E' la fine.
Sono ufficialmente parte del circolo vizioso dei blogger.
Sono una blogger, sì.
Fino ad oggi mi limitavo a tenere sott'occhio il numero di visite, i link, a rosicare talora per i pochi commenti, domandandomi se il motivo fosse un pezzo scritto male o troppo lungo, e a dedicare un po' del mio tempo a pensare ad argomenti nuovi.
Fino ad oggi mi facevo prendere per il culo dagli amici per il fatto che ho un blog e che ci perdo le ore dietro, e pensavo che ciò costituisse il dazio da pagare per essersi appassionati ad un mondo fittizio e un po' stupidognolo, talvolta. Talvolta no, ma insomma, gli amici mi pigliano per il culo lo stesso.
Ero sostanzialmente d'accordo con chi mi diceva: "Per carità non dire Blogger come se dicessi Ricercatore alla NASA, santiddio, sono persone normali con una vita normale e con un hobby che è quello di scrivere dei cazzi loro in rete, sai che novità."
Tutto questo sino ad oggi.
Oggi ho realizzato che ci sono dentro fino al collo.
Perché oggi ho letto quanto scritto
qui e provato il bisogno di scrivere qualcosa a mia volta.
E questo significa che sono blogger, che sono social, che ho il desiderio di entrare in discussioni a tema blogosfera pensando di avere il diritto di dire la mia e, peggio ancora, pensando che la mia possa fregare a qualcuno, che senta il bisogno di partecipare ad una discussione per la quale futile non è l'aggettivo più interessante.
Gli editor di Blogbabel affermano che i bambini imbroglioni d'ora in poi non avranno più modo di scalare la Torre. Basta catene, basta bicchieri di spumante marca ASCII, basta post unti di link, basta! Il problema sarà risolto mediante implementazione di un sistema di controllo che scarta la malafede. Automatico, eh.
Ci ho pensato e vorrei averlo io. Un algoritmo che filtra la cattiveria e la piaggeria. Ne esiste una versione spendibile al mercato? Perché gli strilloni mi attirano sempre col prezzo più basso e poi mi rifilano i pomodori marci.
Quindi no alle catene, lacci e lacciuoli. O meglio, no alle catene "cattive", sì a quelle che hanno un senso. E' ammessa ad esempio la catena sui blog che fanno pensare: "Indicate i cinque blog che secondo voi fanno pensare."
A me fa pensare che qualcuno proponga una catena sui blog che fanno pensare.
E per finire l'esimio Beggi, leggo qui, afferma che "la classifica è una buffonata perché fotografa buffoni.". E meno male che ce lo diciamo da soli.
Insomma siamo sinceri. A me capita che se mi dimentico del PC per qualche giorno e me ne vado in vacanza riesco anche a fregarmene delle classifiche. Poi è chiaro, torno al mio lavoro di emme, mi accartoccio sulla scrivania e su me stessa, e durante le pause caffè sento il bisogno irrefrenabile di fare lurking selvaggio e insultare un po' di gente così, tanto per sfogare l'odio represso. E' normale.
Un amico che lavora in un giornale riporta che all'interno delle redazioni giornalistiche i blogger sono considerati come la peggior feccia in circolazione, come un popolo di vicendevoli leccaculi, come una cricca di inutili tacchini, come una marmaglia di sfigati. L'ha detto lui.
Immagino però che ci sia una categoria di lavoratori che a sua volta considera i giornalisti della carta stampata come un popolo di pigliànculi, e in tal caso giustizia bloggara è fatta.
Certo mi sento un pelino piccata da queste affermazioni perché io sono blogger e anche noi blogger abbiamo il nostro perché. Ognuno di noi ha un suo perché. Sul perché collettivo, beh, io ci spenderei qualche ricerca in più.
Infine, facciamo una prova: infiliamoci le scarpe, usciamo, e andiamo a spiegare il senso del dibattito sulle classifiche di Blogbabel all'uomo della strada, che può essere un amico che di mestiere fa il restauratore di mobili, oppure nostra madre, o ancora il tizio che ci vende i giornali la mattina.
Proviamo a far capire loro che cosa è Blogbabel, che cosa ci si guadagna a essere in cima alla classifica, e perché mai ci sono persone che perdono il sonno a studiare metodi che filtrino i link buoni da quelli cattivi. Chi ci riesce zompa di diritto al primo posto della classifica.
Poi ecco, proprio ieri sera sentivo al telegiornale che il numero di incontri su Internet a scopo sesso/amicizia/amore ha di questi tempi superato il numero di incontri nei luoghi sociali "standard", e qualche domanda me la faccio. Perché se stare in cima alla Torre di Babele significa avere maggiore visibilità, e quindi maggiori possibilità di riprodursi, beh, se ne va della conservazione della specie allora ecco che tutto ciò ha un senso.
Per quanto mi riguarda, guardo alle classifiche quando purtroppo non ho di meglio da fare, e per capire dove sto e per capire come sono fatte le graduatorie. Ora che ho capito che sono fatte a culo fa poi lo stesso. E ce n'è più di una, e ognuna ha i suoi criteri, e vai a stabilire qual è quella più attendibile.
Per il resto, vorrei che la classifica mi aiutasse a realizzare i miei desideri: cambiare lavoro, comprarmi una casa, ma so che non lo farà. E allora che si fotta. Personalmente prendo la blogosfera come un luogo come tanti. Carino a volte, a volte no. E ognuno ci bazzica spinto da motivazioni sue, da un suo perché.
Il mio perché è che mi piace scrivere, come piace a tante altre persone con o senza la pecetta del blog.
Il mio perché è che si incontra gente simpatica, tra cui qualche beone con cui far baracca, che è poi la cosa che conta, una volta accantonata la possibilità di riuscire a comprarci una casa.
Insomma la blogosfera è una delle forme possibili di aggregazione, simile a tante altre che imperversavano una volta, quando non c'era il PC.
Avevo un'amica che si era fissata con le Tane di Lupo Alberto, ritrovi periodici dei fan di Lupo Alberto, il fumetto di Silver. E partecipava a cene, feste, ritrovi agresti organizzati in tanta malora solo per dire io c'ero. E avere l'occasione di conoscere persone, stare allegri, pomiciare, fare a gara sul chi ce l'ha più lungo o grosso o lento o svelto o intelligente, secondo le graduatorie di quei tempi e di quei luoghi: chi conosceva meglio le strisce del beniamino, chi sapeva disegnare meglio, chi era più figa. Ci si conosceva, si stava insieme, si parlava, ci si scriveva una volta tornati a casa. Odi, amicizie, limonate fugaci.
Vedo i Bar Camp di oggi come le tane di Lupo Alberto della mia amica. Ci si conosce, si sta insieme, si discute, ci si scrive una volta tornati a casa. Non ho mai avuto modo di andarci, ma un giorno magari...spero solo che non mi succeda quello chè successo a lei.
Lei che andava sempre alle Tane di Lupo Alberto, lei che non se ne perdeva una.
E' tornata incinta.
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