ti paga la palestra che non riuscirai a fare.
E’ un gatto che si morde la coda.

E dove c’è torta c’è ressa. Si sta tutti insieme, a vivere un momento che un giorno, soffermandoci a riflettere, vedremo come parte di un destino che ci siamo cercati. Mangiamo la fettina pannosa pensando che un giorno tutto ciò acquisterà un senso che ora ci sfugge, impegnati come siamo a sporcarci i baffi di gocce di cioccolato e sbrodolarci lo spumante sulla polo.

Le casse di un computer diffondono musica anni ’50. In uno scenario surreale, ripenso al libro che sto leggendo e che parla di ragazzi cresciuti negli anni ’50 in un’epoca di fulgide promesse, e che si ritrovano dopo 40 anni ad una festa. Uno di loro, vedendo sé stesso insieme agli altri, ripensa al proprio destino e capisce che sì, c’è un senso. Mi auguro di ritrovare a mia volta un senso a tutto ciò, forse tra 40 anni o anche ora, se solo riuscissi ad astrarmi da questa situazione. Butto giù un altro gotto, pensando quanto sia difficile ritagliarsi un cantuccio, almeno di lunedì, di martedì, di mercoledì e di giovedì; ma oggi è venerdì e domani sarà tutto diverso, e non sarà impossibile. Prima che l’ingranaggio della settimana lavorativa mi inghiotta nuovamente, mi riprometto di passare un fine settimana meditabondo, di godermi il sole e l’erba tagliata, e di fare qualcosa di insalubre e di cui mi potrei immediatamente pentire. Tipo uccidere quel maledetto gatto che inutilmente continua a mordersi la coda.
 
mercoledì 12 marzo 2008

Grande grosso e Verdone

Lo so, lunedì non avete trovato la rubrica "Visto da lei, visto da lui" su Mentelocale.
Questo perché io e Giorgio avevamo in serbo ben altro per voi, in occasione dell'uscita del nuovo film di Verdone.
5 milioni di spettatori nel primo week end.
Qui trovate la mia personale visione, in un pezzo scritto "a solo".
Qui invece, la visione di Giorgio Viaro, in un divertente balletto tra critico e spettatore.
E vai grande, che c'ho fiducia.

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martedì 11 marzo 2008

Tengi l'anti-geek

In un'epoca in cui imperversano le donne geek (preciso che c'ero anche io alla Girl Geek Dinner, e aggiungerei immeritatamente), accade che uno strumento utilizzatissimo come Twitter presenti le proprie magagne a una gentile utente scelta a caso tra parecchie migliaia. E a chi poteva toccare di evidenziare le problematiche di una easy-piattaforma che ormai usano tranquillamente anche i bambini? A Tengi, a chi sennò!
Quello che accade è che i Direct Message a me indirizzati compaiono nella mia lista twit pubblica, contrariamente a quanto dovrebbe accadere.
La comunità di twitter mi è subito venuta in soccorso (soccorso femminile, grazie a pm10), ma nemmeno l'esimio Andrea Beggi aveva mai sentito nulla di simile.
Quale nuova untrice di Twitter, mi auto assegno la fascia di Anti-Geek dell'anno, e mi ritiro in separata sede a scrivere una mail infervorata allo staff di Twitter per segnalare il problema.
Nel frattempo, evitate di scrivere messaggi pivati al mio account di Twitter, a meno che non siano cose che chiunque può leggere.
Lo so, così non c'è gusto, ma che ci volete fare.

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giovedì 6 marzo 2008

Un post annidato

Stamane ero in riunione da un Cliente.
E vagavo con la mente.
Sul blocco di fronte a me ho appuntato velocemente un paio di idee per un post.
Ora le rileggo e non capisco più che cosa diavolo ho scritto.
"lib. c des. k"
Niente da fare.
Era un'idea bellissima, sono sicura!
Avrei svoltato con quel post.
E adesso faccio un post su questa cosa che avevo un'idea per un post.
Cosa non si fa pur di salvarsi in corner.
Un post annidato.

C'era una volta un re che disse alla sua serva, "scrivimi un bel post": e il post incominciò: c'era una volta un re, che disse alla sua serva, "scrivimi un bel post": e il post incominciò: c'era una volta... [continua]

(Questo per dire a quell'amico che ostinatamente si rifiuta di appuntarsi le idee su un taccuino, che può continuare tranquillamente così.)

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martedì 4 marzo 2008

Il corvo

C'è quello che fa la ronda per la stanza almeno una volta al giorno.
Non appena entra, noi sappiamo che è a caccia della vittima sacrificale. E' appena rientrato in ufficio dai suoi giri: è affannato, teso, tira su col naso nervosamente. Può essere che le cose gli siano andate bene e voglia concedersi il lusso di trastullarsi una volta di più, di baloccare oltremodo il suo ego a suon di prevaricazioni. Oppure può essere che sia stato bastonato da qualcuno, e senta l'impellenza di rifarsi su l'agnellino di turno, meglio se con la carne tenera e saporita: ecco allora che si avvicina nascondendo con la mano la schiuma che gli esce dalla bocca. In ogni caso, sappiamo che si sfogherà su di qualcuno di noi. Più probabilmente, su ciascuno di noi.
E' come la ruota della fortuna. A chi tocca oggi?
Gira, gira, gira.
Gira, gira, gira.
Un'ultima tacchetta, e... eccolo.

Parte col primo della lista. Lo incalza con una lista confusa di comande. Non finisce l'ultima frase che già si para di fronte a me a gambe larghe. Non dice nulla. Passano attimi di silenzio. So che vuole farmi capire che sta pensando. Lui sa che io lo so. Io so che lui sa che lo so. Faccio comunque finta di non cagarlo. Dopo due minuti buoni, alzo lentamente la testa e gli dico: "hai bisogno?". Mi rifila un paio di cazzate. Mi annuncia che ci sarà un grosso lavoro da fare, presto presto, tieniti pronta. Non mi scompongo. Quando sarà lo faremo. Ripiego la testa con sottomissione Zen. Penso a Gandhi e mi faccio forza. Lui arriccia il naso e si dirige verso l'ultima. Punta il dito, fa l'arrogante. Chiede "Come siamo messi con..." Neanche fossimo in borsa. ("Come vanno le azioni Canistracci Oil? Male! Insistere! Vendere, vendere, per carità di Dio!!"). Bontà sua, l'ultima vittima è lenta nel rispondere. Grazie a Dio lui si stufa e sparisce. Si respira. Se accade che qualcuno ha la necessità di domandargli qualcosa, si premura di usare la stessa cortesia che noi usiamo verso di lui, e sincronizza perfettamente i tempi della sua risposta sui passi che lo separano dall'uscio, in modo da pronunciare le ultime parole sulla soglia, anzi nel corridoio, sì che restino incomprensibili. Nessuna replica ammessa, nessuna informazione fornita. Il tesoro del sapere resta sotto le sue unghie di rapace spiumato.

Più tardi, mi giungono lamentele dal piano di sopra. E' arrivato anche lì. Evidentemente, con noi non è riuscito a sfogarsi abbastanza i nervi. Ha qualcosa quell'uomo, ha qualcosa che trattiene. Ho saputo che al piano di sopra ha fatto l'interrogazione a sorpresa. Ovviamente, nessuno ha saputo rispondere (asini!) Lui, celando becchina soddisfazione, ha borbottato qualcosa del tipo "tutto ciò è molto grave", e se ne è andato mostrando la gobba.

Non so quanto potrà andare avanti così. Voglio dire, noi siamo abituati, l'oppressione è una zanzara fastidiosa. La scacci, lei ti punge, ci fai una crocetta sopra e ti imponi di non sentire il fastidio, l'impotenza. Poi passa, finché di nuovo non ti ronza nell'orecchio. Altra manata, e la vita continua.
Ma lui: a volte mi domando se un giorno non piomberà qui cogli occhi fuori dalle orbite e la maglia al rovescio brandendo un'ascia per farci fuori tutti quanti. Forse no. Forse il suo compito è semplicemente darci il tormento ogni giorno che Dio manda in terra a ritmo del suo dannato ciclo mestruale.

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Far riemergere il sommerso

Ora che ho avuto modo di conoscere alcuni dei miei lettori e scambiare dati e account vari, accade che alcuni commenti ai post mi arrivino direttamente via chat.
Immagino che tale processo di trasferimento della comunicazione dalla prima linea alle retrovie sia comune a molti blogger praticanti, e sebbene sia consapevole di non poterlo arrestare in alcun modo, continuo comunque a preferire i commenti "veri", e la sensazione che si prova nel veder salire il contatore.
Come già dissi: diamine, sennò il blog cosa lo aprivo a fare?

Citerò ora i commenti al post precedente:
1) "Sudando in mezzo alle tette" Che artista
2) Donnetta mai
3) letto...
4) si bello
Magari il fatto di scrivere un commento che fosse visibile a tutti obbligherebbe i suddetti ad essere un po' meno criptici e sintetici, che ne dite?

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La donnetta

La donnetta ha deciso che stasera va in palestra.
La vediamo che pedala in bicicletta col compagno senno-di-poi, mentre pensa che forse è già tardi per rimettersi in linea. Giunge nel cortile buio e aggancia la bici sperando che nessuno me la rubi. E' nuova, le seccherebbe. Un paio d'ore dopo si scoprirà che l'aveva legata in modo tale che sarebbe bastato sfilare il sellino per fottergliela.
La donnetta nello spogliatoio osserva le altre donne. Odia i culi a bassorilievo che non disegnano nemmeno una piccola curva sulla stoffa, quei culi maledetti. Lei, che deve portarsi in giro il suo bel po-pò. Si rammarica subito dei propri pensieri, e si ripromette di non pensarli mai più mentre infila un paio di calzetti bianchi.
Entra in sala. Tutti sono affannati e sudati. La donnetta non ha portato la felpetta tattica copriculo, e striscia lungo i muri. Non va nemmeno a prendere la scheda, perché dovrebbe dare le spalle a tutto il parterre di cyclette. Svicola verso la sala più imboscata a passo laterale.

Sul tapis roulant la donnetta zompetta a velocità sette sudando in mezzo alle tette. Si guarda attorno asciugandosi il sudore sulla fronte, ben attenta a non inciampare. Gli istruttori chiaccherano tra di loro in un angolo. Meno male. Ha sempre paura che qualcuno di loro le muova un appunto, una precisazione. Non vuole sentirsi inadeguata. Una volta decise di fare un esercizio speciale per le culotte de cheval. L'istruttore passando la guardò talmente male che smise immediatamente. L'i-pod ora ballonzola insieme a lei. Una strana voglia, subito repressa. Nelle orecchie, il miglior repertorio vetero-nostalgico. Basta che aiuti a tenere il ritmo. Improvvisamente, sente che è giunto il momento. La musica la galvanizza, aumenta la velocità, si vede come Rocki Balboa in cima alla scalinata. Vorrebbe sferrare un pugno all'aria, vorrebbe scalpitare, vorrebbe sprizzare energia, non sta più nella pelle, vorrebbe...
"Scusa ti manca molto?"
Per poco non cade. Ma si riprende velocemente. Non è poi così donnetta, è piuttosto una tigre! Il fatto è che non riesce a concepire l'idea di poter cadere dal tapis roulant: slittare verso il fondo col culo per aria, finire spiaccicata sul muro in una posa scomposta. L'I-pod che vola lontano. La figura di merda.
"5... minuti"
Alza il culo impettita, e prosegue a zampettare come uno struzzo.
...
La piacevole sensazione di benessere sotto la doccia le fa dimenticare per un attimo chi è e dove si trova. Eccede nella cura del proprio corpo. Ma non si rassegna a mostrare le pudenda alle altre donne. Non ce la fa a darsi la crema a gambe larghe come fanno certe. E' troppo pudica? Ha preso troppo da sua madre?
Desidera improvvisamente essere a casa, e un piatto di minestra. Sa che girerà il cucchiaio più volte nel piatto per raffreddarla, e poi si preparerà per la notte. Metterà il pigiama e chiuderà la porta della camera dietro di sé. E via, dissolvenza sui pensieri di fine giornata.
Dimentica tutto e per un momento solo, pensa alle pieghe di questo cuscino, le lenzuola soffici e i tuoi piedi stanchi. Senti il tuo corpo rilassarsi. Senti di meritartelo, questo tepore, così come la minestra e la corsa in bici. Concediti questo lusso di non pensare, di essere un po' frivola, di essere un po' vuota. Concediti il lusso ma non odiarti per questo. Datti dei piccoli obiettivi, se proprio lo desideri. Addominali nuovi, due chili in meno. Ma sei sicura che sia questo il massimo che puoi concederti? Si?
Sei proprio una donnetta.
Dormi, ora.

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lunedì 3 marzo 2008

Jumper!

Come il titolo del film impone, nella puntata odierna di "Visto da lei, visto da lui", si salta di qua e di là e si parla un po' di tutto: di Sanremo e di fastidiose banalità, di multisale genovesi e di proiezioni fuori fuoco, di attori peggio dei cani e di doppiatori peggio del peggio, e di un debito di 7 Euro per una pellicola da dimenticare.

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