giovedì 27 settembre 2007

Acciughe e marmellata di arance

  1. Avete mai provato a mangiare pane tostato con acciughe e marmellata di arance?
  2. (...)
Questo è quello che pensavo ieri sera mentre attendevo gli ospiti, ferma, in piedi, le scarpe che mi facevano male. Forse non lo sapete ma la mia azienda è sempre più americana e negli ultimi tempi si è data alla sponsorizzazione ed organizzazione di una serie di eventi per i propri clienti. Per fare team, aggregazione e tutte quelle balle là.
Io ieri sera c'ero. Anche se a dire il vero non c'entravo nulla. Ci entravo come i cavoli a merenda, o come le acciughe con la marmellata di arance. E anche se mi dicono che acciughe e marmellata di arance sia in realtà un buon abbinamento, roba da buongustai, ecco, a me proprio non va di mandarlo giù.
Ieri avevo scarpe alte col tacco e un abbigliamento sportivo, diciamo casual, via, dato che l'occasione lo consentiva. Il mio compito era di accogliere le persone. In maniera carina, credo. In pratica facevo la bambola semovibile dalla testa che suona a vuoto. In pratica ho fatto gli straordinari. E nel frattempo pensavo. Ho pensato dei pensieri che rimbalzavano di qua e di là. Ho pensato sempre: mentre parlavo, mentre compilavo le schede e i moduli, mentre distribuvo i gadget. Pensavo alla marmellata di arance con le acciughe. Ci sono certe giornate in cui non ti resta che pensare alla marmellata di arance; del resto ci potrebbero essere pensieri peggiori. Il motivo per cui la marmellata di arance può essere abbinata con buona soddisfazione alle acciughe è il fatto che il suo sapore nasconde quell'aroma di mare del pesce, lasciando solo il buono dell'acciuga.
L'unico momento della serata in cui non ho pensato alle acciughe è stato quando tutti quanti si sono spogliati per mettersi una maglietta per motivi che non vi sto a spiegare. In quei cinque minuti ho avuto modo di passare in rassegna, ma fingendo di no, i vari fisici aziendali. Il mio pensiero è ritornato subito alle acciughe in scatola e al modo migliore per coprirne l'odore di mare lasciandone solo il buon sapore, il tutto in una ricetta nuova e fresca. Dopo aver concluso che la cosa migliore è utilizzare la marmellata di arance, ho constatato che questo pensiero di confettura da solo era in grado di scacciare tutta una serie di altri pensieri molesti. Come il pensiero che sarei tornata a casa tardi, che avrei dormito poco, e che in pratica stavo passando qualcosa come dodici ore consecutive con involucri di persone che avrei rivisto precise e identiche anche la mattina seguente. Il pensiero che in pratica stavo lavorando anche di sera, che non me ne fregava niente, e che non mi divertivo, anche se mi sforzavo. Il pensiero che invece quasi tutti intorno a me si divertivano, che ci credevano, o almmeno si sforzavano. Tutti pensieri che la marmellata di arance copriva, in parte.
E così rimuginavo su questo curioso abbinamento culinario che tempo fa mi era stato consigliato e ho provato solo una volta. Lì per lì mi aveva convinto, devo dire, ma poi avevo deciso che non faceva per me.
Ci sono certe occasioni in cui non conta chi sei o come sei. Ci sono certe situazioni prettamente maschili in cui ti rendi conto che sei una parte del tutto, e neanche troppo considerata. Però sei lì, e ti fai il mazzo per qualcosa il cui scopo non afferri del tutto. E' solo una serata di divertimento, che diamine: che ti importa, prendi il pane, spalma la marmellata, aggiungici l'acciuga e mangiatela così. Prova, se non altro.
C'è poi quella persona che anche in queste occasioni ti deve mettere in mezzo e proporre se stessa e te a qualcuno, come potenziali collaboratori, per una attività cui comunque tu ti eri già dedicata a suo tempo, e pensavi di aver già dato. E invece no. Il mondo del lavoro è un minestrone trito e ritrito, sempre la stessa sbobba riscaldata. I piatti freschi non sono mai per noi. Sono per altri che quando va bene ti lasciano gli avanzi. E quando arrivano da te scotti, insipidi, te li devi mandare giù lo stesso.
Il mio palato non è molto raffinato, tuttavia ci sono certe cose che no, proprio non riesco a mandare giù. Perchè in fondo siamo quello che mangiano. E io devo dire che no, certe cose io non le sono proprio.
A me manca la capacità di mescolare qualcosa di dolce con qualcosa che puzza di pesce. E fingere che il sapore complessivo sia tutto sommato apprezzabile, più del solito cibo che ho sempre mangiato, e pertanto sempre consigliabile per tutti i giorni a venire.
Ecco servito un piatto appetitoso.
C'è scritto nei libri di cucina.
Lo dice uno chef famoso.
Bah.

2. (Prevedo che domani farò un post da sfigata)

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martedì 25 settembre 2007

The september guest #1

The september guest - Forse, la parte migliore di voi
Puntata #1 - Un altro grido nella notte
Nella casa silenziosa, i due dormono placidamente. O meglio, lei dorme placidamente. L'Ospite invece si è coricato da poco, e ancora indugia nella fase di dormiveglia. Tanti pensieri si accumulano in quella testolina. Le cose fatte durante il giorno, le cose da fare, i visi dei clienti, le richieste da soddisfare. Tanti pensieri e anche qualche preoccupazione.
Se ci pensate bene, è una costante: gli ospiti della nostra vita sono sempre indaffarati e ipercinetici. Essi vengono da noi a trascorrere qualche settimana di lavoro dal sapore vacanziero: le loro preoccupazioni, i loro impegni sono stemperati dal clima di attesa e di speranza che porta loro il fatto di essere in una città nuova. Nuove persone da frequentare, nuovi luoghi da esplorare, nuove strade da imparare. La scoperta si fa vita, la novità si fa aria da respirare, fresca e frizzante ogni giorno.
Con tutto ciò, le notti diventano la parte più critica del vivere a due. Se di giorno le abitudini non sono più di tanto sconvolte dalla presenza novella che alberga nella casa, ecco che la sera e la notte sono portatrici sane di potenziali contrattempi, deliri, cambi di programma e... odiose idiosincrasie.
Lo spazzolino dell'Ospite riposa ancora là, nel bicchiere, le setole divaricate. Qualche felpa in più trova comoda stampella negli schienali delle sedie. Un paio di occhiali da sole, le sigarette. Un i-pod abbandonato sul tavolo. Sullo stendipanni, un paio di jeans dalla taglia sconosciuta. L'Ospite comincia a necessitare di lavatrici, ecco.
L'Ospite questa notte non riesce a prendere sonno, come dicevo, e si rigira nel letto. Lei invece è già in fase REM inoltrata, e sta sognando un collega. C'è di bello che, per i motivi che ho detto prima, gli ospiti quasi mai riescono a star fermi e, anzichè addormentarsi dopo una mezz'oretta di totale inattività, hanno questa bella abitudine di trascinare fino all'ultimo le cose che amano fare, fino a quando non stramazzano a letto stanchi morti e con la bocca aperta. Leggere, scrivere, telefonare, mandare messaggi. Ho detto, mandare messaggi. L'Ospite della nostra storia ama mandare messaggi e continua a mandarli finchè non si corica nelle immediate vicinanze della sua cortese compagna di casa.
Gli Ospiti hanno sempre tante cose da raccontare agli amici lontani. E soprattutto, gli Ospiti hanno sempre qualche amico licantropo che, come loro, non riesce proprio a prendere sonno. E così, come era prevedibile, il messaggio dell'Ospite poco dopo riceve una risposta.
Ehiiiiii, c'è posta per teeeeeeeeeeeeeeeeee!!!
Nel silenzio della casa irrompe un urlo atroce di un bambino di quattro anni a tutto volume. E' la suoneria dell'Ospite. Gliel'ha registrata suo nipote. Ed è, come dire, simpatica.
Cazz'... mormora l'ospite.
Lei sbarra gli occhi ma stavolta non balza più seduta sul letto chiedendo cosa c'è cosa c'è in preda all'ansia. Ormai ha capito.
L'ospite fa plin plin plin e risponde al messaggino con un altro messaggino.
...
Ehi, c'è posta per te....
Nel silenzio della casa, un lieve sussurro di un bambino di quattro anni a volume medio, diciamo tra le due e le tre tacche.
Lei pensa che la parte migliore di sè avrebbe escluso la suoneria del tutto. La parte migliore dell'Ospite invece l'ha solo diminuita di un paio di tacche. Ma va bene così. Del resto, la parte peggiore di lei fa cose ben peggiori della parte peggiore dell'ospite.
Pertanto si gira sull'altro fianco e riprende a sognare il collega.
Sarà un lungo inverno, questo.

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domenica 23 settembre 2007

The september guest #0

The september guest - Forse, la parte migliore di voi
Puntata #0 - Un grido nella notte
La vita scorreva placida e tranquilla per la nostra beniamina, prima dell'arrivo dell'ospite. Ho detto, prima dell'arrivo dell'ospite.

Ora, nella casa silenziosa, il videoregistratore riposa in stand-by con in pancia una videocassetta da tre ore. Sulla cassetta è registrata la nuova puntata di Heroes, più qualcosa prima, per non rischiare. Il bicchiere posato sul lavandino in bagno accoglie due spazzolini, di cui uno dalle setole molto aperte. Un dentista coscienzioso direbbe senz'altro che quello spazzolino va cambiato. Ma l'Ospite non ne ha voglia, si trova bene così. Sul mobiletto di legno e vimini, accanto alle creme da viso e al profumo di Sarah Jessica Parker, trovano spazio schiuma da barba e rasoio. Scarpe maschili all'ingresso. Una borsa a tracolla è posata a fianco del divano. Dalla tasca fa capolino un pacchetto di sigarette. Tutto tace.

I nostri amici stanno dormendo già da parecchie ore. Sono passati solo due giorni dall'arrivo dell'Ospite e la nostra Beniamina ha esaurito le energie. L'Ospite ha voluto assoltamente uscire quella sera (e tutte le precedenti), assaporare la vita di Milano, bere. La Beniamina è andata a letto col mal di testa, e ora se la dorme. La sveglia suonerà presto. La sua sveglia. Quella dell'ospite no.

La parte migliore di lei, risvegliata dalla presenza di un'altra persona e dagli obblighi di ospitalità che ciò comporta, ha preparato mattutini caffè per entrambi, cucinato, rassettato, tollerato il disordine, posticipato l'aggiornamento del blog, respirato liberamente all'aria aperta, camminato svelta per le vie della sua città. La sua parte migliore ha trovato la forza di andare agli aperitivi, a cena fuori, al cinema, e, stimolata dal turbinio degli eventi, ha trovato il tempo di fare una serie di telefonate a persone che non sentiva da un po'. Non c'è che dire, la presenza dell'Ospite ha smosso le acque. La parte migliore di lei ha sorriso ai colleghi, è stata affabile con tutti, ha ascoltato i discorsi con attenzione, ha apprezzato il pranzo, ha amato il mercoledì e il giovedì, non solo il venerdì. La sua parte migliore ha passeggiato in centro la domenica, incurante della folla e del traffico. La sua parte migliore ha prestato poca attenzione alle modelle filiformi che intasano le vie di Milano in questi giorni, sopportato la visione di Miss Italia e i discorsi ipocriti, pensato che qualcosa sta cambiando.

Forse è davvero la parte migliore di lei. La tolleranza, la serenità.
Ora la parte migliore dorme serena. Insieme a quella peggiore.
Finchè, nel cuore della notte, ecco che giunge un grido roco e straziante.
Haaaaaaaahn!
E' l'Ospite, ha gridato. Forte. Sembra stia per morire. La Benianima balza seduta sul letto, il cuore che batte a mille nel petto. Prima ancora di capire, si rivolge verso il punto da cui proveniva quel grido lacerante e raccoglie le forze per chiedere: "cosa c'è? cosa c'è?".
Nessuna risposta.
Chi ha gridato ora dorme di nuovo.
Chi ha sentito ora non riesce più a dormire.
Sono le quattro del mattino e lei ha un sonno pazzesco. Sa che le rimangono solo poche ore e che all'indomani si sveglierà col cerchio alla testa. L'indomani che la aspetta sarà un merdoso lunedì costellato di disgrazie. La prima sarà avere a che fare coi colleghi, ascoltare i loro inutili discorsi su palestre e saune, quindi mangiare in un posto squallido, lavorare altre quatto ore e per finire sopportare la folla puzzolente della metropolitana. Prima di arrivare a casa, passeggiare per Milano, che in questi giorni è piena di algide fighette che sculettano in fuseaux. E quindi lavare i piatti, rassettare, scrivere due stronzate sul blog.

Mentre l'Ospite dorme placidamente, lei capisce che l'andamento della settimana seguente dipende solo da quale parte di lei si sveglierà per prima l'indomani.

(Image courtesy of Velenerillo)

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giovedì 20 settembre 2007

Le faremo sapere

Per rinfrancar lo spirito tra un lavoro e l'altro è consigliabile trascorrere una pausa pranzo diversa dal solito.
Ufficio Casting. Andare in fondo a destra.
Bello ambiente. Bello ordinato. Belle sedie. Begli spazi. Bello tutto e silenzioso.
Trovare tre persone in attesa. Constatare che non ci vorrà molto.
Compilare modulino, prego. Sesso Età Altezza Taglia abito Numero scarpe. Ultime esperienze. Topless? Si No. Intimo? Si No.
Ecco qui, compilato. Si grazie prego molto gentile grazie a lei. Attendere seduta. Nel frattempo prendere uno dei copioni disponibili e leggerlo un paio di volte. Non necessario imparare a memoria: troppa grazia. Sufficiente leggere.
Copione 1: da Blade Runner la solita menata che recita ho visto cose che voi umani e i bastioni di Orione e i raggi Beta. No.
Copione 2: discorso di esortazione agli schiavi tratta da Il Gladiatore, molto macho. No.
Copione 3: La puntata di oggi di Ulisse presenta un viaggio alla scoperta di... troppo Checchi Paone. No.
Copione 4: Questa sera alle 22.30 andrà in onda... troppo Nicoletta Orsomando. No.
Copione 5: ... no.
Copione 6: Poesiola melensa ma interpretabile con un minimo di palle. Ok.
Leggere una volta. Sentirsi abbastanza preparati.
Alzare lo sguardo e vedere entrare una stangona di 18 anni, tubino nero aderente, accompagnata da figaccione che mostra di conoscere tutti là dentro. Sentire il figaccione dire alla ragazza con ostentata pomposità "vuoi che venga dentro con te?". Pensare ma non è un'ecografia, solo un casting. Non riuscire a udire la risposta di lei che biaschica qualcosa con vocina squaquerina. Vedere che si volta per prendere un copione. Inorridire per la vista di un tubino nero con spacco posteriore che si arrampica fino a metà sedere. Sotto, non fare a meno di notare dei pantaloncini. Capire che servono a non far vedere il culo, ma solo mezza chiappa, senza la volgarità delle mutande ma senza rinunciare allo spacco. Capire che è una scelta ragionata. Non capire comunque che bisogno c'è. Capire che non si è in grado di capire. Notare comunque un viso da bambina un po' impaurito. Pensare chi te lo fa fare. Rivolgere la medesima domanda a se stessi. Sentire il figaccione dire all'assistente casting "se vuole fare questo mestiere deve imparare a non essere imbarazzata". Giusto. Riconsiderare il figaccione sborone nelle vesti di maestro di vita.
Incontrare poi un'amica. Carina, preparata. Sedere mediterraneo e nessuno spacco. Fare due chiacchere.
E poi entrare. Scatoletta e microfono. Sentirsi dire Nome Cognome. Rispondere. Fare una battuta. Sentirsi dire leggi il copione e se sbagli vai pure avanti, sai, non ti preoccupare, puoi anche cambiare le parole se ti va. Pensare che questi sono abituati a trattare con bambini piccoli o con bambine grandi dalla gonna corta. E chiedersi poi con che cuore si possono cambiare le parole di una poesia. Si sta come d'autunno sugli alberi le prugne?
E quindi leggere.
Bene. Brava. Bella voce.
Avere voglia di rispondere Grazie al c.
Salve grazie (tutti molto gentili tutti molto professionali).
A buon rendere.
Le faremo sapere.
Passeggiare con amica e riprendere il discorso. Tutto bene, e tu? Io mi ricordo di te sai, quella volta che ti vidi fare quella cosa. Non ricordare più. Le cose importanti non sono mai le stesse per ciascuno di noi. Baci, ti chiamo. Scambio cellulari. Fammi sapere come ti va.

E avere rubato il copione numero 5. Arrivare a casa, aprire il foglio e leggere:

Facciamo lavori che odiamo per comprare cose che non ci servono.
Siamo i figli di mezzo della storia.
Non abbiamo la grande guerra nè la grande depressione.
La nostra grande guerra è quella spirituale, la nostra grande depressione è la nostra vita!
Da "Fight Club"

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mercoledì 19 settembre 2007

Dr House - Medical Division

"Su, bambino, è un normale raffreddore."
"Lo sa, Dottov House? Ieri ero al mave e ho costvuito un mevaviglioso caaaaaastello di saaaaabbia."
...
"Signora, da quando il nanetto parla come come un lurido snob?"
"Da quando è stato operato alla testa. E' così carino non trova? Sembra uscito dal college di Eton. Forse mio figlio è un genio!"
"Si certo, e io sono la Fata Turchina. Cristo, non ce l'ha una lavatrice da fare? Si levi dai piedi e mi lasci il pargolo in osservazione. E tu piccoletto, peccato, perchè mi stavi simpatico. Ora invece quando ti sento parlare provo l'istinto irrefrenabile di uccidere un panda indifeso."
"Buaaaaah!!!!"
...
...
"Allora Cameron, cosa può essere?"
"Secondo me è Lupus."
"No è in disaccordo coi valori dei blastociti. Foreman?"
"Ho indagato e scoperto che quest'estate il bimbo è stato in colonia coi nipoti degli Agnelli."
"Uh, davvero? Anche Chace, solo che lui non ha cambiato accento. E' diventato una fighetta, in compenso."
"Cristo, House, piantala. Io dico che è posseduto."
"Se continui con queste ipotesi idiote ti rimando in colonia con gli Agnelli, sai?
Bene, visto che pago degli incompetenti, lasciatemi almeno il piacere di umiliarvi: la bua del poppante si chiama FAS, Foreign Accent Syndrome, e si verifica a seguito di un trauma cerebrale.
...
Peccato, perchè mi stava simpatico quel poppante."

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martedì 18 settembre 2007

Pre-visioni

Lo so: non ci è dato conoscere il futuro.
Possiamo però provare a fare delle previsioni.
Il futuro può essere previsto, con buona approssimazione.
Il futuro è di fatto prevedibile.
Se sei chiuso in un luogo per otto ore al giorno lo è ancora di più.
Diminuiscono sensibilmente le variabili impazzite.
Come un vaso di fiori che ti cade in testa privandoti della memoria per due mesi.
E se il futuro non desta sorprese, non resta che baloccarsi con i Quesiti della Susi, così, tanto per passare il tempo.
Sapendo il valore dei costi imputabili ai quattro centri di costo aziendali A B C D,
noti il numero delle risorse e i ricavi associabili a ciascuno di essi,
conoscendo le previsioni di mercato per i prossimi mesi, i dati di benchmark, e le possibilità di penetrazione dell'azienda,
si determini l'utilità di mantenere in azienda le risorse X Y Z.
A supporto dell'analisi si consideri la produttività dei singoli nonchè le specifiche condizioni personali.
Si stili infine una classifica di merito e si prenda la risoluzione di rinunciare alla risorsa che occupa l'ultimo posto.

Ciò che per qualcuno è un quesito della Susi, per un altro può essere una variabile impazzita e non prevedibile, un vaso di fiori che ti cade in testa.
Un vaso di fiori.

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lunedì 17 settembre 2007

"The september guest": the trailer

Cosa accade quando la tranquilla e rassicurante vita casalinga di una impiegata metropolitana viene sconvolta dall'arrivo di un ospite?

"...sono qui sotto! scendi ad aiutarmi con le valigie!!!..."

Un ospite dal carattere esuberante e dalla risata fragorosa,

"...ah ah ah ah... " "... oh oh eh eh... " "... gna ah ah ... "

... ingombrante, rumoroso, sempre in vena di far festa.

"...usciamo dai: IO domani inizio a lavorare alle 10!!!!"

Un ospite che sconvolgerà le abitudini della padrona di casa privandola del divano e del telecomando,

"tengiiiii, la dispensa è vuota!!! E IO cosa sgranocchio sul divano mentre mi guardo Heroes???"

che le ruberà il tempo e le richiederà continue attenzioni,

"cosa fai, scrivi un post? e questo cos'è? cosa sono i feed? questo bottone? mi apri un blog pure a me? anche io, anche io!!!"

...e che in una parola le cambierà la vita.

Ma solo per quindici giorni.

Riuscirà la loro decennale amicizia a superare gli scossoni emotivi di una vita sotto lo stesso tetto? Riusciranno i due protagonisti a convivere per le previste due settimane senza giungere al punto di detestarsi?

E soprattutto, scaduti i quindici giorni, l'ospite lascerà davvero quella casa?

"quasi quasi io resto un altro mese..."

Tra salaci battute, esilaranti gag, momenti di analisi e confronto a due,

"...scusa ma tu come lo fai il vodka orange?..."

... una storia dei giorni nostri, una storia che è un po' la storia di tutti.

Perchè per quanto proviate a chiudervi in casa, arroccati nel vostro castello di quotidiane sicurezze e monotone abitudini, nella vostra roccaforte di DVD e placide letture serali,

per quanto cerchiate disperatamente di fare quadrato della vostra vita,

prima o poi arriverà anche per voi il momento di accogliere...

l'ospite di settembre.

Forse, la parte migliore di voi.


"The september guest": la prima serie, a partire da mercoledì 19 settembre, sul vostro blog preferito.

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giovedì 13 settembre 2007

Il gioco della sedia

C'è un gioco bellissimo che potete fare anche voi.
Il gioco della sedia.
Si passeggia tutti in tondo attorno ad alcune sedie disposte in circolo. In disparte, una persona ha il compito di diffondere una musichetta allegra da un mangianastri. Non appena questa persona spegne la musica, tutti devono immediatamente sedersi nel primo posto libero che trovano. Le sedie non bastano mai per tutti. Chi rimane in piedi, è eliminato dal gioco.
Il bello di questo gioco arriva alla fine, quando restano due soli concorrenti a girare intorno ad un'unica sedia.
Se ci fate caso, nella vita, la sedia è sempre una.
Quella più bella, quella più comoda, quella più prestigiosa. E tutti la vogliono.
Ma si sa, la sfida vera si svolge sempre tra due soli concorrenti.
Tutti gli altri sono eliminati in partenza, e non resta loro che schierarsi per l'uno o per l'altro caposquadra.
L'ultima volta che abbiamo giocato a questo gioco abbiamo perso.
Non è stata colpa di nessuno, fatto sta che abbiamo perso la sedia.
Era una sedia davvero bella, anzi erano dieci sedie, dieci sedie in una bella stanza grande con acqua e caffè a volontà e piante di ficus. E noi avremmo voluto sederci su quelle dieci sedie. Una per sedere. Ma le cose sono andate diversamente.
Dopo aver perso il gioco, siamo stati costretti a ripiegare su piccole seggioline pieghevoli in una brutta stanza piccola senza boccione di acqua e senza piante. Del caffè, nemmeno l'ombra.
Nella vita la sedia è sempre una, se ci fate caso.
E la ritirata di una squadra non è mai una bella cosa.
E ai caposquadra non piace perdere.
Il nostro caposquadra infatti ha accolto male la sconfitta.
E così è successo che ha preso uno dei suoi più fedeli alleati e gli ha spiattellato davanti agli occhi la nostra sconfitta sotto forma di una pila di pesanti cartelle lasciate cadere rumorosamente sul tavolo davanti ai suoi occhi increduli di subalterno e gli ha detto scegli.

Tieni gli occhi chiusi e scegli la penitenza: dire fare baciare lettera o testamento.
Scelgo questo.
Ecco qua: dire.
Bene.
Dovrai dire di sì a tutto quello che ti dico. Cominciamo. E' l'ultima volta che faccio queste figure.
Sì.
E' tutta colpa tua.
Sì.
La prossima volta non ti farai infinocchiare da quella stordita che manovra il registratore.
Sì.
Lo sai come è fatta, non la devi considerare, non la devi guardare, ti porta a credere che fermerà la musica in un dato momento ma poi non è mai così.
Sì.
E non mi costringere ad arrabbiarmi, lo sai che non sopporto queste cose.
Sì.
E non mi piace rimproverarti davanti a tutti.
Sì.
Però lo devo fare.
Sì.
Spero che tu lo capisca.
Sì.
Che non si ripeta mai più.
Sì.

Qualunque sia il vostro sogno, ricordate che nella vita la sedia è sempre una.
Il trucco è rimanere concentrati sulla sedia, senza farsi distrarre dalla musica.
Una volta che la musica si interrompe, avrete la vostra occasione.
Checché se ne dica, ricordate che questo non è un gioco di squadra.
Perchè ciò che per voi è un gioco, per altri può non esserlo.
Per questo la sedia è sempre una, nella vita.
Perchè uno solo è il giocatore che gioca sul serio.
Per tutti gli altri, invece, è solo un gioco.

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mercoledì 12 settembre 2007

Non dirò mai più che la vita non imita l'arte

E' sempre stato uno dei miei incubi peggiori, dopo aver visto quel film.
Oggi è successo veramente.

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Guarda che c'è chi sta meglio!

Nelle fasi della vita più avverse, quelle caratterizzate da senso di sconfitta, inadeguatezza, poca voglia di reagire e tanta voglia di lamentarsi, ho sempre accolto con scetticismo la classica espressione di chi, per consolarmi, mi diceva: "guarda che c'è chi sta peggio!".
In primo luogo perchè spesso la condizione di benessere, appagamento, soddisfazione (direi quasi felicità...) è frutto di sensazioni soggettive, e le medesime condizioni oggettive di vita (tipo di lavoro, affetti, amicizie) possono causare profondo malessere in un individuo ed essere invece del tutto soddisfacenti per un altro. In altre parole, il "peggio" di qualcuno potrebbe essere benissimo un "ottimo" per qualcun altro. In secondo luogo, perchè ritengo che ciascuno abbia il sacrosanto diritto di prodigarsi per i propri obiettivi di felicità esattamente per come se li immagina o se li raffigura nei propri sogni.
Per questo non capisco e trovo inutili alcuni sondaggi, riportati - io li ho letti così - con lo scopo di sollevare il lettore mostrandogli, dati alla mano, che "c'è chi sta peggio".
Stamane leggevo su Epolis che il quotidiano The Economis ha pubblicato una classifica, in cui risulta che la nostra Italia è il paese meno caro per gli uomini d'affari.
Leggiamo la classifica e scopriamo che, in effetti, ci sono delle città in cui si sta "peggio".
Approfondiamo i dati di analisi e scopriamo che coloro che stanno peggio fanno parte di una prestigiosa elite che può comunque permettersi di spendere (o di far spendere):
- almeno 200 euro a notte per un albergo
- almeno 13 euro per un drink pre-dinner sempre in albergo
- almeno 20 euro a pranzo (i manager che affollano Peck di via Torino mi risulta spendano anche di più)
- almeno 40 euro per un viaggio in taxi (guai, i mezzi!)
A questo punto, nel tentativo di trovar consolazione guardando chi sta peggio, mi salta agli occhi l'evidenza che c'è comunque chi sta meglio di noi.
E parecchio meglio, anche.
Non ho capito, mi dovrebbe consolare?

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lunedì 10 settembre 2007

Doppio ciclo di candeggio

Non so voi, ma io, sebbene sia abbastanza nuova del mestiere di blog-autrice, sto già cominciando a pormi qualche quesito sul futuro prossimo e remoto di questa Mia (opera? dilettevole passatempo? cestinabile non-sense?).
Le domande che affiorano di tanto in tanto riguardano la possibilità - non così remota - che arrivi un bel giorno in cui mi ritroverò del tutto senza idee, e mi ridurrò a rivivere con nostalgia i bei tempi felici in cui le idee erano tante e neanche troppo malaccio, e quello che mancava era solo il tempo materiale di farci un post.
Non so voi ripeto, ma mi pare che questo sia un problema comune a chi scrive e blogga e si diletta nel bloggare; ecco, forse questo problema non tocca coloro che redigono un diario di bordo minuto per minuto della propria vita includendo temi come "sono stato a far la spesa, ho approfittato del 3x2 sulla carta igienica"- in quanto per costoro il mantenersi in vita è requisito sufficiente per poter continuare a scrivere -, anche se credo che per costoro prima o poi sopraggiunga inelluttabile la noia, ancorprima della mancanza di idee.
Per cui dicevo: è un problema.
Ora mi chiedo: ha senso l'accanimento terapeutico? Ostinarsi a scrivere anche se in fondo siamo consapevoli che ciò che manca è un'idea di fondo? Per me no.
Ecco che quando arriverà quel giorno forse l'unica cosa sensata sarà chiudere baracca e burattini e salutar tutti.
Eppure, in questa indecisione tra il perseverare e l'arrendersi, ecco che Viscontessa ci viene in aiuto con una soluzione alternativa: il riciclo. Nel post che cito, l'illustre signora ammonisce: "Se oggi vorresti ancora dire tante cose, ricorda che domani potresti essere senza parole [...] Riciclare non solo si può, ma si deve."
Oltre che un atto di scaramanzia volto a scongiurare l'arrivo del giorno in cui ci troveremo a secco di idee (e prima o poi arriverà...), è anche un doveroso atto di profondo rispetto ecologico per l'ambiente Web, un atto che si pone l'obiettivo di riciclare quanto di buono è stato fatto nella nostra produzione passata, piuttosto che fabbricare da nuovo qualcosa di costoso, brutto, poco ergonomico, e altamente inquinante per la blogosfera.
Ricicliamo il vecchio e buono, diamogli una rispolverata e sottoponiamolo ad un secondo ciclo di candeggio agli occhi dei nostri lettori.
Finchè non sarà proprio slavato, si potrà ancora indossare e farci una discreta figura, mi dico.
Per cui per oggi vi sottopongo il post vecchierello sul dito pazzo Messenger.
E intanto prendo tempo e cerco di farmi venire un'idea migliore.

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domenica 9 settembre 2007

Uno sport alternativo

Telefonata:

- papà, come è finita ieri la partita Italia - Nuova Zelanda?
- (in sottofondo giungono echi da stadio di rugby) ah, cosa vuoi... 76 a 14... ci hanno stracciati
- mhhh beh ce lo aspettavamo
- eh si... potevano essere 21 anzichè 14 perchè all'ultimo minuto abbiamo fatto meta ma.. cambia poco
- eh beh, dai...
- è stata una batosta... ah, sono avvilito! (ironico)
- contiamo sulle prossime partite
- vabè che sono forti, ma avremmo dovuto esordire con una prestazione più dignitosa (serio)
- lo so
- comunque grazie, grazie... delle condoglianze, eh eh eh (divertito)
- ciao
- ciao
Mentre riattacco, lo sento che dice a qualcuno:
- era mia figlia che voleva sapere il risultato della partita...
(l'ultima sillaba della parola partita svela un pizzico di commozione e di orgoglio paterno, mentre i puntini di sospensione indicano che l'attenzione si è già spostata verso il campo di fronte, la palla ovale, e una squadra di ragazzi)

Sarà un caso, ma in questo breve scambio di battute non ho notato nessuna espressione del tipo:
ci hanno rubato una meta
erano fallosissimi
arbitro venduto
... e comunque noi non facciamo pace coi francesi, tiè!
scelte sbagliate dell'allenatore
i tifosi italiani contestavano Domenech, non l'inno

il fattore nervosismo
il fattore stanchezza
lasciamo parlare il grande assente, un anno dopo
troppo tecnici
poco tecnici
è che l'allenatore avversario dall'alto vedeva meglio la partita
è il problema del gioco all'italiana
non è una gara decisiva, eccheccavolo!!!
il potere degli sponsor
la vera sfida è la prossima. con tre punti in più era meglio. con tre punti in meno, beh, è peggio.

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venerdì 7 settembre 2007

Questione di etichetta?

Ovvero, di coloro che varcano la soglia dell'ufficio e si parano a gambe larghe in mezzo alla stanza, mani sui fianchi e gomiti alti, in atteggiamento mussoliniano, ispezionando ciò che accade e muovendo la testa come un periscopio senza proferir parola alcuna e attendono pazientemente che qualcuno alzi lo sguardo dal monitor e si decida e salutarli dando loro il buongiorno, e quando finalmente tu ti decidi a mollare quello che stai facendo per rendere loro il giusto omaggio che si deve a coloro che contano qualcosa o anche nulla ma che insomma si aspettano qualcosa in virtù di ciò che credono di essere, ecco che loro al tuo saluto non si degnano neppure di rispondere ma, soddisfatti della deferenza che gli hai tributato, si limitano a girare i tacchi e ritornare da dove sono venuti oppure si staccano dalla loro posizione di piccola vedetta lombarda per effettuare una passeggiatina di ricognizione nella stanza con le mani dietro la schiena, sì da perlustrare la situazione, per poi tornare alla loro bara senza dire un ciao o un vaffanculo, e infine quando arriva il giorno che si presentano a gambe larghe sull'uscio e tu stavolta decidi di non salutarli potessero rimanere in quella posizione per un giorno interno e morire di stenti, ecco che allora costoro, dopo un'incredula attesa di un paio di minuti, si decidono a varcare la soglia con aria allibita e ad alta voce attaccano a lamentarsi che nessuno li saluta e che in questo ufficio sono tutti musoni per poi ritornare sui loro passi sculettando stizziti.

"Soldato Palla di Lardo a rapporto signore! Il Soldato Palla di Lardo pensa che l'etichetta imponga il saluto al superiore, signore, ma pensa anche che sia segno di rispetto e umanità da parte del superiore rispondere al saluto della recluta, signore! E con questo signore il soldato Palla di Lardo ribadisce di essere una emerita merda degna solo del peggiore trattamento, signore, ma che nonostante questo non può esimersi dal pensare nè trattenersi talora dall'esternare le proprie inutile considerazioni, signore!!!"

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Puffiamo tutti insieme

Pare che io abbia lanciato una catena cui hanno risposto uno e due miei amici-ci (ahrahrahra).

La coniugazione dei Blogger.

Fantasia al potere in queste giornate d'ufficio nel mese di settembre (sob).
Freghiamocene del dizionario e creiamoci da noi dei verbi coi nostri surreali nick, sovvertiamo le regole, creiamo nuovi e personalissimi modi di dire, riappropriamoci di questo italiano che troppo spesso ci sfugge di mano e cuciamocelo addosso secondo le nostre esigenze.
Vestiamo di nuovo i nostri pensieri. Creiamo nuove stoffe, fogge e tagli.
Aumentiamo l'entropia linguistica.
Facciamo implodere il magico mondo della comunicazione.
Pazienza se nessuno ci capisce.
Tanto, voglio dire... c'è differenza?

I miei lettori, che son più creativi di me, mi hanno dato spontaneamente una mano:

Annalisa -che fa la profe- in perfetto stile libro Cuore mi esorta a tengere duro, che lei non mi tengerà mai. Neanche se dovessi finire al collegio dei birichini come Franti.
Majortom mi ricorda che il suffisso -tengi sa di Brasile. In effetti Divertengi è già una delle mie tag preferite. (La "g" di Tengi - ve lo dico ora - è da pronunziare alla franzosa, come in "jouer")
Domiziano si diletta col verbo tengiamare. Un giorno di questi mi farà arrossire in ufficio. (sono una smorfiosa, lo so)
Sporina è esperta latinista e suggerisce noli me tengire.
Greenkey infine mi parla di obbiettivi e risultengi e mi sembra il mio capo.

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giovedì 6 settembre 2007

Pruriginose fantasie

Alle ore 21.30 chiappino ha fatto una pausa per dire:

Insomma alla fine che mi importa di chi è questa Tengi che scrive. Voglio dire, io la leggo perchè mi diverte. Uomo o donna o anziano o comodino che sia, ecco, io la leggo perchè mi passo il tempo. Ecco perchè la leggo. Poco importa di come sia fatta.

Devo dire però che averla vista qui sul blog di Paco, in una foto così, per così dire, pruriginosa, mi ha un po' stupito. Di solito lei non le fa queste cose. Anzi guarda non credo neanche che sia lei in persona. Chissà, magari una prestavolto. Ma non importa, ripeto. Io la leggo perchè mi diverte e non mi pongo neanche la domanda di come possa essere fisicamente.

Ma non è che mi si è messa in testa di fare un calendarietto pruriginoso?

Eh no Tengi. Resta lì dove sei. Insomma, il bello del Web è proprio quello che dietro il PC siamo un po' tutti dei fighi, no?


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mercoledì 5 settembre 2007

Mi ritrovo così stanca...

... che per il tempo presente non mi rimane che affidarmi alla semplicità dell'indicativo.

Io tengo
Tu tengi
Egli tenge
Noi tengiamo
Voi tengete
Essi tengono

E se proprio mi rimane fiato per un vocativo
ai più affezionati tra voi potrei dire :

O voi tengini.

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martedì 4 settembre 2007

Ti prego dammi la forza di non mandarli tutti a quel paese

Sono queste le iniziative in grado di riavvicinare l'impiegato medio alla pratica del culto!
Ci hanno pensato per primi gli Inglesi, con una pubblicazione che solo un popolo dotato di un garbato e composto senso dell'umorismo (e di autoironia) può permettersi di leggere con la dovuta serietà.
L'articolo del Corriere che vi segnalo riporta le più interessanti "preghiere sul lavoro" proposte dalla Chiesa Anglicana.

«A Commuter’s Prayer» (preghiera del pendolare)
«Non sono riuscito a beccare un posto a sedere – neanche questa volta.
C’è troppa gente sul treno.
Siamo bloccati in un tunnel.
Tutti sospirano.
Non ci muoviamo. Inspiro –
«Riempimi di pace e di grazia, mio signore» – Espiro –
«Fa che io la condivida con gli altri. Inspirare. Espirare.
Per il bene della mia sanità mentale. Per il bene del Tuo regno».

«Brrring, brrring» (due squilli del telefono)
«Padre, mentre parlo con questa persona, concedimi un orecchio gentile e una lingua garbata».
(da recitare prima di sollevare la cornetta)

«Before Work» (Prima del lavoro):
«Vado avanti in Tuo nome, Signore, A perseguire la mia attività lavorativa.
Il Tuo nome, e solo il Tuo, sono deciso a conoscere in tutto quello che dico, faccio o penso».

Tra il serio e il faceto, le preghiere ammoniscono: ne va della nostra sanità mentale.
E poi non dite che non lo sapevate.
A questo punto urge rispondere con una raccolta italiana.
Si accettano suggerimenti.

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domenica 2 settembre 2007

Teo&Peo

Teo&Peo sono due fratelli in vacanza. Teo&Peo vivono a Roma, ma sono originari di un'altra città. Non parlano quindi con accento romanesco, anzi, ci tengono ad adottare una dizione pulita ed esente da cadenze regionali.
Particolare non da poco, Teo&Peo sono due bassotti.
Oggi Teo&Peo sono stati condotti in gita dal loro padrone, per una bella passeggiata lungo un torrente chiuso tra le montagne, in Calabria. Teo&Peo sembrano apprezzare il paesaggio. Appena arrivati, essi fuoriescono dal baule della geep del padrone come schegge impazzite.

- Arf arf! Fai largo, stupido cane! Mi devo sgranchire!
- Fai largo te, idiota d'un bassotto. Sei stato tutto il viaggio col muso fuori dal finestrino ad annusare l'aria, fratello. E io col padrone a fare il bravo cane e a sorbirmi le sue panzane.
fiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Teo&Peo odono il fishietto per cani del padrone ed accorrono. La comitiva ora sosta presso una piccola taverna per rifocillarsi prima della passeggiata lungo il greto del torrente. Teo&Peo mangiano i bocconcini di pane insaporito al formaggio preparati dal padrone. Peo mangia meno di Teo, che ingurgita anche i bocconi lasciati dal fratello.

- Perchè non mangi, stupido d'un cane. Guarda che questo ci farà camminare un bel po'.
- Mi tengo un po' morigerato. Ho avuto la cagarella nei giorni scorsi.
- Ah è vero. L'hai fatta sul tappetto a Roma. E la babbiona quando l'ha vista ha attaccato a gridare come un'ossessa. Ricordo. Eh eh, che spasso.
- Eh, eh. E la babbea non sa che prima di partire ho fatto un ultimo richiamino di cacazza sotto il letto. Se ne accorgerà al rientro. Quando la merdina sarà bella frollata.
- Idiota d'un cane! La babbiona ti ci ficcherà il naso dentro e attaccherà ad urlare "brutto canino cattivino!"
- Tranquillo, fratello. Il mio delicato tartufino non odorerà nessun roccolino di cacca. Farò gli occhi languidi, la babbiona si impietosirà e andrà a pulire la merda.
- Sei proprio un bastardo.
- Bastardo io? Ci ho un pedigree che te lo raccomando.
- Sai che ti dico? Sto pane insaporito al formaggio mi ha nauseato. Andiamo a vedere che c'è di buono in cucina.
...
- Ah ah ah! Hai visto la faccia della cuoca quando ci ha visto entrare?
- E' andata a lamentarsi col padrone.
- Ora stanno litigando. Il padrone ha deciso che non mangia per dispetto. Perchè ci hanno scacciati in malo modo, noi poveri, adorabili e pulitissimi cagnolini.
- See, pulitissimi. Stronzate.
- Idiota d'un animalista.

Teo&Peo si avviano in testa alla comitiva. Corrono a perdifiato vicinissimi l'uno all'altro, in perfetta sincronia. Le loro pancine si toccano di quando in quando. Le loro orecchie svolazzano. Si fermano di colpo nello stesso punto. Si voltano indietro in simultanea per controllare. Quindi proseguono sino al punto in cui il sentiero si interrompe sul ciglio del torrente.

- Prima io!
- No io!
- Sono appesantito dal pane.
- Fottitene, e corriiiiiii!
- Uaaaaaaaahh, che vita!
...
- Ferma fratello, sento acqua sotto le zampe. E ora?
- Cazzo. Bisogna guadare.
- Che significa?
- Idiota d'un cane. Dobbiamo attraversare il fiume, ecco che significa.
- Ci prenderà in braccio il padrone, eccheccavolo!
- Non credo. A momenti non sta in piedi nemmeno lui.
- Cristo. Beh, io mi do malato. E' ghiacciata quest'acqua. Mi riprenderà la cagarella.
- Beh, è profondo solo una trentina di centimentri.
- Ti faccio notare che le mie zampe sono alte quindici centimetri e che "bassotto" non è un nome di fantasia ma indica la nostra merdosa condizione di wurstel marrone con coda.
- Sei una lagna mortale. Sai che ti dico? Io guado. Tu fa' come ti pare.
- Merda!

Teo&Peo guadano il fiumiciattolo arrancando sulle loro zampette, attenti a non scivolare sui ciottoli viscidi. Dapprima insicuri e malfermi, dopo le prime incertezze essi prendono coraggio e approdano decisi all'altra sponda. Si scrollano l'acqua di dosso, e attendono.

- ehi ce l'abbiamo fatta.. oddio, mi fa male la pancia. Merda, lo sapevo, la cagarella...
- Fratello...
- Che c'è?
- Fratello!
- E dimmi!
- Siamo arrivati sin qui... non pensavo... eppure ce l'abbiamo fatta. Cristo, siamo meglio di quanto pensassi, fratello... significa che noi possiamo.
- Eh???
- Ascolta: abbiamo attraversato un fiume con le nostre schifose zampe d'appartamento. Significa che noi possiamo fare di più che indossare ridicoli paltò scozzesi e ammuffire su un divano, noi siamo nati per fare di più, fratello. Non fermiamoci, fratello!
- Mi sembri un'invasato.
- Cristo ma non capisci? sei più stupido d'un cane stupido. Andiamo fratello, scappiano. Noi possiamo farlo, capisci? La natura, la libertà, il mondo... noi possiamo, capisci? non fermiamoci, vieni! Bau!
- Bau!
fiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
-...
- Il fischietto del padrone.
- Tutte stronzate. Andiamo, dai! Bau!
- Lo sai anche tu... sono gli ultrasuoni. Ti entrano nel cervello. Ti spaccano la testa...
- Merda...
- ... mi fa male la testa...Dobbiamo...
- ... Eppure io lo so cosa sarebbe meglio per noi. Io lo so, fratello.
- Lo so, fratello.
- Io lo so....
- Al diavolo.
fiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Corrono verso di noi.

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