martedì 27 marzo 2007

La Tengi si riprende lo scettro

La receptionist gnocca ha dato le dimissioni. Poverina, non ha retto. Mi riprendo lo scettro e mi preparo ad un altro annetto di reame incontrastato.

L'ultimo periodo, in cui mi sono vista costretta ad abbandonare il trono, mi ha insegnato tante cose. Ho avuto paura che non sarei mai più tornata in auge. Ora che il pericolo è passato, sono pronta a tutto. Credo che accetterò la proposta di un calendario. Il teatro può aspettare. Meglio un uovo oggi, insomma. E battere il ferro finchè è caldo. Nel frattempo prenderò lezioni di dizione e di canto. Vorrei seguire le orme di Michelle (Hunziker), che ha iniziato come modella di perizoma ed ora è protagonista di un musical. Certo, bisogna fare tanta gavetta, essere preparate. Ma io mi sento pronta. E non sono disposta a scendere a compromessi.

Non so perchè, ma la vittoria non mi rasserena del tutto. Penso a lei che se ne è andata. Sarà anche gnocca, ma è pure furba. Accidenti.

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domenica 25 marzo 2007

L'ascoltatrice

Devo studiare un mezzo di teletrasporto per tornare a casa dal lavoro.
No, non mi interessa la possibilità di rendere il viaggio istantaneo, bensì il fatto di viaggiare via etere, completamente smaterializzata, lontana da tutto e da tutti. Soprattutto dai colleghi.
E' un dato di fatto. Mi hanno preso per il loro orecchio personale, per la loro ascoltatrice dedicata, di fronte alla quale vuotare il saccone dei propri malumori, insoddisfazioni, ansie e rimpianti, per vedere neanche tanto di nascosto l'effetto che fa.
Dopo la collega del personale, ammutinata del lavoro e della cucina, eccone un altro che mi ha preso di mira. Teatro del monologo sproloquiante: la metropolitana, di venerdì. Io, svuotata di ogni cosa che non fosse un lieve mal di pancia, mi guardo la scarpe pensando ai casi miei. Lui, seduto di fianco a me, appare leggermente inquieto sul proprio seggiolino. Qualcosa che lo tormenta. Sento che ha voglia di parlare. O mio dio! Non lo sa che, nella Milano che lavora, a marzo non è ancora aperta la stagione dell'amabile chiacchera tra colleghi? E comunque non è uso parlare dopo le 18.
Stupida io che non mi sono tempestivamente tuffata nell'ascolto del lettore MP3.
Gli così offerto il destro - l'orecchio destro per l'esattezza - per attaccare discorso.
Sullo spunto di semplici considerazioni sul caro affitti a Milano, dopo essersi informato su dove abito e su quanto pago di affitto all'incirca, ha iniziato a sciorinare dettagli riguardanti la propria situazione immobiliare, passando per desiderata specifici che consistono in un contratto a tempo indeterminato, un mutuo per la casa, uno stipendio più consistente, per finire sui progetti per l'avvenire. E tra i progetti per l'avvenire non potevano mancare una casa fuori Milano, il matrimonio e i figli.
A condire il tutto, mi esprime l'ansia che lo attanaglia nel trovarsi accerchiato da amici che si stanno sposando o stanno avendo figli, e nel constatare che il tempo corre. Beh, si, anche lui vorrebbe prima o poi, con la sua ragazza che certo stanno insieme da 5 anni, ma ora no, non ora, ora la situazione è precaria, ora non è consigliabile, anche se sarebbe bello, perchè poi da vecchi non sarà così bello, sai.
Mi guardava con due grandi occhioni azzurri pieni di speranza e un'espressione spaurita sul viso. Mi guardava cercando delle risposte. Non aveva posto nessuna domanda in particolare, eppure cercava delle risposte. Credo di avergli restituito lo stesso sguardo impaurito.

L'unica cosa che sono riuscita a fare, vergognandomene un po', è stato blaterare frasi di circostanza. Sembravo una di quelle parenti lontane che facevano visita a mia nonna, e che riuscivano a liquidare qualunque narrazione di fatti e situazioni disperate, con un "bhe, insomma, che vuoi farci... "del resto..." "prima o poi doveva succedere".
Non mi ero preparata nulla. Mi ha preso in contropiede. Troppa realtà tutta insieme per un venerdì pomeriggio. E poi l'uomo è lui. Dovrei essere io a porgli delle domande, semmai.
L'aggravante su cui riflettevo dopo averlo salutato è che siamo coetanei.
Scommetto che quella sera si è addormentato tranquillo, lo stronzetto.

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lunedì 19 marzo 2007

Delusioni del lunedì

In attesa di decidere quale sarà la stazione della metropolitana che per prima accoglierà un segno del mio passaggio (vedi post precedente), mi trovo a fare i conti con una delle peggiori delusioni aziendali possibili.
Ovvero, quando parli per molto tempo al telefono con un collega che sta in un'altra sede: ci lavori, ci ridi, ci scherzi, scoprendo pian piano dall'altra parte della cornetta una persona aperta, solare, insolitamente umana.
Quando la voce è calda e profonda, con un lievissimo accento che se fosse più marcato ti farebbe rabbrividire, ma in questo caso no, perchè si accompagna a un modo dolce di porgere le parole.
Quando immagini l'aspetto di questo collega: proiezione inevitabile del resto, sai che non sarà giovanissimo data la voce, ma sempre data la voce te lo figuri impostato, forte, con un sorriso largo e gentile.
Quando finalmente lo vedi di persona.
Quando ti trovi davanti a una formichina d'uomo, la testa a pinolo e un fisico da fantino.
Quando constati che la voce è quella che sentivi al telefono eppure c'è qualcosa che non va: le due immagini, quella reale e quella della mente, non corrispondono neanche lontanamente.
Quando non riesci a mascherare la delusione nel stringergli la mano.
Quando l'unica cosa che ritrovi della persona che immaginavi sono due occhietti vispi e sinceri, che ti fanno in fondo pensare "no, non mi ero sbagliata".

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venerdì 16 marzo 2007

Salve, sono Brutus e cazzio tutti

Il nostro receptionist è un omone grande e grosso. In netto contrasto con la sua possanza fisica, presenta dei modi di fare leggermenti effemminati, un passo leggero e un insolito tocco aggraziato nell'eseguire ciascun tipo di mansione, dai lavori di forza sino alle più certosine minuzie, come la pulitura dei filtrini del rubinetto.
Ha dato una grossa mano in questa fase di trasferimento di sede, aiutando le maestranze senza risparmiarsi. Nelle ultime settimane lo potevi vedere tutto sudato per i corridoi intento a trasportare di qua e di là sedie, scatoloni, portaombrelli, computer.
Il bello è che gli chiedi una cosa: attaccapanni, cestini della carta straccia, e dopo cinque minuti lui te la porta tenendola sollevata per aria, manco fosse Hulk e l'avesse appena estirpata per te dal prato dove crescono gli oggetti d'ufficio, fresca fresca e ancora con le radici attaccate.
Ma se c'è una cosa che lo contraddistingue è il suo talento nel riuscire a mantenere le cose e le persone al loro posto. Tipico esempio di adattamento alla vita d'ufficio, è praticamente convinto che la sede aziendale, le scrivanie, i complementi d'arredo, le macchinette del caffè e anche gli impiegati, siano ormai roba sua.
E così passa le giornate a cazziare la gente, attività del resto doverosa e di vitale importanza, negli ambienti lavorativi eterogenei. Incurante delle gerarchie aziendali, si presenta con la sua mole di fronte all'interessato, sovrastandolo e facendogli ombra col suo pancione, e attacca una filippica infinita su questa o quella questione. L'ho visto cazziare i colleghi più giovani sul corretto uso della macchinetta del caffè con cialde, i colleghi più grandi sul corretto uso del fax, e qualche giovane pulzella perchè si era fregata una o più sedie che dovevano stare là e invece lui le ha trovate di qua e la cosa non va bene perchè ogni cosa a suo posto.
Proprio mentre scrivo è al telefono e sta cazziando il fornitore delle macchinette distributrici perchè oggi non s'è presentato a installare quella per i gelati.
Credo che Brutus dei gelati ne faccia una questione personale.

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martedì 13 marzo 2007

Buona camicia a tutti

Lo Scoop d'Ufficio di oggi è: una delle segretarie ha trovato il moroso.
Lei, quella meno attraente tra tutte le segretarie.
Lei, quella dedita esclusivamente alle attività della sua chiesa e alle sue nipotine.
Lei, quella più rigida e timorosa di tutte.
Lei, quella che la faccia è fissa in una perenne espressione di basito stupore.
Lei, quella che "ma guarda come si veste".
Lei, quella che le chiedi se ha una graffetta ed entra in crisi.
Lei, quella che "ormai è fuori tempo massimo".
Lei, quella che non sa usare il computer.
Lei, quella che la docking station la chiama playstation.
Lei, quella che stampa tutte le mail che le arrivano perchè così le hanno insegnato.
Lei, quella che ormai avrà disboscato l'Amazzonia con le sue stampe.
Lei, quella che "sembra mia nonna".
Lei, quella che "mi sa che non si depila".
Lei, quella che "si mette sempre quegli schifosi mocassini".
Ebbene lei, ha trovato il moroso.

Li hanno beccati in pausa pranzo, lui che l'abbracciava e lei che si lasciava abbracciare. Proprio lei, quella che "ha avuto solo un fidanzato dieci anni fa, forse è ancora illibata, ha-ha".

Alla facciazza delle colleghe fashion victim che hanno quattro fidanzati che messi insieme non fanno uno straccio d'uomo.

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giovedì 22 febbraio 2007

Gli ammutinati

Quando si arriva al punto che una collega del temibilissimo Ufficio del Personale si lamenta con te delle proprie condizioni lavorative e personali, vuol dire che l'azienda è allo sfacelo.
Voglio dire, il soggetto in questione è di per sè psicolabile e suscettibile di sbalzi emotivi; tuttavia, il mestiere che fa le imporrebbe di essere filo-aziendalista persino nella scelta delle mutande o nel taglio di capelli. I cedimenti non sono ammessi.
Eppure, si lamenta. Ahia ahia... le fondamenta scricchiolano.
E' stato un viaggio in metropolitana con lei a farmi capire quanto sia dura la vita del personale dell'Ufficio Personale. Anche loro soffrono i problemi dell'impiegato comune: i lunghi viaggi in metro, le angherie del capo, i piccoli soprusi che ogni giorno sono costretti a subire.
E' stato un colloquio illuminante.
Soprattutto riguardo le problematiche personali. Senza averlo desiderato infatti, e senza nessuna competenza sul tema, mi sono trovata a dover dare dei suggerimenti su come ristabilire l'armonia familiare della collega. Armonia familiare turbata dall'improvvisa consapevolezza di quanto sia faticoso ed estenuante dover preparare la cena al proprio compagno tutte le sante sere, da quando vivono insieme.

"Voglio dire, lavoriamo entrambi fino alle 7, mica solo lui! E poi, se fosse per me, io neanche cenerei da tanto che sono distrutta, e invece lui si! E mica una cosa veloce: vuole primo secondo e contorno!..."
Sul resto non so che dirti tesoro, ma riguardo i tuoi crucci casalinghi posso solo dirti: lo hai abituato troppo bene. Mo' sono cacchi tuoi.

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giovedì 8 febbraio 2007

Rientro

Io rientro per fare i complimenti alla Tengi per l'immane sforzo di lavoro che ha fatto... e invece di trovarmela sorridente, contenta e felice... eccola lì sull'orlo del precipizio con un masso intorno al collo. Le passerà, dopotutto durano solo 5 giorni.
Ho cambiato lavoro (e per questo motivo per molto tempo sono stato lontano dal blog) mi mancheranno i vecchi colleghi, ma avrò l'immenso gusto di potere sparlare alle spalle come non mai senza remore.
Ho già avuto modo di parlare nel passato della scema (collega della stronza), ma mi ricordo come fosse ieri quella volta che entrò in ufficio incazzata nera perchè fuori dall'asilo le avevano rubato il passeggino del bambino. Ok, vabene, per carità. ma non ti prendere mezza giornata di permesso per andare dai Carabinieri a fare denuncia contro ignoti! Avrei pagato oro per vedere la faccia del Maresciallo che scriveva la denuncia. Dal giorno dopo, passeggino nuovo regolarmente lucchettato alla cancellata dell'asilo. Si dice anche che adesso usi assicurare le ruote con l'apposito blocca disco...

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lunedì 15 gennaio 2007

Il MAssanger (V.M. 14) - II tempo

Carrellata su Tengi a spasso per la città e voce fuori campo: Ok, si trattava solo di rumori colti qua e là, di movimenti leggermente sospetti, ma dopo quel giorno ripensai al mio rapporto col MAssanger ripassando fatti e situazioni e, come in uno strano puzzle, tutti i tasselli di quella aberrante esperienza cominciarono pian piano a prender e posto e a dar vita alla vera immagine del MAssanger.
Flashback: Come quel giorno che, senza farci caso, lamentai ad alta voce un dolore alla cervicale, e il MAssanger in men che non si dica si alzò dal suo posto e precipitò dietro di me con l'intento di farmi un massaggio. Il massaggio invero durò molto poco, perchè quasi subito ci tenni a precisare (particolare su occhio sbarrato di tengi) che ehm... il dolore mi era passato, sì, che stavo bene, ops! che avevo una cosa da fare o non ricordo che altro (mai che suoni il telefono, quando serve!). Tuttavia, il massaggio durò abbastanza da permettermi di intuire - e di convincermi col senno di poi - che lui si fosse, come dire, "appoggiato" alla mia schienza (abbiamo pure gli schienali bassi qui, maledizioneeee!) e che vi esercitasse anche una certa pressione...
Particolare su Tengi chiusa nel bagno, le mani a pugno contro le tempie, l'occhio iniettato di sangue: Lo soooo!!! Direte che sono pazza, che mi sono inventata tutto, e vi capisco!!! Mi sento già da voi vilipesa con l'accusa di sputtanamento aziendale ingiustificato.
Ma non è così, credetemiiiiii!!! Ma dove sono capitataaaaaa!!!
Dissolvenza incrociata - Interno - pub del centro - Qualche tempo dopo, ad un aperitivo, chiaccheravo con una mia ex collega. Senza che io le dicessi nulla, la conversazione cadde sul MAssanger e lei mi disse "stai attenta a quello" "Perchè?" "Ehhh, perchè..." Mi raccontò che il MAssanger le aveva praticato MAssaggi-con-strusciamento- per ben due mesi, prima che lei, mangiata la foglia, (si vede che era un po' dura, sta foglia, perchè due mesi...!) gli disse di non proseguire perchè era imbarazzata. Alla conversazione era presente una terza collega che esplose in un "ma anche con me l'ha fatto!!! anche con me! allora non sono pazza!".
Ne ricavammo, oltre ad una bronza, una lista dei tratti caratteristici che individuano il MAssanger seriale:
1) colpisce quando la donna è sola nella stanza, preferibilmente pausa pranzo
2) si propone offrendo un massaggio rilassante
3) nel mentre, si struscia leggermente
Panoramica sul Pirellone e voce fuori campo: Cala la sera su questa città. Gli uffici si chiudono, le luci si spengono, i PC cessano di ronzare. Al termine di questa giornata, le donne come noi se ne sono fatte una ragione e sono riuscite ad elaborare l'esperienza.
Eppure sappiamo che là fuori, in qualche altro ufficio, allo spuntar dell'alba, entrerà di nuovo in azione il MAssanger, e avrà voglia di massaggiare le spalle a qualche collega.
Attezione, potrebbe essere più vicino di quanto pensate. Senza che ve ne accorgiate, potreste ritrovarvi d'un tratto una mano prensile su di una spalla, e un nuovo massaggio che inizia.
Io vi avvisato. Proteggetevi.

...FINE?

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venerdì 12 gennaio 2007

Il MAssanger (V.M. 14) - I tempo

Voce fuori campo su panoramica della città di Milano: E' tempo che se ne parli. Che si scopra cosa si nasconde dietro questa città. Che si vada a ravanare dentro l'immondizia morale che giace nei luridi bidoni riservati al decadimento dei Costumi d'Ufficio. Che si punti il dito e che si dica: "Il re è nudo", con grande sdegno e indignazione degli astanti. E' già un po' che lavoro in quest'ufficio e nel tempo sono stata testimone di episodi sgradevoli, di sordide intenzioni, di sguardi lubrichi e... forse, anche di atti impuri, come quello che vi racconterò. Dopo aver ascoltato comprenderete l'astio che mi pervade e giustificherete il fatto che vi abbia spiattellato tutto davanti agli occhi, in quello che vuole essere uno sputtanamento senza pietà.
Flashback: Al mio arrivo qui (timida, ingenua, con gli occhioni sgranati come a dire "che mi capiterà?") capii subito che la vita in ufficio non tutta era rose e fiori. Feci subito la conoscenza del dirimpettaio di scrivania. Avete presente quei tipi che hanno avuto un'adolescenza segnata dai Metallica, dai King Crimson o dai Megadeth, e che conservano ancora oltre all'aria metal anche i capelli lunghi, da cui non si vogliono staccare (mentre quella parrucca stopposa gliela staccheresti volentieri, eccome!!!!), e che portano ancora quei nostalgici jeans un pochino attillati sul culo e sul davanti? Ecco, uno così. Non parlava mai, si faceva bellamente i cazzi suoi tanto che per tutti i 6 mesi circa di convivenza d'ufficio mai ho capito che mestiere facesse.
Montaggio - sulle note di Are you having a good time?: La sua giornata era scandita da simpatici diversivi, tra cui guardarsi film scaricati (stacco su di lui), ascoltare musica metal in cuffia (stacco su di lui che batte il tempo) , farcela sentire a tutti noi che stavamo lì intorno (stacco sui colleghi infastiditi), e infine giocare ad un giochino che non ho mai identificato. So solo che di ritorno dalla pausa pranzo si metteva, per circa 10 minuti , a pigiare freneticamente sui tasti del PC (tatatatatatatatatatatatatatatà) (particolare tastiera) allo scopo di uccidere il mostro finale, sparare agli omini o saltare oltre il fossato coi coccodrilli o chissà cosa.
Dissolvenza incrociata- è un qualunque mercoledì:
Un giorno di pioggia. Silenzio. (campo medio sui due personaggi)
Nessuna cosa si muoveva. I computer ronzavano impercettibilmente.
Lo sbirciavo da sopra il mio monitor e vedevo il suo sguardo gelido muoversi sullo schermo(particolare sugli occhi di lui). Intuivo stesse guardando un film.
E teneva entrambe le mani sotto la scrivania... (particolare sul sopracciglio aggrottato di Tengi).
E, nel silenzio, udivo a tratti qualcosa di strano... (voce fuori campo e Tengi-pensiero"ma no Tengi, ti sbagli, non può essere...""Oddioooo!!! L'ha rifatto di nuovo!!! Allora non mi sbagliavo: è proprio ciò che penso!...")
Con sommo orrore e raccapriccio, ciò che mi giungeva alle orecchie erano rumorini metallici di cerniera, di leggero struscìo del tessuto denim della patta, e di lui che si "risistemava" e "riaccomodava" in modo sospetto sulla sedia.
Zoom in avanti sul viso inorridito di Tengi per l'avvenuta presa di coscienza.
La macabra scoperta che feci è che quel giorno il MAssanger, ispirato dalle immagini del film cui assisteva, si stava inequivocabilmente auto-massaggiando.
Fine Primo Tempo. Pop corn.

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martedì 19 dicembre 2006

Ma sai cosa ha fatto mia suocera?

"A, ma sai cosa ha fatto ieri mia suocera? HA FATTO VEDERE I POWER RANGERS A MIO FIGLIO!!! HA SKY! 147 CANALI E FA VEDERE LA 7 CHE CI SONO QUEI CARTONI GIAPPONESI! E A NATALE HA COMPRATO UN CAZZO DI OMINO CHE FA LA LOTTA!!! IL LOTTATORE DI WRESTLING! ALTO COSI! MA NON POTEVA DARGLI I SOLDI?
E COME SE NON BASTASSE, QUANDO SONO TORNATA IERI A CASA C'ERA LA LUCE ACCESA NEL BAGNO!! HA LASCIATO TUTTO IL POMERIGGIO LA LUCE ACCESA!"


...

L, ti prego ascoltami, non puoi farti una bella scopata la sera prima di andare a dormire? Non puoi farti regalare un anello stimolante Durex e ricorrere ad una sana e robusta masturbazione? Un vibratore con testina rotante? Devi per forza rompermi i coglioni fino alle 9.40 con le tue seghe mentali?
Tanto, cara L, tuo figlio crescerà come un cretino solo per colpa tua, non scaricare su altri le tue lacune: prova a chiederti perchè a 3 anni si piscia ancora adosso e perchè la carne la chiama la "ciccia" e la scimmia "igna".


PS: Naturalmente questa è la solita Scema dirimpettaia di scrivania.

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lunedì 27 novembre 2006

Un anello è per sempre

Collega Nerd (finto meravigliato, con fare ammiccante studiato ad arte): "Tengi ma tu porti un anello al pollice della mano destra!.."
Tengi: "...si...Perchè?" Ti prego fà che non sia una discussione impegnativa, stamattina non ce la faccio a mettere in fila due parole
Collega Nerd: "Ho letto su una rivista... sai cosa dicono che significhi portare l'anello al pollice?"
Tengi (fingendo interessamento): "No, cosa dicono che significhi?" Dai dimmelo e la facciamo finita che non c'ho voglia
Collega Nerd: "mmm... Eh eh... vuol dire che hai voglia di fare sesso..."
Tengi: "Ma daiiii??? Non lo sapevo!!! Ma che cosa curiosa!!!" Si, magari con te...
Non sapevo di aver osato così tanto col mio anello... ScandalosaTengi

Domani arrivo con al dito l'anello stimolante della Durex, quello di cui fanno la pubblicità in questi giorni in TV (in fascia protetta peraltro, ma questa è un'altra storia...)

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venerdì 24 novembre 2006

La crisi: ipoglicemica o neuronale?

Questo è il resoconto di quanto è successo stamattina all'asilo dove la collega solita porta il pargoletto.

"Questa mattina ci ho messo 2 ore per svegliarlo e dopo, non ha fatto colazione.
All'asilo non gli date la pappa fino alle 10 - dico, alledieci! - quello mi sviene, ha fame. Ha fame. Ha tre anni, come fa a tirare fino alle 10 senza avere mangiato niente? Le 10! Solo mezzo biberon il piccino ha bevuto. Io come faccio?
ME NE SBATTO LE PALLE DELLA ASL! Non me ne frega niente se non si può dare da mangiare al mio bambino perchè la Asl non vuole! DEVE MANGIARE! Non mi dica di non stare calma, perchè io DEVO essere nervosa, senò lei non mi ascolta. Alle 10 il pane? Non ci arriva alle 10, lui! Ah, ma se mi sviene perchè mi va in crisi ipoglicemica e mi chiamate sul lavoro perchè devo andare a prenderlo in ospedale e me lo avete sbattuto sull'ambulanza, io vi denuncio! Sì perchè in questo asilo non c'è neanche il dottore!

Non avete capito bene, forse. Non ha mangiato stamattina. Non riesce a tirare fino alle 10 con mezzo biberon. Adesso le lascio un pacchetto di cracker e glieli da verso le 9, 9.15.
Come non può darglieli! Vabè, dai, quelli della ASL mica usciranno proprio mentre lei da il cracker al mio bambino! Non me ne frega degli altri bambini che vogliono il cracker anche loro! GLIELI DEVE DARE DI NASCOSTO!
Allora vabene, presto fatto: VI DENUNCIO!"

Naturalmente adesso è incazzata nera con le maestre ("e meno male che non c'era quella che mi sta antipatica"), con la suocera, con il capo, con il collega (non io), con il marito. E con il bambino che non ha mangiato, naturalmente. E quando è incazzata, racconta a tutti i colleghi che entrano nel nostro ufficio quanto è accaduto, in una sorta di rielaborazione del lutto.

Pregate per lei, perchè fra poco le pianto un cazzotto in faccia. Baci.

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mercoledì 8 novembre 2006

Il suo nome era Narcoletti Gino

Il suo nome era
Narcoletti Gino
ma lo chiamavan drago
gli amici al bar del Giambellino
dicevan ch'era un mago.

In questa colorata sarabanda ch'è il mio ufficio, non poteva mancare il Narcoletti Gino.
Tipo tosto, il Narcoletti, milanese doc, e come posso non associarlo alla ballata di Gaber?
Io me lo vedo 30 anni fa il Narcoletti sulla Lambretta, che passava a prendere sottocasa la sua Marisa per andarsene al cinematografo o a passeggiare sui Navigli, quando ancora erano puliti al limite che ti ci potevi specchiare dentro...

Me lo vedo proprio... e ora?
Ora è tornato al bar, il Narcoletti Gino.
E' tornato in ufficio, qui da noi, dopo qualche mese di assenza e vent'anni in più sulle spalle.
Forse i suoi amici "quando parleran del Gino diran che è un tipo duro".
Forse, non lo so.
Io lo vedo con la coda dell'occhio. Sento il lieve sfrigolio del suo computer che macina dati. So che al momento non ha molto da fare qui in ufficio.

E ogni tanto vedo che gli ciondola la testa, al Narcoletti. Non so se si appisola per qualche istante o se dorme proprio. Lo capisco.
I pomeriggi sono lunghi qui, forse passavano più veloci, con gli amici, al Bar del Giambellino.

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mercoledì 18 ottobre 2006

Jerry il gatto

Jerry il gatto.
Jerry, non Tom come da tempo l'iconografia e la antroponimia insegna: già potremmo avere un'indizio sulla sanità mentale della persona che lo accudisce. Sanità mentale compromessa che si riflette sul comportamento dell'animale che sistematicamente attacca con voraci morsi e pungenti unghiate le caviglie della padrona.
Il problema psicologico, naturalmente, non è generato solamente dal nome attribuito. Il tutto è aggravato dal fatto che, ad ogni partenza per le vacanze, la padrona stila un elenco - raggelantemente dettegliato - delle necessità dell'animale.
E' normale che la mamma previdente compili per il bambino cosa è utile portarsi via, accettabile che lo faccia per sè stessa (si sa le mamme quanti pensieri abbiano), quasi capibile che il marito (povero compagno succube) subisca l'onta della lista (3 mutande, quelle bianche)... ma fare l'elenco per le "cose del gatto" proprio no. Nononononono.
Il gatto, animale indipendente per natura, già costretto in 4 mura, violentato con una mutilante castrature, deve sottoporsi ad un'analisi dettagliata dei suoi effetti personali che verranno portati nella sede delle vacanze.
Ecco l'elenco dettagliato proposto dalla collega (indovinate quale?) per Jerry il gatto:

Gabbietta
Pannoloni
Crocchette
Bustine carne
Ciotole pappa
Tovaglietta
Spazzola
Shampoo
Rotolo vileda x peli
Scottex
Forbicine
Sacchetti plastica
Sabbia + lettiera
LIBRETTO VACCINAZ.
Una scusante a tutto questo potrebbe essere se le vacanze fossero state previste in una remota landa nei dintorni di Ulan Bator (Mongolia) dove è difficile trovare acqua potabile... ma in realtà si parla di Rapallo.
Ma Jerry il gatto e il suo elenco è solo la punta dell'iceberg di questo delirio prevacanziero, di questa pazzia elencaiola.
Vi allego il link al file excel compilato, ve ne renderete conto voi stessi che NON E' UNO SCHERZO.
Naturalmente il foglio "note" è il report compilato al termine della vacanza e prontamente faxato a destino alla povera padrona di casa che mai più oserà affittare il suo appartamento alla cara collega. E forse a mai più nessuno.
Attendo commenti e, nel frattempo, saluti.
LCL

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venerdì 29 settembre 2006

La Valchiria

Detta anche Il Donno. O La Uoma.
Ragazzi.
E' possibile secondo voi avere in ufficio una segretaria/receptionist/addetta all'accoglienza telefonica... scorbutica? No dai, non è possibile, è come dire... non so... un batterista senza il senso del ritmo, un edicolante analfabeta, un metronotte sonnambulo, è come fare un test di gravidanza a Robbie Williams (questa giuro l'ho letta sul Web, se qualcuno me la spiega).

Beh, eppure io ce l'ho. La Valchiria. E guardate, non è solo una questione di aspetto fisico - benchè anche lì ce ne sarebbe da dire - : alta alta, con l'aggiunta di tacco non necessario, grande, imponente (benchè non grassa), manone, piedoni, vocione rude. Genovese. E scorbutica. Ma come si faaaa?

Suona il telefono e dalla reception ti arriva un sonoro: "Pffffffffff!". E’ lei che sbuffa, che dà fiato alle canne fumarie naso-bocca. E poi: "Pronto!" "Nooo, non è in ufficio" "Non lo so, sarà fuori, non lo so dov'è". "Arrivederci". Sbam.
Suona il campanello del portone di sotto, ché qualcuno dalla strada magari gradirebbe salire in ufficio, e dalla reception senti: "Ahhhhhn…”. E’ lei che si lamenta, che muggisce per lo sforzo di doversi allungare verso l’apriporta per l’ennesima volta nella giornata.

A me a dire il vero non sta neanche tanto antipatica, e poi credo di non starle proprio sulle scatole (lei è fatta così: o ti odia o ti... sopporta). Solo che, se da un lato ammiro il suo spirito di insubordinazione, dall’altro capisco che è davvero un po’ troppo.

Tempo fa lavorava con lei in segreteria un tipo, poverino. Gentile, disponibile, magro magro, manine, piedini, vocina gracchiante…! (credo che ci sia Qualcuno lassù che tira i dadi e fa uscire ‘ste combinazioni, sennò davvero non è possibile). L’Omuncolo e la Donnona.

Ovviamente non si sopportavano. Un giorno iniziarono a discutere su un qualcosa, un problemino di tipo logistico-operativo non degno di nota. L’omino infatti cominciò col muoverle timidamente un appunto, forse non immaginando ciò cui andava incontro, poraccio. Lei si difese incalzandolo a sua volta, e si accese ufficialmente il diverbio. Ad un certo punto dato che si trovavano in argomento lei colse l'occasione per togliersi un rospo che le stava sul gozzo e lo accusò di aver messo mano alle sue cose e di avergli spostato una borsa da qui a lì, che ne so.

Di là noi tutti con le orecchie dritte, perché la discussione aveva superato la soglia limite dei Decibel oltre la quale, in ufficio, è ufficialmente Litigata.
“Boooni, booooooni” “ Non rispondere, attento, occhio che te magna, sei pazzoooo?” “Chiudila qui, chiedi scusa e nessuno si farà del male”.

Lo sventurato rispose. Ufficiale, è guerra. I toni si fanno accesi: sei tu, sono io, non ti permettere, è da tanto che va avanti sta storia, ho sopportato fin troppo, e tu sei maleducata, e tu invece non sai quello che dici ecc ecc

L’impavido continuava, incredibile. Ma nel frattempo si era spostato, e continuava senz'altro a polemizzare ma innanzitutto da una distanza di sicurezza, per evitare che lei lo raggiungesse con un destro, e poi spostandosi a piccoli passi verso la porta con la scusa che doveva uscire per recarsi in posta - il furbetto - per evitare che lei gli tagliasse la ritirata.

Insomma, le voci si impastano, la polemica monta, di più, di più, finché non si sente sopra tutto un “Insomma, basta! Non mi rompere i cogliooooooooooooooooooni!”
Detto da lei, ovvio.
Silence.

E lui riattacca! Solo un biascichio esile di sottofondo, d’accordo, appena udibile, però c’era! Qualcosa tipo “Eh, peròooo, che roba, non si fa coscì, tra collieghiiii, gna gna gna, mi mi mi, caiii caiiii caiii”. Che coraggio, pensai.
E visto lei che aveva già affermato di possedere gli attributi, tanto valeva sedare ogni ulteriore focolaio di rivolta del tapino e chiudere con un: “Andiamo a parlarne fuori, che te lo faccio vedere io!” Fantastico. La rissa in strada.

A questo punto lui lasciò sfumare, forse perché aveva finalmente visualizzato il rischio, e in un glissando teatrale di parole e gesti prese la porta e uscì. In stanza da me, la delusione: che noia, volevamo vedere scorrere il sangue.

Adesso lui non lavora più qui. E' felice altrove.
In compenso se uno entra in ufficio può come prima cosa ammirare una borsa da palestra che troneggia sul bancone della reception. E’ della Valchiria. E’ lì da mesi. Simbolo di vittoria, uno scalpo dei tempi moderni.

Cazzo volete? Arreda!

Tengi

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