mercoledì 18 giugno 2008

Motorbike for Dummies

E' primavera.
E' tempo di motomondiale.
Donna.
Sappi che il tuo fidanzato, quello che passa la domenica a pulire la sua moto, a consultare siti on line per la compravendita di pezzi, a incollare sulla carrozzeria stupide decalcomanie che simulano profili in fibra di carbonio, a lavare e lucidare, mettere e togliere specchietti, maniglie, codoni e frecce, e che dopo essere rientrato dal box pretende di stamparti sulle tette le dita unte di grasso, è un povero sfigato.

I motociclisti veri sono altri, e di solito non si limitano a fare gli spari sulla tangenziale est. Hanno la residenza a Montecarlo, una ragazza discinta e tettona che gli regge l'ombrellino prima della gara, un'altra che gli porge la cannuccia del bibitone dopo la gara, e molte altre che esercitano nei loro confronti pratiche sessuali cui tu acconsenti solo un compleanno su due (quelli dispari).
Ecco, tu al massimo ti siedi su una panchina del lago di Como con un muso lungo fino ai piedi mentre lui, rivolto verso la moto parcheggiata a pochi metri da voi, mormora confuso: "non capisco, saranno le candele, eppure le ho appena cambiate."
La gare di moto coi piloti veri le puoi vedere in TV. Le moto gareggiano in diverse categorie: 125, 250, GP. C'entrano qualcosa con la cilidrata, ma comunque. Quel che importa è che lui le segue tutte, dalle 11 alle 14.40 della domenica pomeriggio. Non ti aiuta a preparare la tavola, divora la pasta come un cavallo la biada appesa al collo, imprecando quando ti frapponi tra lui e la TV e mentre beve il caffè a fine pasto, ti chiede di sederti accanto a lui che a sparecchiare ci penserete dopo - così la pianti di fare casino con le stoviglie.

Ci sono poi altre categorie di perversione come i supermotard. Sono moto enduro con le gomme da pista (enduro è quella moto con le gomme gibbose, quella da fango, quella più brutta che esista, quella che se il tuo moroso è appassionato di enduro, poveretta te). Le supermotard si guidano in controsterzo mettendo il piede fuori quando si fa la curva. Ti chiedi perché? boh. Ricorda: le motard ti consumano le scarpe.
(cito da wikipedia: "quel tipo di motociclista che non disdegna il bricolage sulla moto". Ho detto tutto.)

Le moto da gara sono (non esattamente, ma quasi) esteticamente simili a quelle che vendono dal concessionario (similitudine che non si ravvisa nelle auto da corsa, ad esempio). Ecco perchè il tuo uomo si esalta. Immagina tu di veder sfilare Naomi Campbell con il tuo vestito del mercato. Ti sentiresti inadeguata ma speranzosa.
Le gare di moto sono facili da capire. Vince chi arriva primo. Il bello è che durano poco. Il brutto e patetico è invece riscontrabile nelle seguenti pillole lessicali in auge tra i telecronisti:
"Sverniciare": atto di massimo sfregio praticato da chi supera a breve distanza l'avversario, quasi tanto da togliergli la vernice dalla carrozzeria, appunto

"Stare francobollati alla ruota": attaccati, vabè

"Staccate da paura": l'atto dello staccare il gas poco prima della curva e repentinamente; quando la fa il tuo moroso di solito segue ginocchiata nei coglioni;

"Rossi c'è" = Rossi ha vinto la competizione

"Piega" = fiducia cieca nel bilancio tra forza centripeta e centrifuga

"Tutti in piedi sul divano" = esortazione a stringersi insieme prima di abbandonarsi a gioia furibonda per la vittoria del beniamino.

[Questa voce di motociclismo è solo un abbozzo: contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Tengipedia, qui sotto, grazie.]

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martedì 17 giugno 2008

Un amore di bietolone

Ah! Questi uomini alti belli puliti depilati coll'occhio azzurro.
Ah! Queste storie d'amore assurde e pazze e commoventi.
Ah! La finzione del cinema.
Se non avete due ore da buttare ma solo cinque minuti, ecco quanto ho scritto su Mentelocale in merito a Un amore di testimone.

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lunedì 16 giugno 2008

Verso il grande passo

- ... un po' più a destra, un più in alto, ecco va bene. No aspetta, pizzico a sinistra... un po' di più... di più ancora... perfetto grazie.

- E voglio verde, tanto verde, capito? Un verde fresco come il verde erba, ma con un punto di scuro. Un verde particolare, un verde intelligente, ecco, non so se mi capisci.

- Ehi! Ma qui si muove tutto! Che figata! Il testo si comprime e si espande, và che roba!... Zzzic, zzzzac! Zzzic, zzzzac!... ehi. Ehi, aiuto! Mi si è incasinato! Aiuto, come si rimette a posto!!!

- Sì, la biografia, certo, la biografia ci vuole, come no. La data di nascita però non la voglio dire, dove lavoro non lo voglio dire, dove abito non lo voglio dire. E neanche il nome voglio dire, il cognome men che meno, cosa ho fatto prima d'ora a chi vuoi che gliene importi. Suggerimenti?

- Ma perché il corsivo viene fuori grassetto e viceversa? Ah, il foglio di stile, capisco... E chi glielo ha detto, al foglio di stile, di incasinarmi la vita???

- Scusa nini caro, mi puoi mettere quella cosa che quando uno refrescia la pagina cambia la frasetta di fianco al titolo? Eh? Cos'è che dovresti ciclare? Beh, se non è un problema facciamolo! ... solo che al momento ho solo due frasette in mente, saranno poche?

- Posso telefonarti una di queste sere così mi fai un mini corso?

- Sono proprio contenta, tu che ne dici? Certo, i suggerimenti sono ben accetti... come? L'immagine non c'entra, il rosa non ti piace, e la caricatura messa lì non ti dice nulla? Scusa sai, ma a te, chi cazzo ti ha chiesto niente???

- Questo scemo di editor allinea a sinistra, ma non giustifica. Non giustifica, capito? E' inammissibile che non giustifichi! Se non giustifica non ha senso. Io devo giustificare. Non si può fare, mi spiace.
Chiudi tutto e andiamo a casa.

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martedì 10 giugno 2008

Giuste parole

Se esistano parole giuste e parole sbagliate in senso assoluto, ecco, io questo non lo so. Mi sembra che attribuire il senso di giusto o sbagliato alle parole (se si escludono le correzioni grammaticali) sia comunque presuntuoso.
Vero è che in questo ambiente esiste una cosa che si chiama "autorevolezza" che viene attribuita a persone ragionevoli che si sa che quando parlano non lo fanno per dar aria ai denti, per cui se un tipo "autorevole" dice che una cosa è sbagliata gli altri lo stanno a sentire e se dissentono al massimo gli scrivono Non sono d'accordo, ma rispetto la tua idea, di certo non gli dicono Che grossa cazzata che hai scritto, sei un pirla.
Ed io, che non sono per nulla autorevole, mi aspetto sempre che mi si mandi a cagare, e così mantengo il basso profilo e cerco di non dire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Anche perché quando penso a cosa è giusto e cosa è sbagliato non riesco a relativizzare come giustamente fanno gli altri, ma ho la pretesa di pensare che la mia idea possa essere condivisa da tutti, e questo è sbagliato (e questa frase era in orgine scritta col "noi" al posto dell'"io", ma mi sono resa conto che era sbagliato, perché magari voi siete bravi a relativizzare, e beati voi, e allora ho modificato il soggetto).
Io ogni caso, il tutto è per dire che avrei tanta voglia di fregarmene e sparare qualche assoluta cazzata anche io, anche se non sono autorevole. O provarci, almeno. Un po' come quei timidi dei film, che quando arriva il cugino fico che li esorta a mollarsi fuori loro fanno un urletto soffocato mentre fingono penosamente di sbattere un pugno sul tavolo.

In fin dei conti, l'autorevolezza è una stronzata.
E il vento di ponente che si libra ogni tanto dai paraggi blogosferici è l'aria che ciascuno dà alla propria bocca.
Giusto o non giusto, scusate ma ora devo chiudere. Devo vedere una persona, un tipo a detta di tutti esuberante, anche se la parola giusta è arrogante. E il verbo giusto per questo lavoro è che Sfracella (le palle). E le parole giuste per farmi incazzare sono Fai come vuoi. E l'aggettivo giusto per certa gente è Sola. E il timore più giusto che si possa avere è quello che il proprio cervello vada in Atrofia. E il contesto giusto nel quale inserire questo monito è la Blogosfera. E la cosa giusta da fare è Ricordarselo ogni tanto e Farci i conti e Cagarsi addosso al pensiero che ciò accada.

E la parola giusta per quella tipa che venerdì mi ha fottuto le scarpe in palestra è Troia.

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venerdì 30 maggio 2008

L'impero dei sensi

Insormontabili difficoltà logistiche mi hanno impedito di vedere il film che Giorgio mi aveva assegnato per questa settimana, "9songs". Sarà per la prossima volta.
A mia discolpa, posso dire che ho fatto il possibile per reperirlo, e bando alla timidezza ci ho persino messo la faccia col commesso del videonoleggio, che appena mi ha sentito pronunciare il titolo del film che cercavo ha subito ribattuto: "E' un film erotico, vero?".
Credo di essermi fatta un nuovo amico.
Pertanto (e per me non è stato assolutamente un ripiego) ho rivisto L'Impero dei Sensi. Qui la mia primaverile recensione.

Un saluto dall'ufficio alias Impero della Pace dei Sensi

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lunedì 26 maggio 2008

Slow networking

Il tema della GGD di venerdì scorso era lo speed networking. Ci hanno preso e fatto fare una specie di gioco: dopo averci mischiato come un mazzo di carte napoletane ci hanno chiesto di voltarci verso chi ci stava di fianco e presentarci, parlare, raccontargli la nostra esperienza. Quattro minuti a disposizione. Dopodiché, cambiare persona. E così abbiamo fatto, per cinque volte.
Ha quindi preso la parola una ragazza che detiene il primato italiano di numero di contatti su LinkedIn. Mi sono chiesta quanti ne abbia, esattamente (se io sto sui cinquanta, lei come minimo ne ha mille), poi che cosa se ne fa di tutti questi contatti, e che testa bisogna avere per ricordarsi qualcosa di tutti, per non fare figuracce. E poi mi sono chiesta a cosa serve fare rete? E se è vero che alla GGD ho conosciute tante persone nuove e interessanti ed è stato molto carino, come mai il giorno dopo non ho saputo evitare l'amarezza di scoprire che almeno cinque persone che volevo conoscere erano lì e non le ho conosciute? Come diavolo ho fatto a mancarle, con la mia rete? Avrà dei buchi, la mia rete? Che razza di persona sono, io e la mia rete a groviera?

Ieri, con questi interrogativi in tasca, ho preso il treno per tornare a Milano.
A Romano il treno ha inchiodato. L'altoparlante sopra le nostre teste ha gracchiato qualcosa come Bzzz Causa investimento Graaaa Resteremo fermi Bzzz Prrrrt Almeno un paio d'ore.

Ho assimilato la devastante notizia con spirito zen, continuando ad ascoltare musica. Poco dopo, le batterie dell'mp3 hanno ceduto. Ho comiciato a scrivere messaggi. Quindi è partito anche il cellulare. Ho letto due righe e mi si incrociavano gli occhi. Dopo soli venti minuti già non sapevo più che fare. E così, mi sono ricordata della GGD. Mi sono girata verso destra, e ho attaccato bottone con il vicino, concedendomi almeno venti minuti prima del cambio, ché tanto a Romano ci dovevo stare due ore. Il tipo era straniero. Ho sfoderato il mio inglese scolastico di epoca elisabettiana e gli ho chiesto di lui. Si chiavama qualcosa che non ho capito, veniva dall'Australia. Ha girato mezzo mondo con la moglie, che sedeva di fronte a lui, e ci scommetto che un simile casino ferroviario solo da noi l'ha beccato. Mi ha parlato di squali e di natura. L'altoparlante ci ha interrotti per comunicarci che avrebbero attaccato un locomotore al sedere del treno per farci rinculare fino a Bergamo e da lì prendere la Via delle Spezie per arrivare a milano. Non sapevo come spiegarglielo, all'australiano, perché non sapevo come si diceva locomotore, e il senso del piano B di Trenitalia stava tutto lì. Mi sono fatta capire lo stesso (credo di avergli fatto ciuf ciuf), tanto che alla fine ha detto "engine". Cazzo, engine vuol dire un sacco di altre cose, oltre che locomotore. L'inglese di oggi fa girare sempre le solite quattro parole, era meglio quello di epoca elisabettiana. Mi sono voltata alla mia sinistra e ho iniziato a fare network con Roberto, che a luglio si sposa e voleva andare in Australia in viaggio di nozze, ma non ce la faceva coi soldi e così va da un'altra parte. Poi ho parlato con la moglie dell'australiano, che aveva addosso tanta di quella chincaglieria che neanche la Madonna degli Ori. A un certo punto lei si è tolta una scarpa e ho avuto paura, perché potete immaginarvi l'aria fetente che c'era un quel treno affollato, e voglio dire, non avevamo certo bisogno di rinforzi. Dalla scarpa è uscito un calzettone verde marcio tutto costellato di pallini di lanetta urfida. Questa ci ammazza, ho pensato. E invece no, nessun odore. Ma quando si è poggiata la scarpa sulla gamba, vicino al libro che stava leggendo, che anche se era un bestseller di quarta categoria era pur sempre un libro, allora sì, mi ha fatto un po' schifo. Allora sono scesa dal treno e nella sala d'aspetto della stazione ho aiutato un tizio che armeggiava col distributore di caffè; un tizio che forse era sordo, perchè ho provato in italiano inglese e francese ("ça ne marche pas!") ma lui non rispondeva, e così ho fatto network a gesti: ho allargato le braccia per significare Che ci vuoi fare, poi ho fatto un gesto ampio verso l'esterno per dire Tanto siamo tutti nella stessa barca e poi ho sorriso e gli ho detto Ciao a presto scandendo stupidamente le sillabe. Poi sono salita sul treno e via di nuovo con gli australiani, che nel frattempo si erano comprati una sleppa di pizza.

Dopo tre ore il treno è ripartito e dopo mezz'ora è giunto a Milano. Molte delle persone con cui ho parlato non le ho nemmeno salutate. Alcuni dormivano, altri erano scomparsi. Sono scesa in fretta, pensando al taxi che dovevo prendere, a casa mia e al mio lettino. Ho visto molte persone sfilare via lungo la banchina, ognuno maledicendo in cuor suo lo stronzo che ha avuto la bella idea di buttarsi sotto un treno, di domenica. Poco a poco, sono spariti tutti.

La rete nel nostro caso è stato un mezzo per passare il tempo. Per qualche istante eravamo uniti nel pensiero che che le ferrovie fanno schifo e che siamo stati proprio sfigati. E di quelle due ore in cui io e gli altri siamo stati insieme, siamo stati noi, è svanita a poco a poco la traccia. I rapporti che abbiamo allacciato si sono sciolti come zucchero nel caffè. E' stato solo un caso, una coincidenza, quella che ha fatto sì che spontaneamente ci parlassimo. E ora, dell'immenso potenziale umano di cui ho solo percepito l'ombra, quanta parte è rimasta? Quanta parte si è sedimentata sul fondo della tazzina? Avrebbe avuto senso raccoglierla? Non lo so. Anche volendo, non è possibile avere esperienza e serbare tutto il potenziale che c'è. Non è possibile tenere tutto e tutti quanti nel palm(are) della nostra mano.

E' anche vero però che di quello zucchero che si scioglie rimane comunque un lieve sapore in bocca. Il ricordo. E di piccolo un ricordo se ne possono fare altri cento, in quella che è davvero una rete, quella sì. Emozionale. Altre cento persone di una persona, altre cento storie di una storia, ogni volta che la raccontiamo, per come la raccontiamo, per come gli altri la ascoltano.

E anche di questa storia, magari, per come ve la sto raccontando io ora. Anche se solo per cinque minuti vi siete girati da questa parte. Anche se tra poco sparirò, anche se non sapete nemmeno chi sono.

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venerdì 16 maggio 2008

Ken Park

Per chi ne ha voglia, altre due chiacchere su un'altra pellicola per la rubrica sui film osé.
Dopo il Rocco nazionale, è la volta degli adolescenti di Larry Clark.
Ken Park [2002]

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mercoledì 14 maggio 2008

Apocalisse di Giovanni

Dopo una necessaria fase di rodaggio iniziale, e una non meno doverosa fase di transfer ("sono triste? lui mi consola. sono felice? glielo racconto. patisco? lui lo sa. vado in bagno? non glielo nascondo"), posso dire di aver finalmente instaurato col mio blog un rapporto sano e spontaneo.
Scrivo quando mi va e non per obbligo. Lo lascio languire per intere giornate, per poi ripigliarlo per i capelli a notte fonda. Quando mi annoio, medito serenamente di chiuderlo immaginando un universo alternativo in cui Internet muore e nessuno va al suo funerale. Leggo i commenti e me li gusto. C'è un mondo dietro. Mi sollazzo del plauso degli affezionati così come dei nuovi lettori. Mi esalto, mi avvilisco. Vivo, insomma. Anche qui.
Son lontani i tempi cupi delle statistiche, dei due tre meme idioti in cui sono incappata mio malgrado (ero giovane e inesperta). Son lontani i garini, i manini, i primini della classe. E chissenfrega degli accessi, delle numero di visite (che quando sono troppe, è tutta gente che si presenta a mani vuote, tanto per leggere qualcosa mentre si scaccola e al termine tirare un rutto), chissenefrega dei visitatori ("ma sono unici? se non sono unici non conta, cazzo!"). Mi importa una sega, ché certe volte quello che conta è sbronzarsi e per sbronzarsi bastano quattro gatti. Ogni tanto sparo anche quattro cazzate nella Web Radio della Blogosfera. Sotto pseudonimo, per dire quello che mi importa (non della radio, ma di far sapere che sono Io, La Tengi, quella che parla. Che poi Io chi? Io come? Io quale?).
Insomma. Passata la fase bipolare, posso dire di essere serena.
Serena, appagata, felice.
Tutto è compiuto.
Per sempre.

Ma ora.
Chi cazzo è che mi ha detto che sta per tornare Blogbabel?!?

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lunedì 12 maggio 2008

Iron Man

Pezzi d'Ufficio porta bene!
E fu così che l'anonimo commentatore meglio noto come Don Cosciotte, intervenuto polemicamente su un mio post, tanto da meritarsi un'apparizione a solo sul blog, è stato notato dall'esimio rettore dell'area cinema di Mentelocale, e oggi è con me nella rubrica "Visto da Lei, visto da Lui", che potete leggere qui.
Voci di corridoio sostengono che don Cosciotte, dietro richieste di donne scatenate che gli vogliono fare la pelle, sarà presente alla prossima Girl Geek Dinner.
... ah, dimenticavo, abbiamo visto Iron Man. Vabbè.

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venerdì 9 maggio 2008

A buon rendere

Tra poco ci saranno delle premiazioni.
Primo secondo e terzo classificato, con ricchi premi e cotillon.
E se è vero che "a questo successo hai contribuito anche tu", se è vero che qualcuno un giorno ti disse che ci sarebbe stato qualcosa anche per te, è anche vero che non hai avuto bisogno di particolari promesse per darti da fare. Progettare, pianificare, proporre, esporre, e accettare di buon grado i costruttivi suggerimenti dei rompicoglioni. E rivedere, modificare, aggiornare, coinvolgere e spiegare. E poi rispiegare daccapo, per l'ennesima volta, perché c'è sempre qualcuno che non capisce.
Ora però, anche se è vero che nessuno ti ha giurato nulla col sangue, qualcosa te lo aspetti ugualmente. Un po' come le storie di sesso, che prima ci si mette d'accordo che è solo una storia di sesso, che lo si fa solo per trombare, e poi non è mai così, poi finisce sempre che uno dei due si aspetta qualcosa. Anche solo un cinema il venerdì sera o un gelato, la domenica, al parco.
Muoiono così i migliori entusiasmi.
Muoiono nel modo peggiore, cadendo nell'oblio di chi per primo li provò.

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mercoledì 7 maggio 2008

Ufficio portinai

Ebbene sì, lo ammetto.

Il file scaricabile da EMule con le dichiarazioni dei redditi del 2005 dei contribuenti di Milano è arrivato anche sul mio PC.

Cioè, dai, ce l'ho qui. Che faccio? Non lo guardo?
...
Strabiliante. Nomi e cognomi, date di nascita. Cifre. Sbattute lì, così.
Il giochino d'ufficio di questi giorni è sbirciare e commentare. Prima i dirigenti, ovvio. Sui quali sono più le conferme delle sorprese. Dopodiché si passa ai livelli medi. E lì si che se ne vedono delle belle. Ci sono degli insospettabili: maglioni lisi, scarpe bozzate, dopobarba puzzolente, ma dichiarazione da urlo. E lì scatta il lutto dell'impiegato medio. Perché si può stare a parlare quanto si vuole di meriti e demeriti, ipotizzare aumenti e gratifiche, spizzare con invidia l'auto nuova fiammante o il palmare figo, ma quando carta canta, c'è poco da fare. Non resta che prendere atto e mettersela in saccoccia.

Per dire io mi farei del gran male a tirar fuori l'elenco della mia città natale e misurare cosa ne è accaduto dei miei ex compagni di liceo, per dire eh. Di quello bocciato tre volte, di quello che mi metteva le mani addosso, di quello che non si applicava, di quello secchione.
Non credo che lo farò: è primavera e non mi va di rovinarmi la tempesta ormonale con altri pensieri.

E' stato detto di tutto, sull'utilità vera o presunta di queste pubblicazioni. Non ho un'opinione precisa al riguardo, almeno se qualcuno non mi spiega prima in che cosa dovrebbe consistere il controllo tributario da parte dei cittadini.

Quello che è certo è che qui è la curiosità a farla da padrona. E l'invidia. O meglio, la necessità di conferme. La rassicurante consapevolezza che il capo dichiari un sacco di grana, che noi al contrario non si abbia manco li soldi per chiagnere, che lo stronzo del terzo piano è-un-lecchino-che-ha-fatto-carriera- grazie-agli-amici-del-padre e che la carognetta del secondo è-una-profumiera-che-l'ha-fatta-annusare-molto-bene-in-giro, vedi-quanti-soldi-si becca-per-non-fare-un-cazzo. Insomma, il pianerottolo dei piccoli. E ciò mi pare inconfutabile.

E come ogni balocco da portineria, presto arriva e presto finisce. E tra poco si parlerà d'altro.

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giovedì 24 aprile 2008

Il crotalo

[...]
Ad ogni primavera, il crotalo fa la muta della pelle. Si riveste di un nuovo manto dai colori sgargianti che lo rendono particolarmente attraente. Quindi esce dalla sua tana e si presenta di fronte alla sua preda. Questa lì per lì non lo riconosce, dato che ha cambiato pelle, e ignara di ciò che accadrà accetta di seguirlo a caccia di cibo.
I due si avviano sotto un tiepido sole. Il crotalo è al massimo della sua forma. La preda lo segue speranzosa. Ma dopo aver percorso qualche metro sente che c'è qualcosa che non va. Si blocca. E' pervasa da una insopportabile sensazione di malessere. La lingua allappa, la testa le gira e le gambe le si fanno molli molli. Si senti infetta, intossicata.
Percepisce nettamente un dolore acuto ad un braccio. Alza la manica per controllare. Ci sono due piccoli fori rossi da cui escono un paio di goccine di sangue.
Alza la testa confusa.
Poco prima di crollare a terra riesci a voltarsi verso il crotalo.
Lui è lì che la osserva compiaciuto. Un piccolo rivolo color rosso rubino gli scende dall'angolo della bocca. Un dentino aguzzo luccica al sole.
Non vede più nulla.
[...]

Prima che le forze mi abbandonino, ci tenevo a ricopiare questo estratto del National Geographic perchè tutti possiate beneficiarne.
Ho un dolore lancinante alla spalla. Non riesco a girare la testa, ma sono sicura che è lì che il crotalo mi ha morsicata. Dev'essere stato mentre stavamo mangiando. Non me ne sono accorta.
Il veleno è penetrato in piccole perle color verde smeraldo.
Sta facendo effetto rapidamente.
Provo a strizzare con due dita il punto in cui mi ha ferita. Vediamo se riesco a far uscire qualche goccia.

... Tizio che è entrato in azienda solo perché trombava con Caio...
... le ingiustizie che ha fatto sì che ad alcuni impiegati (tra cui il crotalo stesso) fosse impedito di partecipare al recente meeting svoltosi in lussiosissima località di villeggiatura...
... i retroscena di giustificata incazzatura da parte degli illustri esclusi...
..la tirchieria quello stronzo che in due anni non ha mai pagato un caffè di tasca sua...
...la dabbenaggine di colui che per due anni ha offerto il caffè al taccagno di cui sopra...
...il fancazzismo di una collega...
... e poi il suo sedere...
... è troppo grosso.

Mi sento un po' meglio.

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lunedì 21 aprile 2008

Il cacciatore di aquiloni

Non so, è che sono andata a vederlo con la mamma. Mi capita di rado di andare al cinema con lei. E allora boh, forse con la recensione di oggi mi sono fatta prendere un po' la mano. Ma chi se ne importa. Del resto, lo hanno già visto/letto tutti.

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venerdì 18 aprile 2008

L'uomo merda

L'uomo merda cammina avanti e indietro per la stanza. E' teso come una corda di mandolino. L'uomo merda ha le mani in tasca e la mascella serrata. Ogni tre passi, e precisamente ogniqualvolta inverte la direzione di marcia, si passa la mano sulla fronte per ricacciare all'indietro un ciuffo ribelle.

Il fatto è che soffre di quel tipo di calvizie che aggredisce le tempie pur lasciando la sommità della zucca piena di vispi capelli. E così è costretto a far scendere a valle i capelli in cima al cucuzzolo per coprire le zone spelacchiate. Non è proprio un riporto, diciamo che è un avanporto. Un avamporto. Un avamposto, sì, anche. Dal quale osservare le reazioni degli altri e dietro cui celare le proprie intenzioni. Una coltre dietro cui ripararsi dagli sguardi indiscreti. Una cortina di vello. Una testa di ponte. E anche una testa di cazzo, a volte.

Ma per tornare a noi, diremo che l'uomo merda oggi è frenetico. Deve parlare con una persona e perciò attende. Sebbene non lo dia a vedere, noi pensiamo che si stia per spazientire.
Avete presente quelle persone che trasmettono ansia? Ecco, così.
Il nocciolo della sua ansia sono le mani. E' lì il nervo scoperto. Le mani non ingannano. E così impiastriccia il suo palmare di ditate unte. Il PC non ne parliamo. E poi tocca. Tocca tutto: tavoli sedie, spalle, corpi. Tocchicchia, sprimaccia. Ma mica palpa, semplicemente si assicura che tutto sia al suo posto.

Il fatto è che non sarebbe neanche un brutto uomo. E però uno così le fantasie te le ammazza. Uno così le fantasie te le soffoca nel limbo delle intenzioni inespresse, nell'anticamera del giudizio che prescinde dalla conoscenza, costringendoti ad arroccarti in cima all'ultima torre di difesa sopravvissuta agli attacchi degli altri pirla venuti prima di lui, obbligandoti ad esporre lo striscione "non vorrei neanche se potessi".

L'uomo merda ha fatto delle scelte. Ogni scelta ha le sue conseguenze. L'uomo merda schiva le conseguenze delle proprie scelte come la merda. La cacca però non fa che accumularsi. E qualcosa bisogna fare.
Ecco, la persona che stava attendendo si è liberata. Si sistema la giacca, e si avvia a testa bassa. Il ciuffo gli ricade sugli occhi.
Si ferma, imbraccia la vanga. Si prepara a raccogliere la prima palata e a scaraventarla il più lontano possibile.

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mercoledì 16 aprile 2008

Chi è senza MySpace scagli la prima pietra

Trovo che la blogosfera abbia un atteggiamento al limite dello snob nei confronti della piattaforma MySpace.
Io non sono da meno. Però almeno ci ho provato. E per ben due volte.
Col secondo tentativo ho raggiunto un decente livello di soddisfazione: la mia pagina mi piace, ho qualche amico, due o tre richieste di add, un piccolo blog in embrione sul quale non scrivo mai e se scrivo son solo cazzate da due righe di cui mi vergogno, insomma cose così.
Eppure. Non riesco a farmelo andare bene.
Odio il fatto che ci metto due ore a sistemarmi la pagina come piace a me, con i miei colorini e i miei font, per poi scoprire che questa contiene degli elementi immodificabili che comunque la rendono un patchwork di caratteri e stili e colori.
Non sopporto i messaggi (risposte, reply, come si chiamano?) grandi come un lenzuolo, solo per dire Grazie per l'Add. Non sopporto di veder la pagina costellata di inviti a questa o quella festa, a questo o quel concerto di musica che non ascolterei manco sotto tortura. Non sopporto l'orribile foto sgranata di Tom in maglietta, e che se ne facesse una migliore che diamine.
Per deformazione bloggara mi viene da rispondere ai commenti sul mio stesso MySpace, e invece no, su MySpace si usa andare a rispondere sulla pagina dell'amico, sicché la sequenza di messaggi diviene un delirio disgrafico senza senso, a conferma della teoria che se diamo una tastiera in mano ad una scimmia è probabile che la scimmia faccia meglio. Nel senso che nel 90% dei casi una scimmia fa meglio.

da XXXNote: INVITO MEGA DISCO PARTY - Canicattì, 15 maggio
da Pesciolina: solo di notte... :-D
Da Jim: cazzoooooooooooo domani noooooo
Da Lord Fontleroy: Mi manca la mia mamma
Da Titta: Thanks for the add
Da Mago: il galletto al vino
Da Santo: impara l'arte e mettila da parte

Non sopporto dover andare a caccia per tutta la pagina delle modifiche che ho fatto dal pannello di controllo. Non sopporto dover inserire per forza una data di nascita (su MySpace se notate impazzano i centenari). Non sopporto che ti dicono che per cancellare certe sezioni basta scriverci dentro quel tag con la Z e poi non è vero, non spariscono mai. Non sopporto le bugie.
Non sopporto i miliardi di pulsanti. Non sopporto il casino.
Non vedo perchè dovrei affannarmi a saltapicchiare di qua e di là a seguire le discussioni degli altri, per poi scoprire che non ci sono discussioni in corso.
Non sopporto di non avere il controllo sulla mia pagina, non sopporto dover per forza indicare degli interessi, non sopporto di non capire a che diavolo serve.
Se qualcuno mi convince, lo ringrazio per l'Add.

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venerdì 11 aprile 2008

Redazione

Che poi capita che alla fine in redazione ci vai, a vedere com'è. E scopri che è una piccola comunità, che coloro che ci lavorano vivono tutti insieme appassionatamente. Mancano quelle sovrastrutture tipiche dell'azienda, le gerarchie.
Le scrivanie sono ingombre di fogli, cancelleria, oggetti personali. Altro che la politica della "scrivania pulita", secondo la quale quando te ne vai a casa non devi lasciarci sopra nulla di tuo. Si sa mai, lo spionaggio aziendale e quelle balle lì. No, qui è come a casa. Se c'è frenesia, non si vede.
Qui mi chiamano blogger. Cos'è, un modo di essere, uno stile di vita? Qui mi chiamano Tengi. Anche il capo mi chiama Tengi. Il che mi fa sorridere, cioè, mi sembra strano. Ma che cos'è un nome, in fondo? A Tengi sono affezionata e mi sta bene così.
O insomma, come gita non è male. E' tutta un'altra cosa, rispetto ai soliti venerdì lavorativi. E persino i tasti di questo pc che mi è stato concesso in uso hanno un suono gradevole. E sono nel centro di una bella città e non ci sono luci al neon e la sedia è comoda.
Il fatto è che mi conosco, e so che potrei anche affezionarmici.
A domani ci penserò domani. Per adesso, navigo, twitto e scrivo le mie brave righe sul blog. Sennò che blogger sarei.

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mercoledì 9 aprile 2008

Sottopancia

In disperante progressione, ecco tutti i subnick da me utilizzati su Gtalk negli ultimi tempi.
Grazie al mio Biografo Ufficiale che ha pazientemente annotato bit per bit.

Le fottìadi
Le merdìadi
Momento kiwi
Momento piso
Momento teso
Momento leso
Momento lesbo
E che vada tutto a remengo
Momento odio
Momento tedio
Momento disordine
Contro il disordine, momento Activia
Momento di lavorare
Momento da dimenticare
Momento tipico
Momento stitico (degli altri non mio)
Momento statico-incagliato
Momento freezer
La vita è un doppio marone
Momento segretaria
Momento stenodattilografa
Momento trittico: fame sete sonno
Momento servilismo
Momento creative
Delirio di onnipotenza
Momento ridimensionamento
Casual friday & dirty shoes
Momento certosino
Momento di fino
Che incubo
Timide schiarite all’orizzonte
Invidiosa di Miriam, di brutto!
Momento null
Momento cotica
Momento cosmico
Prima caffè e poi se ne ragiona
Preso caffè ma non si ragiona uguale
Bistecca in graticole
I calcoli di Nonna Dada
Zitto zitto fa finta de gnente
Sonnia
Ci riprovo con myspace
Il Grifon d’Oro
Dal Tubo non nasce un Tubo
Le Grand Guignol
Le Grand Bignol
Cerco casa
Per partito preso
Per partito speso
Le cotolettìadi.

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lunedì 7 aprile 2008

Juno

Andatelo a vedere che fa bene al cuore.

[Continua a leggere la recensione su Mentelocale.it]

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martedì 1 aprile 2008

Pochi consigli, un solo esempio

Dedicato a chi vuole cambiare lavoro (me in primis)

Siate curiosi. Mettete il naso ovunque. Non abbiate paura di chiedere. Studiate, studiate, studiate. Siate schietti e sinceri, ma senza rinunciare all'educazione. Abbiate sempre rispetto del vostro lavoro, per quanto insoddisfacente, per quanto precario. E proponetevi altrove. Abbiate il coraggio delle cose che sapete. Pensateci sempre due volte. Valutate bene i pro e i contro. Dopodiché, fregatevene.
Buttatevi.

In bocca al lupo al migliore esempio di tutto ciò a uno che pur seguendo questi consigli si merita il peggio del peggio, lui e i suoi Pesci d'Aprile.

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lunedì 31 marzo 2008

Bignolini

Dita impiastricciate.
Di fronte a noi, sul tavolo scuro, un vassoio mezzo vuoto. Bignè, frolle, italiane.
Siamo in pochi e disposti a cerchio intorno al tavolo. In mano non abbiamo nessun bicchiere.
Guardiamo il festeggiato. E' un ragazzo. E se ne va. Oggi ultimo giorno. Piccolo party.
Siamo qui da cinque minuti. Lui sta raccontando degli aneddoti. Noi non raccontiamo nulla, ci limitiamo a sottilineare i punti salienti della sua narrazione aggiungendo qualcosina ogni tanto. Non vogliamo rubargli la scena proprio oggi.
La scena si compone di assi flottanti, tavoli e sedie, come nella migliore tradizione checkoviana. Al posto dei latifondisti, ci sono gli impiegati che si guardano la punta delle scarpe. Al posto dei libri contabili, i computer. Al posto del pianoforte, una fotocopiatrice.
Irina fa un commento sul tempo. Il ragazzo racconta di quella volta che gli hanno aperto la macchina, nei minimi dettagli.
"Mi riprendo il mio termometro" dice, mentre si alza e sfila dal chiodo un piccolo termometro di legno tutto rovinato. "E' mio, me lo porto a casa". Lo infila in tasca.
"Quando inizi la tua nuova avventura?"
"Domani"
Ci chiediamo quanto è il caso di rimanere, ancora.
"Bene!", esclama uno di noi, dando la sveglia a tutti quanti. Commiato. Bacio bacio.

* "Vedrai, Mascia, andremo tutti a Mosca. Si, ci andremo, e il giorno prima di partire anche noi daremo un piccolo party, e offriremo a tutti leggeri bignolini, tartufini di cioccolato e piccoli marzapane colorati. I bignolini, Mascia, vedrai.
A Mosca, a Mosca." [op.parod.]

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