Alla fine l'ho visto pure io. Meglio tardi che mai.
Causa coda inimmaginabile all'ingresso del cinema (tutti a vedere "Come tu mi vuoi", dove c'è la Capotondi in versione brutta, wow), ci siamo persi il cartoon che la Pixar propone sempre all'inizio dei propri film. (a proposito, com'era?)
Ratatouille. Dettagli grafici minuziosissimi e godibilissimi, virtuosismi espressivi (i personaggi animati sono ormai meglio di tanti attori in carne ed ossa, sob), gag a chicchi gustosi qua e là. Una morale solida. Superbo. Tanto di cappello.
Ma.
Mi dicono che il film Ratatouille non piace molto ai bambini.
Ebbene, sarò una bambina, ma il film non mi ha convinto. Mi ha lasciato qualche sensazione strana.
1) Non si gioca con la fantasia. Un amico scandalizzato mi aveva anticipato che in Ratatouille avviene un micidiale paradosso per cui il mondo degli umani e quello dei topi parlanti ad un certo punto si mischiano in un modo insolito, e senza che ciò crei stupore nei personaggi del film. E in effetti così è: la separazione tra i due universi umano e animale è salvata nelle apparenze solo dal fatto che le parole che il topo scambia coi suoi simili sono udite come squittii dal ragazzo. Ma per il resto topo e ragazzo comunicano, eccome! (al che, se il topo può capire le parole del ragazzo e annuire alle sue domande, tanto vale farlo parlare, no? sennò è solo un topo muto. Anche in Madagasgar c'era il leone che si sforzava di esprimersi, però gli umani udivano solo dei terribili ruggiti e morivano di paura! Il leone mai e poi mai avrebbe potuto farsi capire dagli umani, né annuendo né in altro modo: da qui la separazione dei due mondi, da qui il contrasto senza soluzione). E vabè. Ma c'è di più. Il piccolo segreto tra i due, che tale dovrebbe rimanere (come nei rassicuranti cartoni della nostra infanzia come Creamy, in cui la ragazzina era magica e speciale proprio perché era l'unica a parlare con Posy e Mega), è ben presto condiviso con tutti gli altri cuochi del ristoranti. E qui, anziché avvenire una catastrofe termonucleare, il dramma si risolve con l'accettazione serena del fatto. Di solito non è così nei cartoni. Il fatto che la realtà si mischi con la fantasia in due modi diversi e sovrapposti (uno, gli animali comunicano davvero con il ragazzo, e in più il ragazzo non è un ragazzo speciale, perchè non è l'unico a vedere ciò che accade) rompe ben due regole della identificazione. Io, bambino, non potrò mai immaginare nei miei giochi che i topi mi capiscano, perché i topi non annuiscono mai nella realtà (posso invece immaginare che, quando io non sono con loro o appena volto le spalle, i miei giocattoli si animino per magia, come in Toy Story: questa magia è possibile, perché avviene solo quando io non la vedo). E quand'anche io, bambino, riuscissi a immaginare che un topo possa capirmi, beh, allora devo essere l'unico a poterlo fare. Se lo fanno tutti non c'è gusto! Per cui io, bambino, ti avverto: ogni gioco di fantasia ha le sue regole. Questa che mi proponi non è magia del tutto, e non è neanche del tutto realtà . E a me non mi fai mica fesso.
2) Qui solo tavola fredda. Sorpassiamo il paradosso di cui sopra e lasciamo perdere la fantasia. Il topo è dunque metafora di un essere appartenente ad una classe considerata inferiore che l'uomo scaccia con la scopa, e che però ha le sue qualità e i suoi valori ("non rubare, non rubare": quante volte lo ripetono?). E questo un adulto lo capisce e ne gode. Ma io, bambino, mi annoio. Il film è solo morale da adulti, non usa altri codici se non quello del "detto" e "spiegato". Se ci fate caso tra topo e ragazzo non si instaura un vero legame. Non ci sono lacrime, non c'è sofferenza. Non c'è affetto, non c'è amore in Ratatouille (ricordate l'ultimo sguardo di Sullivan alla bambina in Monsters&Co., quando lui la lascia nella cameretta, il cuore gonfio di affetto e tristezza insieme? ditemi chi di voi non si è commosso). In Ratatouille, la temporanea separazione tra i due protagonisti è vissuta con terrore dal ragazzo solo perchè c'è di mezzo un ristorante che rischia il fallimento! Non ci sono abbracci, nè carezze. Solo i teneri grandi occhioni di un topino che guarda implorante noi. E noi vorremmo tanto abbracciarlo e carezzarlo e stringerlo, e toccherebbe al ragazzo farlo per noi. Ma lui non lo fa! Non c'è affetto, non ci sono sentimenti. Il topo resta topo, e serve a cucinare. Il topo, a sua volta, vuole un lavoro per riscattarsi dal proprio destino di ladro. E il riscatto c'è alla fine, ma senza amore. Il topo è solo, preso nel mezzo tra una cinica famiglia di roditori e un ragazzo che pensa solo alla topa. Il ragazzo è solo, orfano di entrambi i genitori e succube di una chef donna che lo comanda a bacchetta ma di cui si innamora (scusate, ma quand'è che al ragazzo gli nasce l'amore per lei? lo vediamo cotto così, all'improvviso!). Topo e ragazzo sono due esseri soli che si aiutano a vicenda. Io, bambino, non vedo affetto, vedo solo bisogni.
3) Scusate, ma il cattivo chi è? In cucina non c'è dramma, ahimè, non c'è contrasto. Il male (lo chef nanetto che commercia burrito: buuu, il fast food!!! Ma a me, bambino, il fast food piace un casino, e poi lo chef ciccione sui cartelloni è così simpatico!!!) non è incarnato nel maligno, ma nel buffo. Quindi il male non fa paura. Il male minore, ovvero lo spauracchio (il critico Anton Ego) fa un po' paura, sì, perché sembra uno zombie, ma sappiamo che più di tanto male non può farci (voglio dire, una cattiva recensione mica uccide, no? lo sanno anche i bambini!!!) Ed è un peccato non averlo visto così cattivo, non averlo preso così sul serio, perchè il momento più tenero del fim è proprio quando vediamo l'allampanato e cadaverico critico che ritorna bambino. La mamma, le sue pappe buone. Le lacrime asciugate dopo una caduta in bicicletta.
4) Dove sta il pericolo? In cucina non c'è un vero pericolo (a parte i coltelli, che tutti maneggiano così bene). Nel film non c'è mai un vero momento di crisi. Il nostro topo non è mai in difficoltà. Solo all'inizio, con la vecchia che gli spara addosso. Ma io, bambino, so che il topo non può morire, perché è il protagonista del film e perché il film è appena iniziato. Per cui aspetto il pericolo vero. E non lo trovo, neanche quando il topo è chiuso nel baule di una macchina. Quella per me non è una situazione critica. Forse perché non riesco a capire dove sta il problema se il topo non arriva in tempo a salvare il ristorante di un ragazzo che non gli fa manco una carezzina, di tanto in tanto. Sono in venti in quella cucina, cucineranno loro una volta tanto, cavolo!
(a proposito, piuttosto che sfondare il baule con le statue del palazzo, che fa tanto vandalo, non potevano rivolgersi ad un topo-ladro della colonia esperto scassinatore di camion di derrate alimentari che avrebbe potuto usare la sua arte per il trionfo del bene???)
4) Un grillo parlante ha sempre qualcosa da dire. Le apparizioni del grande chef Gusteau al topo non funzionano. Lo chef si pone inizialmente come un grillo parlante ("non rubare, non rubare", aridaje), salvo poi dichiararsi confuso sul da farsi tanto quanto il topo. E io, bambino, mi dico: eh, no, o sei un grillo parlante, o sei un'apparizione messa lì per farmi ridere. Cosa sei? Sono una proiezione di te stesso, della tua coscienza. Eh??? Scusa, ripeto la domanda: sei un eroe tu e mi guidi nella vita o sono un eroe io e devo riscattare la tua fama??? Boh, nessuna delle due. Non capisco.
Io, bambino, non capisco come si gioca, a questo gioco qui.
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