lunedì 23 giugno 2008

Una volta tanto

Mi sono ritrovata una patacca d'olio sui pantaloni: come si smacchia?

[scusate se uso il blog per questi miseri fini, è che son disperata]
[pantaloni di cotone color kaki, stupendi, mi fanno un bel culo]
[li ho già lavati in lavatrice]
[vi prego]

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9songs

Ok ragazzi, stavolta ci siamo. Questo è un porno vero. Qui si vede tutto. Ma proprio tutto. Dunque, preparatevi: sceglietevi il giusto compagno per la serata. Niente genitori o parenti, per amor del cielo, a nulla servirà la scusa della "pellicola intellettuale". Qualche amico caciarone, sì, può essere una buona idea, per stemperare l’imbarazzo fingendo sbadigli. O il vostro compagno, per liberarvi finalmente dagli ultimi pudori e, chissà, dare una svolta alla serata.

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martedì 17 giugno 2008

Teniamo duro

Finisci tu di sparecchiare, tra dieci minuti inizia la partita.
Te la puoi scordare, voglio vedere "Ricordati di me".
Stai scherzando, vero.
No, non scherzo affatto.
C'è la partita.
Il calcio non ti è mai interessato.
E' la nazionale.
Ogni due anni 'sta storia.
Non ne voglio neanche parlare.
Neanche io.
Per una volta che sono a casa.
Per una volta che c'è un film decente.
E' un film di merda.
La partita mi annoia.
E fammi contento.
E fammi contenta tu!
Mi è venuta un'idea.
...?
... sì, quello.
Mi sta bene.
Però sul divano e con la partita in sottofondo.
No, a letto e con la musica che piace a me.
Guarda che al buio con la luce della televisione è arrapante.
Guarda che a letto con la musica giusta è sensuale.
Facciamo divano con la partita a basso volume.
Va bene per il divano ma con la musica di sottofondo e televisore col mute.
Non transigo sul volume, devo sentire.
Va bene il volume basso, ma niente richieste strane.
Andata.
E se segnano non esultare.
Non esulto ma ogni tanto cambio canale sull'Olanda.
Sei pazzo?
Devo avere un occhio per l'Olanda, sennò è inutile che abbia un orecchio per l'Italia.
Un orecchio all'Italia, un occhio all'Olanda... e a me cosa rimane?
Ti rimane abbastanza.
Mi sembra squallido.
Buffon dice che dobbiamo tenere duro.
Non sarà facile.

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domenica 8 giugno 2008

Let's rock

Arriva la tua amica che ti preleva e ti porta a questo concerto. E' il festival del rock indie, e tu pensi che forse sei un po' vecchia per queste cose. In fondo queste band di ragazzini che rockano ti hanno sempre messo un po' a disagio: è musica che non sai come ballare, se si esclude il movimento su e giù di capoccia. E poi è musica che funziona male se non hai una birra in mano e una sigaretta nell'altra, e per te è sempre stato così. E allora forse non è che sei troppo vecchia per queste cose: lo sei sempre stata, e anche se oggi hai la birra in mano lo stesso ti senti fuori luogo. Che poi a dire il vero ti sarebbe piaciuto ascoltare Meg, artista compagnia di serate di uggia dell'animo, ma cantava la sera prima, e stasera ci sono gruppi sconosciuti, ma alla fine prendi e vai lo stesso. E' ancora tutto bagnato di pioggia, ma la musica morde, le chitarre stridono, e la birra scorre a fiumi. Ti gira la testa, ma c'è gente simpatica.
C'è insomma questo festival, particolare nel suo genere, organizzato da amici che hanno qualcosa da dire e il rock nel cuore. Un festival che richiama migliaia di persone, ma che ancora non ha i cessi chimici, però il biglietto costa poco e la birra è a soli 3 Euro, e la gente si dà da fare a limonare ad ogni cantone. Dato che ci sei, ti fai quattro risate, anzi quattordici, ti ascolti la musica e ti diverti. E ci voleva tanto, cazzo.
Immancabile, ti sale un po' di tristezza, mentre ti avvii verso la macchina con una pipì da urlo, guardando il telefonino. Ancora dieci minuti, poi altri quindici, e sarai finalmente a nanna.
Dopo un sonno ristoratore di undici ore, ti alzi e ti fai un caffè meditabondo mentre guardi "Senti chi parla 2" sognando un marito come John Travolta e ti ritrovi a pensare quanto poco rock'n roll sia tutto questo.

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lunedì 19 maggio 2008

Dancing with myself

Corso Buenos Aires.
Auto in coda, lato passeggero.
Finestrino abbassato e gomito fuori.
Testa china a battere il tempo.
Pomeriggio tardo.
Cameretta, ai piedi del letto.
Gambe incrociate. Capelli crespi e cerchietto di plastica. Occhiali rossi.
Ohh-ohh-oh-oh!
Motorini in fila. Aria condizionata che picchia sul viso. Telefonino in tasca e una mail che frulla in testa.
If I had a chance I'd ask the world to dance, If I had a chance I'd ask the world to daaaaaance!!!
Libri a terra. Cornetta ancora calda. Telefonata urbana senza prefisso. Caldo, caldo, caldo. Bici in garage e un bigliettino in tasca. Ci vieni a vedermi domenica pomeriggio? Quando vuoi, bambino. Tu ancora non lo sai ma sei mio.
Well I wait so long for my love vibration and I'm dancing with mys-e-e-lf!!!
Alcool che picchia. Questa macchina è troppo piccola. Ed è di nuovo estate, amico mio. Un racconto in canna, due parole in sms, troppi aperitivi e poca palestra. Siamo ancora qui, ci crederesti? In fondo è perché ci stiamo bene.
Ohh-ohh-oh-oh!
Stereo musicassette col sinchro-start. Mamma che bussa alla porta. E vattene. Ritagli di giornali. Telefonate anonime. Lo vuoi sapere un segreto. Mi piace lui, non vivo più. Bambino portami dove vuoi.
Dancing with mys-e-e-lf!!!
E perché non ce ne andiamo. Cosa stiamo aspettando. Non sto più nella pelle. Sgasa a più non posso, fammi divertire. Portami dove vuoi. Beviamocela tutta. Ho il doppio degli anni di quando ero cretina e cantavo a squarciagola Ohh-ohh-oh-oh!
Ohh-ohh-oh-oh!
Stasera se mi lasciano sto fino alle 10. Chiedo a lui se mi accompagna a casa. In bici sulla canna. Caldo, caldo, caldo. Metterò la gonna. E non sto più nella pelle. Portami dove vuoi bambino. Prima che la canzone finisca. E beviamocela tutta. Perché ho già la metà degli anni di quando sarò troppo vecchia per ascoltare Dancing with myself e urlare Ohh-ohh-oh-oh!
E Ohh-ohh-oh-oh!
Ohh-ohh-oh-oh!
Ohh-ohh-oh-oh!

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martedì 6 maggio 2008

Polemica!

Qui di seguito trovate la mail di un caro amico che mi ha scritto in risposta al post precedente..
Noto in essa un forse eccessivo livore, solo in parte giustificato dal mio post, che di fatto lasciava spazio ad una possibile apertura verso un mondo in cui non tutte le donne sono cloni della signorina Rottermeier a caccia di monelli da educare. La pubblico comunque con orgoglio, perché - se non si pensa che può corrispondere a verità - è molto divertente.
Io nel frattempo faccio la mia parte di donna im-perfetta, procurando di non abbandonare mai i gambaletti, di ubriacarmi sempre di più e in modo più molesto dei miei accompagnatori maschi, e di usare le canottiere fino allo sbrindellamento, le calze sino al logorìo, e i pantaloni sino allo sfiancamento del cavallo. E ci provassero a farmi cambiare.

"Ogni tanto, non sempre – lo ammetto – mi affaccio sul tuo blog come a una finestra sulla campagna senese, sicuro che una rondine mi accoglierà cinguettando. E invece stamattina mi sono imbattuto in un piccione con la cirrosi epatica. Di solito preparo le papille gustative ad assaporare il tuo blog hamburger, eppure, mimetizzato tra le salse, il cetriolino di oggi era stato forgiato a Murano da un mastro-vetraio no global. La domanda è: perché mi ostino a leggerti? Ma ad essere sinceri... la domanda è: che cosa stai dicendo Willis? Stamattina mi aspettavo il buon giorno da “Pezzi” e ho trovato un femmineo rutto all’arsenico.

Sarò sintetico: le donne nascono, crescono e vivono all’unico scopo di cambiare la realtà che le circonda. Dal contrassegno sul grembiule dell’asilo, all’uomo che diventerà il padre dei loro figli passando attraverso innumerevoli avvicendamenti nel reparto calzature (cambiano i colori, i materiali e la lunghezza del tacco ma la realtà è fatta di piccole dita cicciotte testa rossa perchèiovalgo). Fattene una ragione, Tengi. Le cose di cui parli sono tutte sensate, certo: l’abbigliamento, l’igiene, la capacità dell’homo erectus di sbucciare le mele... ma non è questo il punto. Non è questo che vi interessa (provo un adorabile prurito a generalizzare). Quello che volete è stravolgere il futile, per il puro gusto di farlo. Applicare a un essere umano (per carità, peloso e sudato, ma che ha pur sempre fatto le scuole) quella innata attitudine ossessivo/compulsiva che ti porta a cambiare 50 volte le tendine della cucina perché non si abbinano ai riflessi del soffritto.

‘O donna, sei un’amante dello sport, delle gite fuori porta, dei colori pastello? Sceglierai come compagno di vita un ingegnere informatico. Anzi di più: L’uomo che ha inventato la Playstation! E proverai a trasformarlo in un istruttore di sci alpino. Sei una giovane intellettuale, ricercatrice universitaria impegnata nel sociale? T’innamorerai alla follia di Lorenzo Lamas e lo costringerai a leggere un libro sulla desertificazione in India.

E’ così che ho perso gli uomini migliori della mia generazione. Quelli liberi... di non scegliere se essere vegetariani (a furia di bere sangue umano molte donne hanno perso il piacere della bistecca, di mucca). Quelli che arrivano alle feste scortati da un etilometro con la gonna (costretti a ripiegare sui fonzies - godisoloametà - mentre gli altri si bevono i freni inibitori). Quelli costretti all’IKEA durante l’ultima giornata di campionato, perché si sa... i colori migliori del verktig finiscono sempre prima (esatto, ho parlato di calcio... non cambierò mai..). E poi sì, sono uno di quegli amici maschi che vi detesta, o donne cambia-uomini, esseri diabolici tutte casa e Sex and the City. Io stasera non troverò nessuno per giocare a calcetto, ma voi vivrete i prossimi anni nell’illusione di essere riuscite a trasformare un tricheco mannaro in Terence di Candycandy.
Alla prima luna piena, chi riderà?

Firmato Don Cosciotte"

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domenica 4 maggio 2008

Estemporaneo

Scusate.
Ma chi l'ha detto che questa cosa che le donne dopo un po' che stanno insieme a un uomo iniziano a fare di tutto pur di cambiarlo sia una cosa brutta? Per dire, conosco uno che da quando sta con la sua morosa oltre a curarsi di più ha iniziato anche a vestirsi meglio, perché è lei che lo porta nei posti giusti e lo consiglia sugli acquisti da fare, con notevole guadagno del di lui aspetto. E un altro, sempre per fare un esempio, che ha imparato a lavarsi sempre, tutti i giorni, e non solo quando va agli allenamenti di basket, tanto più che era da un anno che aveva smesso di andarci e quindi anche di lavarsi, al che è subentrata lei che gli ha intimato che se non si lava non lo tocca neanche con un bastone, e così adesso lui è sempre tirato a lustro, con notevole sollievo delle di noi narici. Per non parlare di quell'altro che siccome la sua lei sta sistemando casa ha avuto modo di imparare molte cose, da appendere una mensola coi tasselli fino a veriniciare un serramento, e voglio sottolineare la preziosità di questa donna che gli ha insegnato un mestiere che nessuno fa più, tanto che lui volendo potrebbe licenziarsi dall'ufficio e fare i miliardi come idraulico o tapparellista. Poi si potrebbe parlare dell'amico che finalmente si è deciso ad andare a vivere da solo, grazie a lei che gli ha detto che non ne può più di trombare con sua madre nella stanza accanto e gli ha trovato subito un appartamento, che era di un amico di lei che aveva bisogno di affittarlo e così lei in un colpo solo ha aiutato due persone, e ditemi se è poco, e poi all'altro gli ha risolto un problema mica da ridere, che di 'sti tempi quando affitti una casa non sai mai chi ti capita. E insomma io sfido chiunque a non rendersi conto dell'estrema utilità delle donne e dei cambiamenti che apportano agli uomini incoraggiandoli ad avere abiti adatti, case accoglienti, cura della persona e adeguata alimentazione, nonché all'uso incredibile del sapone, alla scoperta del tronchesino per i piedi o della macchinetta che taglia i peli del naso. Perché questi uomini bisogna prima dirglielo e poi chiederlo gentilemente e poi ordinarglielo, finché non si convincono della bontà del suggerimento. E non significa essere rompicoglioni, è semplicemente avere la certezza di cosa è giusto e tanto senso dell'umorismo perché, dai, le basi! voglio dire, le basi cerchiamo di impararle, e che cavolo ci sono certi che non sanno che a tavola non si passa davanti col braccio al muso di chi sta di fianco, o non si rutta o non ci si stira, o la cosa dei gomiti che non si appoggiano o che non è saggio buttare in padella la bistecca con l'olio bollente e il fuoco al massimo che fa fffffffffssssss e sbroffi tutta la cucina e poi tanto si sa a chi tocca pulire. Perché noi lo sappiamo, eccome, che cosa è meglio. E loro non lo sanno, no. Non è così difficile. Voglio dire, quando siamo noi alla guida di un'auto è tutto un Fai così Fai cosà, Svolta di qua Cretinetti e Lascia fare a me.
E allora o hai uno spiccato senso dell'umorismo e tanto amore e dedizione e ti ci butti a capofitto tu, donna, in quest'impresa disperata in cui nessuna madre o fidanzata o amica è riuscita e quasi la prendi come un sfida, col rischio di essere martirizzata dagli amici di lui che ti odiano perché lo hai cambiato, oppure li lasci cuocere nel loro brodo - senza sale - da maschioni e te ne impippi e fai come quella tipa che a tavola ruttava più forte di lui e ogni volta che si toglieva le scarpe lo faceva secco dalla puzza ma non prima di avergli esibito i gambaletti color carne. Adesso che ci penso aveva pure le mutande sbrindellate. Ma non so come sia finita. Chi lo sa, magari sono felici.

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venerdì 4 aprile 2008

Mia madre non lo deve sapere

Dunque. Funziona così. Giorgio mi chiama e mi fa: “Devi recensire un pornazzo”. E io: “Ok”. E lui: “Un film della Breillat con Rocco Siffredi”. E io: “Sospetto che sia un pacco”.

Titolo italiano: Pornocrazia. Titolo francese: Anatomie de l’enfer. Sarà una divertente parodia girata a Palazzo Chigi, o piuttosto l’equivalente hardcore de "La corazzata Potemkin?

[Continua a leggere la recensione su Mentelocale.it]

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giovedì 3 aprile 2008

Dammi retta

Ovvero della Tua Amica, quella che ha un fidanzato col quale le cose non vanno granché bene, e che ti telefona entusiasta che ha appena conosciuto questo nuovo tipo, un marcantonio fatto così e cosà, col quale si trova bene perché si vedono in tranquillità e scioltezza e lei con lui scopre nuove sensazioni giovani emozioni, e vive spensierata una storia senza lacci e lacciuoli, anche perché - particolare - anche lui ha una storia con un’altra tipa che non va granché bene e non si capisce nemmeno se stanno insieme o no, e insomma questo bel tomo e lei – la tua amica – se la spassano alla grande, si vedono ogni tanto per fare Quattro Salti in Padella e lui è molto gentile e pulito e non sporca in giro e lei è contentissima, e poi per caso capita che la tua amica decida per motivi INDIPENDENTI da tutto ciò di mollare il fidanzato col quale le cose non vanno granché bene, e tu subito la avverti che non deve, assolutamente NON DEVE dire al nuovo tipo che si è mollata col moroso, e lei ti chiede Perché e tu le dici Dammi retta non farlo, e lei dice Ok seguirò il tuo consiglio, e così continua a spupazzarsi il bellimbusto finché un bel giorno ti telefona e ti dice Sai ieri ci siamo visti, abbiamo sperimentato per due ore la tenuta dei diversi mobili della casa e tutto filava liscio, ma verso le due di notte gli ho confidato che mi sono lasciata col moroso precisando che la mia decisione è INDIPENDENTE da lui e poi siamo andati a letto e ho avuto la sensazione che qualcosa si fosse, come dire, CONGELATO, e non capisco perché ma magari è solo una mia sensazione, tu che ne pensi?

E’ una tua sensazione.
Ma nel dubbio, chiamalo tra un paio di giorni e digli che ti sei rimessa col moroso.
Ammesso che ti risponda.

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lunedì 24 marzo 2008

Le Pasque Veronesi

Per chi fosse interessato agli usi e costumi della Pasqua che si svolge qua. Anzi, .

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martedì 4 marzo 2008

La donnetta

La donnetta ha deciso che stasera va in palestra.
La vediamo che pedala in bicicletta col compagno senno-di-poi, mentre pensa che forse è già tardi per rimettersi in linea. Giunge nel cortile buio e aggancia la bici sperando che nessuno me la rubi. E' nuova, le seccherebbe. Un paio d'ore dopo si scoprirà che l'aveva legata in modo tale che sarebbe bastato sfilare il sellino per fottergliela.
La donnetta nello spogliatoio osserva le altre donne. Odia i culi a bassorilievo che non disegnano nemmeno una piccola curva sulla stoffa, quei culi maledetti. Lei, che deve portarsi in giro il suo bel po-pò. Si rammarica subito dei propri pensieri, e si ripromette di non pensarli mai più mentre infila un paio di calzetti bianchi.
Entra in sala. Tutti sono affannati e sudati. La donnetta non ha portato la felpetta tattica copriculo, e striscia lungo i muri. Non va nemmeno a prendere la scheda, perché dovrebbe dare le spalle a tutto il parterre di cyclette. Svicola verso la sala più imboscata a passo laterale.

Sul tapis roulant la donnetta zompetta a velocità sette sudando in mezzo alle tette. Si guarda attorno asciugandosi il sudore sulla fronte, ben attenta a non inciampare. Gli istruttori chiaccherano tra di loro in un angolo. Meno male. Ha sempre paura che qualcuno di loro le muova un appunto, una precisazione. Non vuole sentirsi inadeguata. Una volta decise di fare un esercizio speciale per le culotte de cheval. L'istruttore passando la guardò talmente male che smise immediatamente. L'i-pod ora ballonzola insieme a lei. Una strana voglia, subito repressa. Nelle orecchie, il miglior repertorio vetero-nostalgico. Basta che aiuti a tenere il ritmo. Improvvisamente, sente che è giunto il momento. La musica la galvanizza, aumenta la velocità, si vede come Rocki Balboa in cima alla scalinata. Vorrebbe sferrare un pugno all'aria, vorrebbe scalpitare, vorrebbe sprizzare energia, non sta più nella pelle, vorrebbe...
"Scusa ti manca molto?"
Per poco non cade. Ma si riprende velocemente. Non è poi così donnetta, è piuttosto una tigre! Il fatto è che non riesce a concepire l'idea di poter cadere dal tapis roulant: slittare verso il fondo col culo per aria, finire spiaccicata sul muro in una posa scomposta. L'I-pod che vola lontano. La figura di merda.
"5... minuti"
Alza il culo impettita, e prosegue a zampettare come uno struzzo.
...
La piacevole sensazione di benessere sotto la doccia le fa dimenticare per un attimo chi è e dove si trova. Eccede nella cura del proprio corpo. Ma non si rassegna a mostrare le pudenda alle altre donne. Non ce la fa a darsi la crema a gambe larghe come fanno certe. E' troppo pudica? Ha preso troppo da sua madre?
Desidera improvvisamente essere a casa, e un piatto di minestra. Sa che girerà il cucchiaio più volte nel piatto per raffreddarla, e poi si preparerà per la notte. Metterà il pigiama e chiuderà la porta della camera dietro di sé. E via, dissolvenza sui pensieri di fine giornata.
Dimentica tutto e per un momento solo, pensa alle pieghe di questo cuscino, le lenzuola soffici e i tuoi piedi stanchi. Senti il tuo corpo rilassarsi. Senti di meritartelo, questo tepore, così come la minestra e la corsa in bici. Concediti questo lusso di non pensare, di essere un po' frivola, di essere un po' vuota. Concediti il lusso ma non odiarti per questo. Datti dei piccoli obiettivi, se proprio lo desideri. Addominali nuovi, due chili in meno. Ma sei sicura che sia questo il massimo che puoi concederti? Si?
Sei proprio una donnetta.
Dormi, ora.

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sabato 26 gennaio 2008

Viaggio nella disco

Ovvero, del perché erano anni che non andavo in una discoteca e del perché altrettanti ne passeranno prima che vi metta ancora piede.

La maschia discoteca vive di musica antica come mia nonna e di perversioni post-moderne. Prendiamo ad esempio il privée ad accesso limitato. Ingresso consentito solo a coppie uomo donna, per evitare lo sbilanciamento numerico-genitale a favore dei testicoli, che viaggiano a coppie, peraltro. Una volta entrati, il privée offre una visione che giustifica il suo carattere esclusivo: quattro modelle segalitiche dall'aria annoiata danno lustro al cantuccio dove ricchi rampolli si esibiscono a colpi di secchielli di spumante e spiedini di uva. Tutto il resto, è una piccola pista con musichetta latino americana in stille raggaeton, a favore delle brame di accoppiamento con le acciughine lì presenti.
Tutt'intorno, donne che si vede ci hanno messo un pomeriggio a prepararsi, povere criste, risultandone comunque delle copie della Madonna che fu, in improbabili fuseaux abbinati alle scarpette della cresima.

La fascinazione prosegue con cocktail annacquati come non mai ed evoluti passi di ballo: come dieci anni fa, è ancora in voga la mossa del "dio pantocratore", con due dita della mano destra a benedire la folla. Non tira più invece la mossa della lucidatrice, praticata da conturbanti giovani ad allisciare il pavimento, per ovvie ragioni di spazio.
Il volgo si scatena e il giovane manzo discotecaro che vien dalla campagna pensa di rifarsi sul buttafuori che gli ha detto qualche parola di troppo, e seguendo il suo codice d'onore da paese, finge di gettarsi contro chi l'ha offeso per far salvo il suo onore di uomo, incurante degli amici che lo tengono per le ascelle. Si cheta, si riaccende d'ira, lo trattengono, si richeta, si ringalluzza, si fa tirare per la cintola, si dimentica, va a bere, si getta a ballare da solo, perso nei suoi pensieri, come un neo romantico.

Questa discoteca mi riporta alla memoria gli antichi ricordi di quando, fragile e imperfetta, calcavo le piste e rasentavo le pareti, facendomi scudo dell'invisibilità dei miei vent'anni.

Ora, a molti anni di distanza, dopo aver dedicato non più di dieci minuti alla preparazione, tanto che sudare anche solo un goccino non sarebbe consigliabile, mi ritrovo qui, in questo luogo dove le donne approdano apparecchiate di tutto punto, vestita in Jeans e maglietta, incurante di questa T-shirt con l'alone, per la prima volta a mio agio.

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domenica 13 gennaio 2008

Tengi style

Tengispilla

Prestigiosa spilla in pelle colorata con logo Tengi.

Giro per casa tronfia come un tacchino da quando ho lei. Un regalo azzeccatissimo frutto della creatività dell'amica Idakia.
Le mando un bacio e un grazie e un doveroso link alle sue creazioni.
Immagino sia disponibile a realizzare anche per voi altri indispensabili accessori per giovani blogger che si affacciano alla vita sociale.
... per non essere più costretti a rispondere alla domanda: "Benvenuto al Bar Camp, come ti chiami?"

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venerdì 11 gennaio 2008

Una proposta che non si può rifiutare

Estratto da chat.

"Nel week end ho un po' da fare.
Sabato vado in disco, se riesco ad organizzare
Credo andrò con gli amici sfigati:
Teante il corridore spasimante
Carlo formaggino il carrozziere d'amianto
Pierluigi il commercialista tetro
poi viene Cristina la depressa for ever
poi viene Flavio vita trafitta
poi forse Simona lecca-tutto e Wanda incubus.
...
Vuoi venire?"

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mercoledì 2 gennaio 2008

Non l'ho capita

Vorrei ringraziare chi si è sbattuto per farmi gli auguri di Buon Anno, e lo ha fatto nel modo strano in cui i blogger usano fare gli auguri, ovvero con cascate di link in composizione futurista.
Solo che, ecco, temo di aver ancora davanti agli occhi tutt'altro tipo di paesaggio perché, o si tratta di una di quelle illusioni tridimensionali, e in tal caso devo applicarmi di più per coglierne il senso, oppure, se devo dirlo, il quadretto augurale mi pare proprio che raffiguri un paio di tette cadenti.
Grazie comunque, e scusate.
Ricambio.

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mercoledì 26 dicembre 2007

Intermezzo natalizio

E così dovete sapere che ai miei genitori abbiamo regalato un lettore DVD. L'idea l'ha avuta mio fratello. Un giorno mi chiama, me la propone, e bon, si fa. E' davvero un'idea geniale, mi sono detta quel giorno, a me non sarebbe mai venuta in mente. Ci passo talmente poco tempo a casa che non mi ero accorta che ai miei mancasse il lettore DVD. E questo perché i miei non ne hanno mai parlato, o nemmeno fatto notare che lo avrebbero voluto, o anche solo preso la macchina per andarselo a comprare in un centro commerciale.
Ma insomma, ora ce l'hanno e credo proprio che lo useranno.
E quindi oggi è successo che mi sono vista un film in DVD col nuovo lettore DVD. Il film l'ho comperato io. Ho pensato che col solo lettore DVD i miei genitori non ci avrebbero fatto granché, a parte piazzarci sopra un centrino col soprammobile, ma mia mamma non è tipo da centrini col soprammobile e mio padre ha solo l'hobby del rugby e pertanto ne ho concluso che non avrebbero saputo decisamente che farsene del solo lettore DVD. E così sono andata alla FNAC e ho comprato questo film, l'ho incartato io perché i pacchetti della FNAC non mi piacciono e poi perché io adoro fare i riccoli col nastro, e a Natale i miei lo hanno scartato. E' rimasto sulla credenza sino ad oggi.
Oggi dormivano tutti e io non sapevo che fare. Ho preso il film e me lo sono vista da sola, sul divano. Ho pensato che tanto nessuno si sarebbe offeso.
Si trattava di una commediola, per così dire, leggera. In realtà io non amo le commediole leggere, però l'ho comprato lo stesso pensando che fosse un genere in grado di accontentare tutta la famiglia. Questo nell'ipotesi di vederlo assieme alla famiglia, certo. Invece l'ho visto da sola. E a mio favore c'e da dire che mentre mi trovavo di fronte all'espositore di DVD della FNAC, mi sono ricordata di aver visto il trailer di questo film. Ed ero sicura che il trailer puntasse molto sulle scene comiche del film. Anzi, tutto il trailer era una serie di situazioni ridicole con lei nuda che passaggia per casa e lui fa l'indifferente e lei che esce con un nuovo ragazzo e lui che se lo fa amico e tutta roba così. Robetta.
Beh, ora che l'ho visto posso dire che era tutt'altro che una commediola leggera. Non fraintendetemi, ma posso dire che si è trattato di un film pesante, di quella pesantezza che dapprima ti sembra leggerezza, nel mentre che lo guardi e ridi come un beota, ma che poi, quando scorrono i titoli di coda, ti si rivela come insostenibile leggerezza ovvero terribile pesantezza, che può arrivare a morderti alle caviglie quando ti alzi per prendere da bere.
Insomma il fatto è che ora sono triste e continuo a ripensare a quel film. Un film che a dire il vero lascia un finale aperto, ma io so già che finirà male. Finiranno male anche le scene non girate. Perché se avesse dovuto finire bene gli sceneggiatori non avrebbero perso occasione per farmelo sapere durante il film. E invece stranamente hanno lasciato il finale aperto e io ne deduco che è finita male e che i due alla fine non si sono rimessi insieme, neanche dopo tantissimissimo tempo e qualche uscita insieme per bere un caffè e chiarire la loro situazione.
Ma anche se sono triste penso che questo film e chi l'ha scritto siano degni di lode, per il solo fatto che hanno scritto un film che non rinuncia alla propria morale, ovvero che nella vita certe storie finiscano male, e per il solo fatto che hanno scritto un film che non ci tiene per nulla a dare il contentino del lieto fine a chi come me si spaparanza sul divano il giorno di Santo Stefano con l'intenzione di vedersi un filmetto poco impegnativo per digerire il pandoro e mettere in funzione il nuovo lettore DVD che altrimente servirebbe solo per appoggiargi il centrino con la porcellana di Capodimonte.
Che poi mia mamma le odia, le porcellane di Capodimonte.

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mercoledì 12 dicembre 2007

Contenuto innaturale

Avvertenze: questo è un pezzo scorretto. Se non vi va non leggete. Non si accettano lamentele.

E così io e la mia "amichetta" siamo arrivati fino a qua. Era tanto tempo che ci frullava per la testa quest'idea. Io ci ho messo un bel po' a prepararmi. Lei no, invece.
Io non sono di qui. E stasera mollami che mi voglio divertire!
Alla cassa ci hanno consegnato un biglietto con la scritta "Gratta e schecca". In palio bellissimi premi, vedi se hai vinto quando la vocalist cicciona dirà la sequenza di colori vincente! Mi raccomando stai all'occhio, tesoro...
Ma che fai ti scandalizzi? A proposito, dimmi se secondo te io schecco tanto. Dimmi come sono visto da fuori, dai. Mi si è attaccata una ciunga alla suola della scarpa. Ma hai visto quello? Avrà diciassette anni e una grazia da Ingrid Bergman. Quello che si è voltato ora.
Che arte: prima le spalle poi la testa, e un tin tin coi braccialettini. Ci ha pure guardato male.
Mille mani svolazzanti. E tutte ste bocche aperte a mostrar gengive. Uh, tesorooo, è inutile che ti sganasci tanto, lo so che sei brava. Chiudi quella bocca orrenda che mi pare un buco nero e mi fa anche un pochino senso. Bella, vai a caccia di mosche? Ma dico, l'hai vista? Bella mia, sei ridicola!
Un omone in taffetà.
Quellà là, vedi, crede di essere notata di più se sta a fare da tappezzeria mentre ciuciacchia la bibitina dalla cannuccina. Mi devo assolutamente far passare questo filo di mal di testa. I ballerini sul cubo, bella mia, ti rendi conto? I ballerini qui non sono quei palloni gonfiati che si vedono in giro. Sempre meglio definito che grosso, sempre, ricorda. E poi sono tutti affascinanti che te li raccomando. Quello brizzolato avrà quarant'anni ed è un bonazzo che ciao. A Milano sono avanti. Hanno anche il ballerino brizzolato. Sto gran fisico e sto gran paccone. Peli no, peli zero, peli mai! E guarda che quello lì domattina si mette la cravatta e va in ufficio, bella, cosa ti credi.
Quello balla come una vecchia tarantolata. Tu invece sei davvero prestigiosa.
E smettila di guardarmi, non sono mica una sfranta. Solo perché guardo tutti mica vuol dire che ho voglia. E' che mi sento di ballare. E poi qui a Milano sono tutti belli, cara mia. Ci sono mica quei cessi delle disco gay dove vado di solito. Qui son boni. Tutti boni. Boni di tutti i tipi. C'è il giovane bono, il vecchio bono, il nerd bono, il poeta bono, e il bono bono.
Sei la top.
Il ballo del biscione fa subito festa. E pure lo struscio. E due fette di pane attaccate fanno sempre sandwitch, da queste parti, bella mia!
Per quanto, io te lo dico, quello è ridicolo. Bella mia, certa gente non dovrebbe nemmeno presentarsi. Ma con che faccia balli, voglio dire. Bevo un'altra cosa che questo schifo qua non mi ha soddisfatto granché.
Sei troppo moderna.
Poi vado a pisciare che i cessi di sicuro son puliti. Se vuoi vai anche tu che io ti aspetto. Però, bella mia, cerca di arraffare la carta igienica che è rimasta, che lo sai come sono tutte queste checche, stanno sempre nel cesso delle donne a detergersi il sudore. Hanno le scalmane. Son tutte delle mestruate che ciao. C'e n'era una, isterica che non te lo sto a dire, che sgomitava come un'ossessa. Ma ti pare? Co' sto labbrino imbronciato e lo sguardo perso.
Che sfranta, davvero.
Sta musica ci sta dentro di brutto. Mi sa che mi sono innamorato. C'è uno là coi mocassini e l'aria assorta. Tipologia filosofo. No che non vado a rompergli le palle, sei pazza? Ho la tigna stasera.
Che tignarogna.
Cioè alla fine il bello di questi posti è che puoi comunque sentirti te stesso. Nelle disco normali ci sono quegli eteroni cattivi cattivi che ti guardano male. Qui invece è tutto più solare. Chiaro, anche noi siamo cattive quando vogliamo. Una volta ho beccato due passivone rognose fuori da un locale che litigavano. Si erano buttate una addosso all'altra e si graffiavano. Miravano agli occhi, ste gatte. E gli amici intorno che cercavano di dividerle. Sembravano degli struzzi scarmigliati, col culo all'infuori e la testa all'indietro per evitare le botte, e intanto gracchiavano: "bastaaaa, smettetelaaaa".
Che scena, bella mia, come me la sono gustata.
Un vaudeville di frocie.

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mercoledì 21 novembre 2007

Si aggiunga, la strana forma del tubetto

E noi stolti che pensavamo di aver visto già tutto.
La rivoluzione è qui e ora.
La prima pubblicità che ammette che sì, si fa. Essi lo fanno. Noi lo facciamo. Le donne, talvolta, lo fanno. Una volta ogni tanto, mica sempre, poi se ne dimenticano, sia chiaro. Però intanto lo fanno.
Italia, 2007.
Un piccolo scivoloso passo per l'uomo, un grande passo per l'umanità.
Sguissssssssss.

Aggiornamento.
Visto che non molti colgono il topic (ma è voluto), un piccolo aiutino:
Dur(a lex sed l)ex *
Più di così, faccio un disegno.
Aggiornamento stupefatto. Volevo aggiungere il link al prodotto, ma il firewall aziendale blocca il sito dell'azienda. Mi chiedo perché: non mi risulta che su quel sito ci siano immagini spinte. A meno che l'azienda non conti un gran numero di feticisti dei foglietti illustrativi. A pensarci bene quelli sì che sono arrapanti.
Aggiornamento sondaggio: si va alle urne. Tra i commenti, scatta il referendum. MajorTom fa scivolare il discorso oltre e ci chiede: che cosa preferite? Tradizionale o Wild Side of The Moon?

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domenica 11 novembre 2007

Ratatouille: non è un gioco da bambini

Alla fine l'ho visto pure io. Meglio tardi che mai.
Causa coda inimmaginabile all'ingresso del cinema (tutti a vedere "Come tu mi vuoi", dove c'è la Capotondi in versione brutta, wow), ci siamo persi il cartoon che la Pixar propone sempre all'inizio dei propri film. (a proposito, com'era?)
Ratatouille. Dettagli grafici minuziosissimi e godibilissimi, virtuosismi espressivi (i personaggi animati sono ormai meglio di tanti attori in carne ed ossa, sob), gag a chicchi gustosi qua e là. Una morale solida. Superbo. Tanto di cappello.
Ma.
Mi dicono che il film Ratatouille non piace molto ai bambini.
Ebbene, sarò una bambina, ma il film non mi ha convinto. Mi ha lasciato qualche sensazione strana.
1) Non si gioca con la fantasia. Un amico scandalizzato mi aveva anticipato che in Ratatouille avviene un micidiale paradosso per cui il mondo degli umani e quello dei topi parlanti ad un certo punto si mischiano in un modo insolito, e senza che ciò crei stupore nei personaggi del film. E in effetti così è: la separazione tra i due universi umano e animale è salvata nelle apparenze solo dal fatto che le parole che il topo scambia coi suoi simili sono udite come squittii dal ragazzo. Ma per il resto topo e ragazzo comunicano, eccome! (al che, se il topo può capire le parole del ragazzo e annuire alle sue domande, tanto vale farlo parlare, no? sennò è solo un topo muto. Anche in Madagasgar c'era il leone che si sforzava di esprimersi, però gli umani udivano solo dei terribili ruggiti e morivano di paura! Il leone mai e poi mai avrebbe potuto farsi capire dagli umani, né annuendo né in altro modo: da qui la separazione dei due mondi, da qui il contrasto senza soluzione). E vabè. Ma c'è di più. Il piccolo segreto tra i due, che tale dovrebbe rimanere (come nei rassicuranti cartoni della nostra infanzia come Creamy, in cui la ragazzina era magica e speciale proprio perché era l'unica a parlare con Posy e Mega), è ben presto condiviso con tutti gli altri cuochi del ristoranti. E qui, anziché avvenire una catastrofe termonucleare, il dramma si risolve con l'accettazione serena del fatto. Di solito non è così nei cartoni. Il fatto che la realtà si mischi con la fantasia in due modi diversi e sovrapposti (uno, gli animali comunicano davvero con il ragazzo, e in più il ragazzo non è un ragazzo speciale, perchè non è l'unico a vedere ciò che accade) rompe ben due regole della identificazione. Io, bambino, non potrò mai immaginare nei miei giochi che i topi mi capiscano, perché i topi non annuiscono mai nella realtà (posso invece immaginare che, quando io non sono con loro o appena volto le spalle, i miei giocattoli si animino per magia, come in Toy Story: questa magia è possibile, perché avviene solo quando io non la vedo). E quand'anche io, bambino, riuscissi a immaginare che un topo possa capirmi, beh, allora devo essere l'unico a poterlo fare. Se lo fanno tutti non c'è gusto! Per cui io, bambino, ti avverto: ogni gioco di fantasia ha le sue regole. Questa che mi proponi non è magia del tutto, e non è neanche del tutto realtà . E a me non mi fai mica fesso.
2) Qui solo tavola fredda. Sorpassiamo il paradosso di cui sopra e lasciamo perdere la fantasia. Il topo è dunque metafora di un essere appartenente ad una classe considerata inferiore che l'uomo scaccia con la scopa, e che però ha le sue qualità e i suoi valori ("non rubare, non rubare": quante volte lo ripetono?). E questo un adulto lo capisce e ne gode. Ma io, bambino, mi annoio. Il film è solo morale da adulti, non usa altri codici se non quello del "detto" e "spiegato". Se ci fate caso tra topo e ragazzo non si instaura un vero legame. Non ci sono lacrime, non c'è sofferenza. Non c'è affetto, non c'è amore in Ratatouille (ricordate l'ultimo sguardo di Sullivan alla bambina in Monsters&Co., quando lui la lascia nella cameretta, il cuore gonfio di affetto e tristezza insieme? ditemi chi di voi non si è commosso). In Ratatouille, la temporanea separazione tra i due protagonisti è vissuta con terrore dal ragazzo solo perchè c'è di mezzo un ristorante che rischia il fallimento! Non ci sono abbracci, nè carezze. Solo i teneri grandi occhioni di un topino che guarda implorante noi. E noi vorremmo tanto abbracciarlo e carezzarlo e stringerlo, e toccherebbe al ragazzo farlo per noi. Ma lui non lo fa! Non c'è affetto, non ci sono sentimenti. Il topo resta topo, e serve a cucinare. Il topo, a sua volta, vuole un lavoro per riscattarsi dal proprio destino di ladro. E il riscatto c'è alla fine, ma senza amore. Il topo è solo, preso nel mezzo tra una cinica famiglia di roditori e un ragazzo che pensa solo alla topa. Il ragazzo è solo, orfano di entrambi i genitori e succube di una chef donna che lo comanda a bacchetta ma di cui si innamora (scusate, ma quand'è che al ragazzo gli nasce l'amore per lei? lo vediamo cotto così, all'improvviso!). Topo e ragazzo sono due esseri soli che si aiutano a vicenda. Io, bambino, non vedo affetto, vedo solo bisogni.
3) Scusate, ma il cattivo chi è? In cucina non c'è dramma, ahimè, non c'è contrasto. Il male (lo chef nanetto che commercia burrito: buuu, il fast food!!! Ma a me, bambino, il fast food piace un casino, e poi lo chef ciccione sui cartelloni è così simpatico!!!) non è incarnato nel maligno, ma nel buffo. Quindi il male non fa paura. Il male minore, ovvero lo spauracchio (il critico Anton Ego) fa un po' paura, sì, perché sembra uno zombie, ma sappiamo che più di tanto male non può farci (voglio dire, una cattiva recensione mica uccide, no? lo sanno anche i bambini!!!) Ed è un peccato non averlo visto così cattivo, non averlo preso così sul serio, perchè il momento più tenero del fim è proprio quando vediamo l'allampanato e cadaverico critico che ritorna bambino. La mamma, le sue pappe buone. Le lacrime asciugate dopo una caduta in bicicletta.
4) Dove sta il pericolo? In cucina non c'è un vero pericolo (a parte i coltelli, che tutti maneggiano così bene). Nel film non c'è mai un vero momento di crisi. Il nostro topo non è mai in difficoltà. Solo all'inizio, con la vecchia che gli spara addosso. Ma io, bambino, so che il topo non può morire, perché è il protagonista del film e perché il film è appena iniziato. Per cui aspetto il pericolo vero. E non lo trovo, neanche quando il topo è chiuso nel baule di una macchina. Quella per me non è una situazione critica. Forse perché non riesco a capire dove sta il problema se il topo non arriva in tempo a salvare il ristorante di un ragazzo che non gli fa manco una carezzina, di tanto in tanto. Sono in venti in quella cucina, cucineranno loro una volta tanto, cavolo!
(a proposito, piuttosto che sfondare il baule con le statue del palazzo, che fa tanto vandalo, non potevano rivolgersi ad un topo-ladro della colonia esperto scassinatore di camion di derrate alimentari che avrebbe potuto usare la sua arte per il trionfo del bene???)
4) Un grillo parlante ha sempre qualcosa da dire. Le apparizioni del grande chef Gusteau al topo non funzionano. Lo chef si pone inizialmente come un grillo parlante ("non rubare, non rubare", aridaje), salvo poi dichiararsi confuso sul da farsi tanto quanto il topo. E io, bambino, mi dico: eh, no, o sei un grillo parlante, o sei un'apparizione messa lì per farmi ridere. Cosa sei? Sono una proiezione di te stesso, della tua coscienza. Eh??? Scusa, ripeto la domanda: sei un eroe tu e mi guidi nella vita o sono un eroe io e devo riscattare la tua fama??? Boh, nessuna delle due. Non capisco.
Io, bambino, non capisco come si gioca, a questo gioco qui.

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giovedì 8 novembre 2007

Le faremo sapere (di nuovo)

Vedere il nuovo manifesto dello Zio Sam coll'indice puntato che recita:
Presentati là, che stanno cercando una ragazza fatta così e cosà per una cosa che se te lo dico non ci puoi non penzà! Preparati un pezzo e dove ti porta il cuore và! Fai un po' quel che vuoi, secondo tua sensibilità, non ci sono preferenze, diciamo uno triste e uno allegro pé cantà!
(Triste. Non si dice triste di un pezzo. Semmai drammatico. A meno che non lo si fa da cani, allora sì, in quel caso è triste.)
Ma comunque, armarsi di buona volontà e prendere il treno. Arrivare in stazione. Camminare camminare. Perdersi. Ah, no, ritrovarsi.
Arrivare sul luogo dell'appuntamento. Riconoscere che è il posto giusto dal fatto che ci sono due tizie che aspettano fuori in abito da sera, nero, lungo. Le due in lungo fumano per stemperare la tensione. Tengono in mano una bottiglietta a testa, per sciacquare l'ugola dopo aver fumato. Scommettere la testa che hanno anche una dose di propoli nascosta nella borsa. Vederle sicure ed eleganti nelle loro mise da gran gala nel primo pomeriggio assolato.
E guardarsi in una vetrina e riconoscersi come una appena scappata di casa. Jeans e scarpe da tennis, sudata. Attendere fuori e attaccarsi al telefono per ingannare l'attesa. Decidersi a entrare dopo dieci minuti. Più nessuno. Udire una voce alle mie spalle che dice "Desidera?". "Venghino le frutta!!!" sentirsi di rispondere, ché ci si è già calati nella parte.
Vedere poco dopo sopraggiunge la regista che saluta con un vocione profondo e catarroso: "vieni che ci sediamo". Sentirsi chiedere un po' di cose in una stanzetta illuminata da luce al neon. Dove abiti. Che fai. Come ti chiami. Con lei che dopo ciascuna domanda fissa per una manciata di secondi. Capire alla quinta domanda che lo fa perchè si aspetta di sentir parlare, e molto. Ma rendersi conto che è difficile attaccarsi a domande anagrafiche per parlare di sé ed estendere il discorso a progetti, ambizioni, personalità, carisma, carattere. Iniziare a sudare.
Eppure farlo, nonostante tutto. Parlare degli ultimi spettacoli e della visione del teatro contemporaneo e di cosa esso significhi, delle compagnie viste/sentite e della concezione personale del lavorare insieme. Pensare ehi vado alla grande. Pensare ehi sono ad alto rischio di noia. Buttar lì qualche miseranda battutina. La settimana è stata dura per tutti.
E finalmente andare in teatro. Finalmente. Il silenzio e il buio e la polvere e nient'altro.
Fare il pezzo preparato. Terminarlo. "Ora prendi questo e leggi". Ricevere in mano un dialogo. A occhio e croce, Shakespeare. Parla di un certo Enrico. L'Enrico IV, o forse l'Enrico VII. Rendersi conto che la memoria vacilla. Leggere meglio il testo alla ricerca di indizi filologici. Un certo Enrico che è stato ucciso, la sua inconsolabile vedova piange e inveisce contro l'assassino del marito. Eh, sai che novità. Sperare di non dove partecipare a un quiz a sorpresa sul titolo. Rabbrividire.
"Dàgli un'occhiata mentre io chiamo la spalla".
Veder arrivare un tipetto tutto impettito con il colletto della camicia abbottonato fino all'ultimo bottone, che cammina a gambe strette e in mano tiene il copione. Dire "ciao" e sentirsi rispondere "buonasera, buonasera". Restare di stucco di fronte a tanta deferenza. Figurarsi che possa essere il primo attore della compagnia. Sbalordire. Mmm, diffidare un pochetto.
Far partire lui per primo: "O signora, la vostra bellezza è pari solo alla vostra crudeltà". Stupire di fronte a The School of the Art of the Lollis. Osservare meglio il soggetto: forse dal pantalone spunta ancora un pezzo di calzamaglia nera.
Arrivare in fondo alla scena e posare i copioni. Ritenere di essere stati abbastanza bravi. Essere consapevoli che ciò significa che si è fatto abbastanza schifo.
Scendere dal palco e sentirsi porre dalla la regista la solita domanda di rito: "sei impegnata nei prossimi mesi?"
Aver voglia di rispondere.
Io? Certo che no. Non faccio nulla. Sto a casa ad aspettare che mi chiami tu. E nel frattempo mi cibo delle radici che crescono spontanee sul ciglio dei fossati e dormo in quella pittoresca cascina diroccata fuori città.
Abbassare il capo.
"No, non sono impegnata".
Fine primo atto.
A bere al bar.
Tentar di recuperare un po' di dignità.
Ripercorrere la scorsa puntata del "le faremo sapere" come un film.
Bravi gli attori, peccato la sceneggiatura che non li valorizza.

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